Emergenza immigrazione: Buttati in mare dagli scafisti, 13 morti
Avvenire
Sei giorni di viaggio. E poi morire a poche bracciate da una vita nuova. Non ce l’hanno fatta 13 dei circa 200 migranti alla ricerca di un futuro in Europa.
Sei giorni di viaggio. E poi morire a poche bracciate da una vita nuova. Non ce l’hanno fatta 13 dei circa 200 migranti alla ricerca di un futuro in Europa che sono annegati nel mare antistante la spiaggia del “Pisciotto”, nel Ragusano. Lo stesso litorale teatro di riprese della serie televisiva “Montalbano”, diventata ieri il sinistro set di un dramma che ricorda quello avvenuta il 10 agosto a Catania, con sei morti annegati sulla spiaggia dei vacanzieri.
Testimoni, da terra, raccontano di avere visto colpire i migranti con cinghiate e colpi di corda affinche si gettassero in acqua. Ricostruzione che, se confermate, potrebbe costare ai due presunti scafisti fermati dai carabinieri oltre al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, anche l’accusa di concorso in omicidio. È lo stesso procuratore capo di Ragusa, Carmelo Petralia, a confermarlo.
Tra i testimoni c’è anche un maresciallo capo dei carabinieri che ha salvato tre migranti e recuperato 6 cadaveri. «Non sono un eroe – si schernisce Carmelo Floriddia, 41 anni – ho fatto solo il mio dovere». E mentre lottava in acqua per salvare vite umane ha visto anche i due presunti scafisti e li ha bloccati assieme a un suo collega, Giovanni Grieco, con il quale era di pattuglia sul litorale. Ha preso un pugno al torace invece un soccorritore, Massimiliano Di Fede, che voleva aiutare un uomo a uscire dall’acqua: «Penso fosse uno scafista – ipotizza – perché è scappato senza aiutare gli altri». Uno dei migranti, un giovane eritreo di 23 anni, racconta: «Siamo partiti dalla Libia con obiettivo il Nord Europa, pagando duemila dollari».
I corpi delle vittime allineati sulla spiaggia. A pochi metri il peschereccio azzurro che avrebbe dovuto scaricare la “merce umana” per poi riprendere il largo. Il mare agitato “forza 5” e le violenti raffiche di vento hanno reso ingovernabile il natante in legno, quindi “non riflettente” ai radar, perciò non era stato avvistato. A vederlo per primi sono stati alcuni bagnanti sulla spiaggia, che hanno lanciato l’allarme.
Oltre un centinaio di migranti sono stati portati nel centro di accoglienza di Pozzallo. Qualcuno è riuscito a sfuggire alle ricerche, ma non al suo tragico destino: uno di essi è stato travolto da un’auto pirata sulla vicina strada provinciale. È in coma nell’ospedale Garibaldi di Catania. Tra Modica, Ragusa e Vittoria sono ricoverati altri sei extracomunitari, compresa una donna incinta. Un’altro uomo in ipotermia è stato trasferito d’urgenza al Cannizzaro di Catania.
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha espresso «profonda commozione» per questa ennesima tragedia del mare e ringrazia i soccorritori, mentre il il ministro per l’Integrazione, Cecile Kyenge, osserva: «Il Mediterraneo, culla delle civiltà, si è ormai trasformato in un cimitero. Stiamo assistendo ad una tragedia umana che interpella tutti i paesi d’Europa». Il premier Enrico Letta garantisce che «l’Italia continuerà a impegnarsi per il rispetto dei diritti fondamentali dei migranti, nella consapevolezza che occorre comunque fare di più, a livello europeo e non solo».
«È una grande tragedia, purtroppo l’ennesima. Tutti dovremmo fermarci a riflettere», a dirlo è don Giuseppe Agosta della Parrocchia Madonna delle Grazie di Sampieri, la frazione del comune di Scicli dov’è i migranti hanno trovato la morte.
«Quando sono arrivato sulla spiaggia c’erano decine di migranti, sopratutto donne e bambini, che piangevano e vomitavano. Altri, ancora in acqua, annaspavano tra le onde. Non ci ho pensato un attimo: mi sono tolto la divisa e mi sono lanciato in mare», ha raccontato il maresciallo dei carabinieri Carmelo Floriddia. Sposato e padre di due figli, dice di essere rimasto colpito sopratutto dai bambini sulla spiaggia: «Ho davanti a me l’immagine di uno di loro, avrà avuto non più di due o tre anni. L’ho preso per mano e l’ho tirato fuori dall’acqua; subito dopo è arrivato anche il padre che l’ha abbracciato piangendo. Ho subito pensato a mio figlio più piccolo, che ha cinque anni. Ho provato una grande pena per questi disperati, disposti a tutto pur di offrire un futuro migliore ai loro figli».
Fonte: www.avvenire.it
1 ottobre 2013