Armi italiane nell’arsenale di Assad


Francesco Grignetti


Roma è il primo fornitore fra i Paesi europei nell’ultimo decennio: modernizzati i tank del raiss.


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A Syrian army tank maneuvers in the Eastern Ghouta area on the northeastern outskirts of Damascus on August 30, 2013. US President Barack Obama said he had taken no "final decision" on striking Syria but that the world could not accept the gassing of women and children.  AFP PHOTO/SAM SKAINE        (Photo credit should read SAM SKAINE/AFP/Getty Images)

Era il lontano 1998. Gli stati uniti di Bill Clinton scommisero sul giovane Assad, delfino designato dal padre, ritenendo che il giovanotto, quando fosse arrivato al potere, avrebbe potuto riportare la Siria nel novero delle nazioni civili. E così, nonostante le polemiche, vennero alcune decisioni significative: la Siria uscì dalla lista nera dei Paesi produttori di stupefacenti, furono cancellate alcune sanzioni, attenuato l’embargo alla vendita di armi. A ruota seguirono gli alleati. E gli italiani furono i più lesti a raggiungere Damasco. Il risultato si vide presto: una maxi scommessa da 400 miliardi di lire (206 milioni di euro) per la nostra industria militare.
L’autorizzazione del governo italiano a quella fornitura-monstre si può leggere nella Relazione sui materiali dell’armamento che il governo D’Alema trasmise al Parlamento il 31 marzo 1999. << Nel 1998 la quota rilevante delle esportazioni –è scritto- si è concentrata su un solo Paese di destinazione e in pratica per una sola commessa. La Siria infatti si attesa al primo posto, tra i Paesi significativi, con il 21,79% (delle esportazioni in armamenti, ndr) pari a 400, 64 miliardi con l’autorizzazione>>. In un solo colpo quell’anno Damasco surclassò Parigi che acquistò armi per appena 241 miliardi, o gli Stati Uniti con 155 miliardi.
Che cosa in concreto abbia significato quella commessa, lo si capì negli anni seguenti: visori notturni, con capacità termica e laser; per il puntamento dei carri armati. Un sistema d’eccellenza chiamato <Turms> prodotto da un’azienda Finmeccanica, perfetto per ammodernare i vecchi tank T-72 di produzione sovietica, che erano assai rudimentali quanto a sistemi di puntamento.
Montando il <Turms>, anche il vecchio T-72 può sparare in movimento e per di più può sparare di notte. Ci sono visori diurni e notturni, stabilizzati, con telemetro laser, sia per il capocarro che per il servente.
In quel fatidico 1998, insomma, la Galileo Avionica incassa 299 milioni di dollari, pari a 400 miliardi di lire, per la fornitura di 500 pezzi del <Turms>. Come di prassi, però, la commessa viene formalizzata a livello di aziende, poi autorizzata dal governo, infine diluita negli anni perché questi non sono materiali che si tengono pronti in magazzino: si producono poco alla volta e a seguire si consegnano.
E non c’è da meravigliarsi se le statistiche europee segnalano un imponente flusso di esportazioni che dall’Italia raggiungono la Siria per tutti gli anni Duemila. Così prorompente è il flusso, che noi italiani risultiamo al primo posto tra gli europei per forniture di armi. Che arrancano, ma ci sono. Sempre nel 1998, per dire, dalla Danimarca salpò un mercantile con a bordo 12 carri armati T-72 e 186 tonnellate di munizioni. E in Germania era da poco esploso lo scandalo di un’impresa di armamenti, la <Telemit Electronic>, che si sospettava avesse pagato mazzette al partito liberale di Hans-Dietrich Gensher,ministro degli Esteri, in cambio di autorizzazioni all’esportazione verso la Siria, Giordania, Arabia Saudita e Iraq. Senza perdere il senso delle proporzioni, però, bisogna pur sempre ricordare che negli ultimi dieci anni è stata la Russia di Putin il vero fornitore di armi della Siria. Da Mosca arriva il 78% delle armi per l’esercito di Assad.
<<E qui stiamo parlando solo delle forniture ufficiali –avverte il vicepresidente dell’Archivio disarmo, Maurizio Simoncelli-  non del mercato grigio o di quello nero. Le statistiche, come è ovvio, registrano solo i contratti registrati. Poi c’è tutto il resto>>.
Il <resto> è ciò che viaggia sotto copertura. Altrimenti non si spiegherebbe com’è che da due anni c’è l’embargo per il regime, nessuno o quasi ammette di rifornire i ribelli, eppure le munizioni in Siria  non mancano mai. Secondo l’ Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere di Brescia e la Rete Disarmo Italia è molto sospetta l’impennata di esportazioni in armi leggere (definizione vaga che comprende pistole, fucili, cartucce, e persino bombe a mano, mitragliatrici e lanciamissili) verso la Turchia.
Secondo un’accurata inchiesta del sito d’inchiesta <Wired>, comunque, le vecchie forniture della Galileo Avionica sono andate avanti per dieci anni con picchi nel 2002-2003. E siccome 500 puntatori per carri armati sono davvero tanti anche per il nutrito esercito di Assad, s’è sospettato che un certo numero di quei sistemi d’arma siano arrivati sottobanco a Saddam Hussein. Si era alla vigilia della Seconda guerra del Golfo. Guarda caso il segretario alla Difesa statunitense, Donald Rumsfeld, accusò il regime di Assad di aver fornito armi a Saddam aggirando l’embargo. D’altra parte è lo stesso periodo in cui il regime iracheno trasferì il suo arsenale chimico in Siria. Quelle stesse armi chimiche che Saddam aveva utilizzato contro i ribelli curdi e che Assad starebbe usando oggi. Uno scambio di favori tra dittatori.

Fonte: La Stampa
5 settembre 2013

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