Mettete la cooperazione al centro della politica estera


Redattore Sociale


In vista delle prossime elezioni politiche, il Coordinamento Italiano Network Internazionali lancia un appello in dieci punti alle istituzioni e ai partiti: “La cooperazione internazionale è il tessuto connettivo della società globale”.


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Con l’avvicinarsi del prossimo appuntamento elettorale si moltiplicano anche gli appelli affinché chiunque vinca le elezioni si assuma precisi oneri nei confronti degli elettori. Stavolta sono le principali organizzazioni della società civile, associazioni, ong e onlus – riunite sotto la sigla del CINI, Coordinamento Italiano Network Internazionali – a rivolgersi ai candidati di tutti gli schieramenti per rilanciare l’impegno del prossimo governo sulla cooperazione allo sviluppo come pilastro della politica estera e dei rapporti internazionali dell’Italia.
Con un appello in dieci punti fondamentali queste organizzazioni, e i milioni di cittadini che le sostengono e ne condividono i valori, chiedono alle forze politiche di prendere una posizione chiara in merito, dal momento che l’attenzione sul fronte della cooperazione allo sviluppo può diventare non solo un elemento caratterizzante dell’identità politica dei candidati in lizza ma anche una questione utile ad orientare la scelta del voto.

Consapevoli del fatto che nel mondo attuale diritti, responsabilità e interessi assumono dimensioni globali, facendo sparire la distinzione tra istanze nazionali e processi internazionali, le organizzazioni promotrici dell’appello hanno ribadito la necessità di una strategia di sviluppo altrettanto globale, che può essere raggiunta solo mediante una politica di cooperazione coerente ed organica. Una politica fondata sulla promozione di un mondo più equo e sostenibile, sulla lotta alle ingiustizie, sull’affermazione della pace, sulla difesa dei diritti umani e sulla tutela dell’ambiente. L’auspicio è che la cooperazione allo sviluppo diventi la componente qualificante delle relazioni internazionali dell’Italia, l’elemento centrale delle nostre strategie estere, molto più che la presenza delle forze militari italiane nelle varie missioni di pace all’estero.

Con l’obiettivo di realizzare una politica  complessiva più efficiente e coordinata, l’appello individua dieci punti chiave: il primo passo dovrà essere quello di istituzionalizzare la cooperazione. Che vi sia quindi un alto referente politico alla guida della politica estera italiana con ampie deleghe in materia di aiuti allo sviluppo, che venga portata a termine la legge di riforma del sistema di cooperazione con la massima condivisione e coinvolgimento di tutti gli attori sociali e le forze politiche, che si sviluppi un coordinamento nazionale delle iniziative attraverso dei partenariati territoriali con il contributo della società civile e, infine, che una quota crescente di risorse venga destinata allo scopo. Da un punto di vista operativo, invece, l’appello chiede innanzitutto che il futuro governo si impegni a realizzare una politica estera di pace e distensione, riducendo la produzione, la vendita e l’uso degli armamenti e destinando le risorse così risparmiate ad interventi di coesione sociale, di aiuto allo sviluppo o di salvaguardia dell’ambiente; che l’Italia partecipi più attivamente ai programmi di cooperazione europea o delle organizzazioni internazionali e che si rispettino gli impegni di trasparenza assunti dall’Italia davanti al Forum sull’efficacia degli aiuti di Busan, implementando lo standard comune sulla rendicontazione delle risorse impiegate e sui risultati ottenuti. Infine, si richiede un’assunzione di responsabilità anche per quanto riguarda il reperimento delle risorse finanziarie: senza un adeguato stanziamento di fondi, infatti, è impensabile costruire una politica di cooperazione allo sviluppo stabile.

La proposta è che il nuovo governo si impegni a dedicare una quota considerevole dei fondi per le missioni internazionali di pace ai progetti presentati dalle ong, agli aiuti umanitari e ad interventi di pacificazione in favore delle popolazioni colpite da guerre civili o a difesa dei diritti delle donne e che il maggior gettito fiscale generato dal rafforzo della tassa sulle transazioni finanziare si impieghi nelle politiche sociali nazionali e nella cooperazione estera. Infine, il nuovo governo dovrebbe provvedere anche a rimuovere tutti gli ostacoli di natura fiscale, normativa e burocratica che ostacolano e rallentano le attività delle organizzazioni della società civile.

Fonte: www.redattoresociale.it
15 gennaio 2012

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