Elezioni: per un’agenda di pace, cominciare dagli F-35
Giorgio Beretta - unimondo.org
Sedici proposte ai candidati alle prossime elezioni politiche: è “L’Agenda del disarmo e della pace” diffusa nei giorni scorsi dalla Rete Italiana per il Disarmo e dal Tavolo Interventi Civili di Pace.
Sedici proposte ai candidati alle prossime elezioni politiche a partire dalla cancellazione dell’adesione italiana al programma del caccia F-35: è “L’Agenda del disarmo e della pace” diffusa nei giorni scorsi dalla Rete Italiana per il Disarmo e dal Tavolo Interventi Civili di Pace. Una serie di proposte che le due organizzazioni chiedono ai partiti e alle coalizioni di sottoscrivere. “Riteniamo che i seguenti impegni siano in piena sintonia con il dettato costituzionale (in particolare l’Articolo 11 della nostra Costituzione), permettano all’Italia di svolgere il proprio ruolo internazionale secondo la Carta delle Nazioni Unite e rappresentino un contributo effettivo e sostenibile per una maggior sicurezza reale di tutti i cittadini e le cittadine del nostro Paese” – sottolineano le due organizzazioni.
L’idea di fondo è riassunta nella frase “Se vuoi la pace prepara la pace”. Ma per realizzarla – evidenziano le due reti – occorre recuperare la centralità dell’espressione di sovranità popolare e delle istituzioni che devono mediarne l’esplicitazione: “Appare sempre più necessario che il Parlamento rivendichi la propria centralità e competenza nel campo della politica di sicurezza senza abdicare in favore di decisioni assunte da istituzioni e forze esterne, motivate da interessi particolari” – sottolinea la nota di presentazione.
Le proposte sono precise e puntuali: si va dalla richiesta di riduzione della spesa militare “riducendo le enormi sacche di privilegio che ancora esistono nel comparto militare italiano” alla “revisione del Modello di difesa, attraverso un’ampia partecipazione sia in Parlamento che nella società civile”. Tra le richieste vi è quella di un impegno effettivo nell’ambito del disarmo nucleare, procedendo alla rimozione delle testate di questo tipo ancora presenti sul territorio nazionale italiano” e di “impegnare inoltre il nostro paese a livello di diplomazia internazionale per costruire una Zona Libera da Armi di Distruzione di Massa in Medio Oriente”.
In materia di commercio di armi si ribadisce la necessità di “rispettare rigorosamente i divieti all’esportazione di sistemi militari e di armi leggere previsti dalla legge nazionale e dalla normativa europea” ripristinando “la piena trasparenza e completezza di informazioni nella Relazione annuale della Presidenza del Consiglio” fino ad “un impegno formale a sostenere l’approvazione e la ratifica di un Trattato internazionale sui trasferimenti di armi rafforzato da controlli rigorosi”. Si richiama inoltre l’importanza di “politiche economiche volte alla conversione a fini civili delle industrie militari” da attuarsi attraverso “la necessaria riorganizzazione delle industrie militari nazionali in ambito europeo”.
Più in generale richiama l’esigenza del “riconoscimento dell’impegno civile e la valorizzazione del patrimonio di esperienze maturato dalla società civile italiana in situazioni di conflitto, ammettendo il peacebuilding civile tra le attività proprie della cooperazione internazionale” e di “rendere effettiva la possibilità che il Servizio Civile nazionale concorra in alternativa al servizio militare, alla difesa della Patria, con mezzi e attività non militari come previsto dalle legge”. Da non dimenticare anche le richieste in campo educativo: le due reti chiedono infatti di “ripudiare tutte le forme di promozione delle attività militari all’interno delle scuole avviate dai governi precedenti”, per promuovere invece “un programma formativo nazionale di educazione alla pace ed alla nonviolenza, come parte integrante delle attività curricolari per la cittadinanza e la convivenza civile”.
I caccia F-35 nel dibattito politico
Sulla specifica questione della partecipazione italiana al programma per l’acquisto dei cacciabombardieri F-35, la campagna “Taglia le ali alle armi” (promossa dalla Rete Italiana Disarmo, da Sbilanciamoci! e dalla Tavola della Pace) presenta oggi a Roma in un incontro con la stampa un nuovo dossier dal titolo “I veri numeri degli F-35, i caccia dello spreco”. Il dossier propone dati aggiornati sui costi di acquisto e di gestione degli F-35, oltre alla cronistoria di tutti gli errori e le sottovalutazioni a riguardo della nostra Difesa. Un focus specifico è dedicato alla stima dell’impatto occupazionale del programma Joint Strike Fighter F-35, di molto inferiore a quello dichiarato, anche nelle ultime settimane, dai funzionari del nostro Governo e dalle aziende coinvolte nella produzione.
Gli F-35 sono apparsi infatti nelle scorse settimane nel dibattito elettorale a seguito delle dichiarazioni di alcuni leader politici. A cominciare dal segretario del PD, Pier Luigi Bersani che ha dichiarato che “La nostra priorità è il lavoro, non i caccia”. Alle dichiarazioni di Bersani si è aggiunto subito il leader di SEL, Nichi Vendola che ha commentato: “Bravo Bersani: le ali da tagliare sono quelle dei cacciabombardieri. Siamo felici di averne fatto da tempo la nostra bandiera”.
