La UE vieta i rapporti con le colonie israeliane
NEAR EAST NEWS AGENCY
“Un terremoto”, lo definisce Tel Aviv: da venerdì i 28 Stati membri non potranno cooperare in nessun modo con le entità israeliane in Cisgiordania, Golan e Gerusalemme Est.
L’Unione Europea fa infuriare Israele: una nuova direttiva emessa da Bruxelles impedisce a tutti e 28 gli Stati membri di cooperare con “entità israeliane” in Cisgiordania, Gerusalemme Est e Alture del Golan. Ovvero, nessun rapporto con le colonie israeliane, considerate illegali dal diritto internazionale.
L’ordine, assunto lo scorso 30 giugno, avrà effetto dal 19 luglio (il prossimo venerdì) almeno fino al 2020 e include ogni aspetto delle relazioni classiche tra i due Paesi: Israele dovrà garantire che tutti i progetti di cooperazione (“finanziamenti, cooperazione, borse di studio, premi di ricerca”) con l’Unione Europea si svolgano entro i confini del 1967. Colonie bandite. Bruxelles ha subito spiegato che tale direttiva “è conforme alla posizione di lungo periodo dell’Unione Europea secondo la quale le colonie israeliane sono illegali secondo il diritto internazionali ed è conforme con il non riconoscimento da parte della UE della sovranità israeliana sui Territori Occupati”.
Target della UE anche le Alture del Golan Siriano, occupate da Israele nel 1967 ma spesso “dimenticate” dalla comunità internazionale. Tanti sono i progetti e le collaborazioni con l’area, soprattutto di natura commerciale, e la nuova direttiva potrebbe far drammaticamente crollare le esportazioni europee. E nei Territori? Secondo un rapporto del Der Spiegel di inizio anno, l’Europa importa oltre la Linea Verde – ovvero verso le colonie israeliane – beni per circa 287 milioni di dollari l’anno. E i beni provenienti dagli insediamenti erano già finiti sotto i riflettori di Bruxelles: a febbraio la UE, su spinta di alcuni Paesi membri, ha introdotto una nuova procedura di etichettatura dei prodotti delle colonie israeliane, per permettere al consumatore di scegliere sulla base di informazioni complete.
Immediata la reazione, furiosa, di Tel Aviv che denuncia la mossa della UE come controproducente e dannosa per la ripresa dei negoziati di pace. Il vice ministro degli Esteri, Zeev Elkin, ha definito la decisione “molto significativa e preoccupante, che non aiuta i tentativi del segretario di Stato USA Kerry di far ripartire il dialogo con i palestinesi”. Dimenticando forse gli annunci continui di nuovi progetti di costruzione e espansione delle colonie israeliane in territorio palestinese, il vero ostacolo a qualsivoglia negoziato.
Un funzionario israeliano, rimasto anonimo, ha parlato con il quotidiano israeliano Ha’aretz, definendo la mossa della UE “un terremoto” che stravolge senza precedenti gli accordi ufficiosi (e non) con la UE che assume così una politica “formale e cieca”. Ovvero, Bruxelles si è fatto improvvisamente rispettoso del diritto internazionale e delle sue stesse dichiarazioni e questo non ci va giù.
E se il partito laburista “plaude” alla presa di posizione europea per attaccare l’esecutivo e accusarlo di “danneggiare il Paese, ponendolo sotto l’assedio del mondo”, la tensione che si respira tra i corridoi del governo israeliano è palpabile. Funzionari dell’ufficio del primo ministro e del Ministero degli Interni parlano di “grande ansia”, un’ansia che minaccia di tramutarsi in un congelamento dei buonissimi rapporti con Bruxelles.
Fonte: http://nena-news.globalist.it
16 Luglio 2013