Assad: “Non ho notizie di Quirico”


Francesca Paci


Il leader siriano parla al “Clarin”: se uno entra illegalmente informiamo il suo Paese.


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Il presidente Bashar al Assad non ha notizie di Domenico Quirico, l’inviato de «La Stampa» in Siria del quale non si hanno notizie dal 9 aprile scorso. Lo afferma lui stesso rispondendo a una domanda dell’inviato Marcelo Cantelmi che lo ha intervistato per il quotidiano argentino «Clarin»: «Al momento non abbiamo alcuna informazione. Quando abbiamo informazioni su qualsiasi giornalista entrato illegalmente, le trasmettiamo al suo Paese». La domanda riguardava la sorte di Quirico ma anche del reporter americano James Foley di cui si sono perse le tracce il 22 novembre. L’Unità di Crisi della Farnesina intanto continua a lavorare per rintracciare Quirico senza tralasciare alcuna pista. Mercoledì il ministro degli Esteri Emma Bonino aveva detto di «non avere notizie» dell’inviato de «La Stampa».  

Venerdì il sito internet dell’«Orient le Jour», l’unico quotidiano libanese in francese rivolto alla borghesia medio-alta del Paese dei Cedri, aveva pubblicato una lettera aperta al capo del partito di Dio Hezbollah, Hassan Nasrallah, in cui l’editorialista Ronald Barakat chiedeva il rilascio di Quirico ipotizzando che potesse essere nelle mani dei miliziani sciiti suoi connazionali in campo da mesi a fianco del regime siriano. Il 6 aprile scorso Domenico Quirico è entrato in Siria attraverso il confine libanese, una zona in cui è forte la presenza dell’esercito di Damasco e dei suoi alleati, diretto verso Homs. Il suo ultimo messaggio risale a tre giorni dopo.  

Assad, nell’intervista rilasciata nella biblioteca del Palazzo Presidenziale echeggiante delle sparatorie costantemente in corso nella capitale, conferma la presenza di uomini di Hezbollah in Siria ma nega che siano attivamente in campo con lui contro i ribelli: «Non abbiamo combattenti stranieri. In Siria ci sono persone di Hezbollah e ci sono iraniani, ma erano qui da molto tempo prima che esplodesse la crisi attuale».

L’accento del presidente siriano, che al «Clarin» nega il ricorso alle armi chimiche da parte del suo esercito nonché all’uso «sproporzionato» della forza, è interamente sui «terroristi», quelli sì provenienti da «altri paesi», a cui attribuisce la responsabilità delle almeno 90 mila vittime del conflitto (ma riguardo alla credibilità delle cifre dell’Onu si mostra dubbioso).

La Siria guarda ora alla conferenza di pace di giugno, la «Ginevra 2» e fortemente voluta da russi e americani. Ma Assad, che non esclude la possibilità di un’invasione, dice di essere scettico. Il suo traguardo è piuttosto il voto presidenziale del 2014, quello con cui, magari di fronte a osservatori di paesi amici come la Russia o la Cina, «il popolo siriano» eserciterà il potere che «né Kerry né altri» possono usurpargli. Fino ad allora non ha intenzione di andarsene.  

Fonte: www.lastampa.it
19 maggio 2013

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