Obama punta sull’atomica. In Italia


Luciano Scalettari - famigliacristiana.it


Le B61 sono ordigni americani ma conservati negli arsenali Nato europei. Tra cui l’Italia. Sul nostro territorio ci sono ancora bombe nucleari. E i cacciabombardieri F-35…


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manifestazioneLNB

Undici miliardi di dollari per ammodernare 200 ordigni nucleari tattici (noti con la sigla B61) per trasformarli in “bombe atomiche intelligenti”, cioè teleguidate. La rivelazione proviene dal quotidiano britannico Guardian. Non solo. L’ingente investimento del Pentagono servirebbe a rendere questi missili nucleari sganciabili dal caccia invisibile di ultima generazione F-35.

E qui entra in ballo l’Italia, dato che il nostro Paese ha il piano – fortemente contestato nei mesi scorsi dalle associazioni pacifiste e della società civile – di acquistare 90 di questi cacciabombardieri di ultima generazione.

Il Guardian, paraltro, accusa Barak Obama di “voltafaccia” rispetto agli impegni presi nel 2010 di disarmo nucleare (accusa respinta dagli Stati Uniti perché – secondo l’amministrazione americana – rendere teleguidati i missili rappresenta soltanto, «un significativo cambiamento», per cui «non viola gli impegni del 2010»).

Cosa sono i “B61”? Si tratta di ordigni di vecchia generazione ancora conservati negli arsenali Nato europei, in Belgio, Olanda, Germania, Turchia, ma anche in Italia, che ne ospiterebbe una settantina, secondo le ultime stime: 50 in Friuli, nella base di Aviano, e 20 a Ghedi, vicino a Brescia.

Bombe atomiche di vecchia generazione, ma piuttosto potenti: quelle presenti in Europa sarebbero di 340 chilotoni (un chilotone corrisponde a mille tonnellate di tritolo), ossia oltre 30 volte l’ordigno di Hiroshima).

Le polemiche in Italia non si faranno attendere. La pressione della campagna “Taglia le ali alle armi” contro l’acquisto degli F-35 – promossa da Rete Italiana Disarmo, Sbilanciamoci e Tavola della Pace – aveva coinvolto 650 associazioni col sostegno di oltre 50 enti locali (tra Regioni, Province e Comuni). Era anche stata promossa una petizione che aveva raccolto più di 75 mila firme.

Ora, al “no” nei confronti di un velivolo da guerra tipicamente offensivo e al suo costo esorbitante – la stima è di una spesa per le povere casse del nostro Paese di 15-20 miliardi di euro, senza contare il costo di mantenimento degli aerei – si aggiunge il fatto che potrebbero essere usate per sganciare missili nucleari, cioè armi di distruzione di massa.

«L’Italia deve dire no a questa follia», dice Giulio Marcon, neo deputato di Sel, e già coordinatore di “Sbilanciamoci”. «Dopo questa notizia ancora più forte è la convinzione della necessità di cancellare immediatamente la partecipazione del nostro Paese al programma di acquisizione e costruzione dei cacciabombardieri F-35. Si tratta di aerei che non servono per le missioni di pace e per difendere il Paese, ma solo per fare la guerra. E oltretutto per portare ordigni nucleari».

«Chiediamo», dice ancora Marcon, «che il Parlamento discuta immediatamente la mozione presentata da Sel per la sospensione della partecipazione italiana al programma e chiediamo la completa denuclearizzazione del territorio italiano. Nelle basi di Ghedi e di Aviano non dovranno più essere presenti ordigni atomici: chiediamo al governo italiano di attivarsi subito con la Nato e gli Stati Uniti per la loro rimozione».

«Che ci sia una presenza in Italia, pur se in basi Nato, di bombe nucleari ormai è un fatto acquisito da diverso tempo sulla base di numerosa documentazione – sottolinea Lisa Clark di “Beati i costruttori di Pace” e referente in Italia dei movimenti anti-nucleari –  Una problematicità già nota e che oggi acquista ancora più forza, perché la combinazione letale tra F-35 e ordigni nucleari potrà essere concretizzata senza doversi allontanare dall’Italia». La Campagna “Taglia le ali alle armi” per bocca dei suoi portavoce Grazia Naletto ed Andrea Baranes (Sbilanciamoci!), Francesco Vignarca (Rete Disarmo) e Flavio Lotti (Tavola della Pace) esprime «forte preoccupazione per questa ulteriore dimostrazione della problematicità non solo tecnica e di costo che la partecipazione italiana al programma dei cacciabombardieri F35 rende evidente. Come si fa a pensare che un sistema d’arma del genere non configuri una grave violazione dello spirito dell’articolo 11 della nostra Costituzione?».

Oltre per il possibile uso futuro dei caccia F-35 il problema si pone anche a riguardo del Trattato di non  proliferazione nucleare, che l’Italia ha ratificato e che impedisce al nostro paese di dotarsi di armi nucleari. Un’eventuale violazione degli accordi internazionali non si ferma oltretutto a questo: va ricordato infatti come in tutta la documentazione tecnica ufficiale dell’F-35 risulti il caso di dotazione anche con armamento cluster (le cosiddette bombe a grappolo). Tanto più che «gli Stati Uniti non hanno aderito alla Convenzione contro le cluster (come invece l’Italia) ed hanno a disposizione grande stock di questi ordigni – dichiara Giuseppe Schiavello direttore della Campagna italiana contro le mine – e siamo preoccupati perché l’Italia la scorsa settimana non è nemmeno riuscita a far sentire la propria voce contro l’uso di tali armi in Siria: tutte le buone intenzioni ad una politica di disarmo razionale ed umanitaria  vengono disattese da continue e  preoccupanti iniziative che spingono in senso diametralmente opposto».

Fonte: www.famigliacristiana.it
23 aprile 2013

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