Siria, stop Ue all’embargo sulle armi
La Stampa
Il divieto di vendita di materiale bellico scadrà il 31 maggio. Ciascun Paese dei 27 deciderà singolarmente.
Di Marco Zatterin, corrispondente da Bruxelles
La crisi siriana mette a nudo tutti i problemi della diplomazia di casa Ue. Dopo oltre dodici ore di dibattito acceso, i ministri degli Esteri europei riuniti a Bruxelles si sono arresi davanti all’impossibilità di riuscire a parlare con una voce sola e deciso di porre fine in ordine sparso all’embargo alla vendita di armi all’opposizione siriana. A mezzanotte è stato annunciato che dal 31 maggio, momento in cui scade in pacchetto di sanzioni contro il regime di Assad, ogni paese decreterà autonomamente cosa fare. Un’intesa politica, tuttavia, prevede che non ci sarà alcun invio di armi almeno fino ad agosto. E’ una presa di tempo che tenta di legare ogni mossa pratica alla Conferenza di pace di Ginevra promossa da Russia e Usa. nella speranza che una soluzione diplomatica porti via ogni mal di pancia.
Tempi durissimi per l’Unione a causa della crisi che infiamma la sponda orientale del Mediterraneo, oltretutto il quadro è tutto meno che favorevole. A terra gli scontri sono ogni giorno più violenti. Dalla riunione di Istanbul della Coalizione nazionale siriana, considerata la principale componente dell’opposizione a Damasco, «non arrivano segnali confortanti», nota il ministro degli esteri Emma Bonino. L’incontro doveva preparare la posizione per la conferenza di Ginevra auspicata da Usa e Russia per cucire una soluzione politica. Non alleggeriscono le tensioni le notizie sull’uso di armi non convenzionali da parte delle truppe del regime. Ieri le ha riportate «Le Monde», come aveva già fatto la Bbc giorni fa. Per contro, fonti Onu indicano che anche i ribelli avrebbero fatto ricorso ai gas.
Per tutta la giornata di ieri i britannici, sostenuti dai francesi, hanno invocato una decisione immediata che ponga fine all’embargo sulle armi ai ribelli, da applicarsi automaticamente qualora la possibile conferenza di pace a Ginevra dovesse fallire. Gli altri erano pronti all’allentamento del regime sanzionatorio, ma solo a patto che si voti ancora una volta all’unanimità se non si arrivasse a una soluzione del conflitto. A Londra questo non è andato bene, ha cercato una risposta che somigliasse a un ultimatum per Assad. hanno tirato la corda sino al punto di romperla. nella notte il ministro Hague ha detto che, per il momento, Londra non intende inviare alcun armamento.
L’Europa doveva evitare di arrivare scoperta a giovedì, quando scadono le sanzioni siriane. Ci ha provato con tre opzioni: rinnovo del pacchetto in vigore sino al primo agosto in attesa della conferenza di Ginevra; proroga con piena apertura alla vendita di armi ai ribelli; conferma dell’embargo temporaneo con l’eccezione delle armi non letali, ovvero mezzi e tecnologie.
Inglesi e francesi chiedevano l’opzione due. Germania e Italia si sono schierate in posizione mediana, mentre austriaci, cechi, finlandesi, olandesi e svedesi erano per l’embargo pieno. Si è passati a valutare la terza strada, ampliata, ma la mediazione ha richiesto tempo. Catherine Ashton, rappresentante permanente Ue per la politica estera, ha frenato sino all’ultimo: i suoi servizi sono preoccupati sopratutto perché ritengono difficile immaginare a chi arriveranno veramente le armi. La situazione è confusa. “E poi ci sono già abbastanza strumenti di offesa da quelle parti”, aggiunge una fonte.
Mentre Il senatore John McCain, candidato alla casa Bianca nel 2008, ha fatto una visita a sorpresa in Siria per incontrare i ribelli, ieri sera il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, s’è misurato a Parigi con gli omologhi russo, Sergei Lavrov, e statunitense, Kerry. Si è parlato di Ginevra, una conferenza che sta a cuore all’Italia. «Il problema non è embargo si o no – ha riassunto il ministro Bonino – ma se si arriva un negoziato con una posizione europea univoca. Bisogna evitare che fra le vittime della guerra siriano ci sia anche l’Ue». Non è successo, colpa dei soliti inglesi o della solita Europa. Il che, alla fine, è lo stesso.
Fonte: www.lastampa.it
28 maggio 2013