Un premio alla guerra truccata da pace
Nigrizia.it
Dopo il riconoscimento Unesco a François Hollande, la reazione di un sacerdote che lavora sul campo, in Niger: un invito ad non essere complici, neppure passivi, della falsità e dell’ipocrisia.
di Mauro Armanino, da Niamey
Per alcune sinistre manovre si è scelto di attribuire a François Hollande il premio Unesco per la pace della Fondazione Houphouet-Boigny. La motivazione della giuria dice che il presidente francese è premiato per «il suo altissimo contributo alla pace e alla stabilità in Africa».
Non ci sono state reazioni di rilievo alla premiazione di Hollande, avvenuta a Parigi mercoledì scorso. Eppure Hollande è un improvvisato socialista guerriero in cerca di consensi africani dopo che in patria lo squallore si impadroniva del calo di popolarità. E la guerra in Mali tutto è tranne che un intervento disinteressato.
La guerra è la politica con altri mezzi, ci dice di Karl von Clausewitz. L’efficacia del detto è confermata, garantita, protetta ed esportata dall’ipocrisia internazionale. Ne esce rafforzata con la consueta complicità di alcuni stati africani. Mentre l’Unesco è ridotta l’ombra di ciò che dovrebbe essere un organismo onusiano per la pace e la cultura.
Del resto al parlamento francese non ci sono state obiezioni al momento di decidere se prolungare o meno l’operazione Serval nel nord Mali, iniziata lo scorso gennaio. Com’è noto la guerra contro il terrorismo globale non ha altri confini che quelli degli interessi economico-geopolitici. Le risorse naturali e soprattutto il futuro strategico sono necessari ad una Francia che rischia di essere spazzata via dal proprio passato.
Legittimare la violenza truccandola da missione di pace è un’operazione perfida. Sono insegnamenti politici che continuano a legittimare i poteri armati delle lobby militari. Cattivi maestri che non fanno che perpetuare la stessa logica che dicono di combattere. Di fatto sono gli stessi metodi (armati), gli stessi interessi (il potere), la stessa (di)visione del mondo (tra buoni e cattivi, questi ultimi da annientare).
Hollande in fondo fa il suo mestiere. Portavoce dell’inconsistenza tradotta in politica. Degno successore di chi aveva promesso di smentire con ben altre scelte. Dalla Libia al Mali il passo è breve. Altrettanto breve è l’effimero riconoscimento del premio della pace a chi sceglie la guerra.
Stupisce che non si reagisca denunciando la menzogna e l’ipocrisia di questo premio. E che così si incentivi l’impunità politica di chi organizza, decide, perpetua la guerra come scelta politica.
Gli intellettuali dovrebbero fare il loro mestiere e non farsi addomesticare. Ma dove mai saranno andati a finire gli intellettuali? Si continuano a criminalizzare i migranti del sistema e si premiano le guerre umanitarie. Quale eredità lasciamo alle nuove generazioni? Solo meccanismi di esclusione e la separazione globale dei popoli sotto la finta idea del “villaggio globale”. Scomparsi coloro che facevano domande impertinenti ai manovratori, rimane un’omologazione del pensiero che non riesce a svincolarsi dalla (il) logica violenza del sistema.
Fonte: www.nigrizia.it
7 giugno 2013