Altri pareri sono venuti grazie alle interviste della trasmissione “Presadiretta” nella puntata dedicata alle spese militari. Il Presidente del Consiglio e candidato di “Scelta Civica”, Mario Monti ha ricordato che “Il nostro Governo è stato l’unico a ridurre il numero degli F35 da 131 a 90” e ha quindi evidenziato che “la partecipazione al programma F35 è giustificata da ragioni strategiche, industriali e di efficienza economica assicurando la coerenza con gli indirizzi strategici decisi in sede Nato e in sede Unione Europea”. Sempre nel corso della trasmissione “Presadiretta”, il presidente del Popolo della Libertà, Silvio Berlusconi riguardo agli F35 ha affermato che “Gli impegni sono da mantenersi, ma devo dire che non mi sognerei mai oggi di fare una spesa di questo genere”. “Il fatto di aver votato a favore – ha aggiunto Berlusconi – non significa che eravamo d’accordo”. Il leader del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo ha invece evidenziato che “Noi vogliamo eliminare gli apparecchi da guerra, perché non vogliamo la guerra, siamo contro, c’è un articolo della Costituzione che va rispettato”. “Noi vogliamo uscire dal programma F35 per usare queste risorse nell’università, nella ricerca” – ha concluso Grillo. Il leader di Rivoluzione Civile, Antonio Ingroia, ha affermato: “Sono assolutamente contrario al progetto dell’acquisto del cacciabombardiere F35 anche perché è difettoso” e ha quindi aggiunto: “Sono per eliminarli. Capisco l’Aeronautica, ma le priorità adesso sono altre, dobbiamo pensare alla pace”. Per il leader di “Fare per Fermare il Declino”, Oscar Giannino, “Ci sono spese da tagliare anche nel capitolo Difesa, con lo 0,3% del PIL in cinque anni. Il problema però è più l’eccesso di generali senza incarico, che un po’ costicchiano, e gli ufficiali non operativi che gli F35”.
Pace e disarmo nei programmi dei partiti
Di fatto – come Unimondo ha già segnalato – di spese militari, di disarmo, di pace e di cooperazione internazionale si parla ben poco nei programmi che i partiti hanno presentato agli elettori. Ma qualche eccezione c’è e va evidenziata.
Sinistra Ecologia e Libertà (SEL) nel suo programma (in .pdf) dedica un’intero capitolo al tema della “Pace” dove tra l’altro evidenzia che “la mission internazionale del nostro Paese sia fondata sull’opzione nonviolenta e sulla cooperazione” e afferma chiaramente di sostenere “la riduzione drastica delle spese militari nel nostro paese e di quelle a livello internazionale”. “Vogliamo partire dalla cancellazione del programma per la costruzione del cacciabombardiere di ultima generazione Joint Strike Fighter ed utilizzare i fondi così liberati in sostegno a politiche di welfare, buona occupazione, conversione ecologica dell’economia, cura del territorio e del patrimonio artistico-culturale. Tale dibattito andrà sviluppato anche a livello europeo, al fine di identificare modalità di ridurre drasticamente le spese del comparto difesa e di riconvertire l’industria bellica in sostegno alla conversione ecologica dell’economia e la promozione della piena e buona occupazione”.
Anche Rivoluzione Civile dedica un intero capitolo del suo programma (in .pdf) al tema “Per i diritti umani, la pace e il disarmo”. “ Vogliamo tagliare le spese militari, bloccare tutti i programmi di acquisto di nuove armi come i cacciabombardieri F35 e destinare le risorse risparmiate al lavoro e alla lotta contro la povertà. Vogliamo far rispettare ed attuare l’articolo 11 della Costituzione, e ritirare immediatamente le nostre Forze Armate dall’Afghanistan. Vogliamo passare dalla sicurezza militare alla sicurezza umana, dalla sicurezza nazionale alla sicurezza comune” – vi si legge. Il programma inoltre specifica che “Contro la legge Di Paola che ipoteca più di 230 miliardi nei prossimi 12 anni, il Parlamento deve riappropriarsi del diritto di riorganizzare in senso riduttivo le nostre forze armate tenuto conto della situazione internazionale e delle necessità di contenimento della spesa pubblica, mettendo fine agli sprechi, ai privilegi e agli scandali che investono la Difesa e riducendo le basi militari americane presenti sul nostro territorio, a partire dalla base di Vicenza”.
Per il resto si tratta, come detto, solo di dichiarazioni alle quali si è aggiunto di recente anche l’ex ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Riguardo agli F-35 ha affermato: “La questione dei costi può essere affrontata in un modo molto semplice e cioè intervenendo sui tempi d’acquisto. Più va avanti e meno costano gli aerei. Ho chiesto che i tempi di costruzione siano allungati. Così facendo saranno dimezzati. Ovviamente, il rallentamento della produzione vale solo per gli aerei italiani, senza così mettere in pericolo le aziende che lavorano ai velivoli”. Non ditelo però alla Lockheed Martin: visti i continui rallentamenti del programma e i costanti problemi degli F-35 (anche coi temporali) potrebbero farci un pensierino pure loro.
Fonte: www.unimondo.org