Repubblica democratica Congo, il coraggio del missionario contro la furia ribelle


Davide Demichelis - vaticaninsider.lastampa.it


Padre Dino Ruaro racconta come si vive la guerra a Mambasa


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“E’ quasi mezzogiorno, due uomini nudi vengono alla missione.. Sono ribelli, combattono con Morgan, armati e stravolti dalla droga. Chiedono soldi: tremila dollari. Uno soprattutto è cattivo e intrattabile. Ce l’ha con gli Americani, con i bianchi”.

Padre Dino Ruaro è il superiore della missione di Mambasa, nella Repubblica Democratica del Congo. Domenica mattina, il 6 gennaio, la città è stata occupata dai ribelli, che hanno ucciso una ventina di persone e saccheggiato case, negozi e la missione. Quando arrivano padre Dino è lì, insieme ad un sacerdote locale, padre Richard e alcune donne: “Uno dei due alza la voce, soprattutto contro di me che sono bianco. Ci minaccia con il kalashnikov spianato. Mi alzo e vado in stanza per cercare dei soldi e calmarlo, ma lui diventa sempre più cattivo. Un colpo parte dal suo mitragliatore ed esplode a mezzo metro dal mio piede. Continuano le minacce, anche con un coltello che mi fa roteare davanti al naso. Chiudo gli occhi, aspettando il peggio. Mi insulta perché i bianchi si sono presi le benedizioni di Dio, lasciando ai neri le maledizioni. E mi chiede di scrivergliela su un foglio, la benedizione. Lo faccio, ma non per gioco o per paura: è compassione per questo povero uomo che mi sta davanti. Fa veramente pena: la sua umanità è contraffatta e intristita”

Vita da missionari. Vita dura a Mambasa. Nel cuore della seconda foresta tropicale del pianeta si sta combattendo una guerra dimenticata dai media. Eppure gli esperti l’hanno denominata la Grande guerra africana: 5,4 milioni di morti, solo fra il 1998 e il 2003, e combattimenti sporadici che si susseguono e raggiungono le pagine dei giornali solo quando viene invasa Goma, la capitale congolese della regione dei Grandi laghi. A novembre i ribelli dell’M23 hanno invaso Goma, poi se ne sono andati. Nelle zone di foresta però, le formazioni di ribelli sono le più disparate, e spesso disperate. Formate in gran parte da uomini – e bambini – affamati. E’ il caso dei  Mai Mai guidati da Paul Sadala, detto Morgan, che domenica mattina hanno invaso Mambasa.

“Tutto è cominciato alle sei, quando abbiamo sentito il comunicato alla radio locale: invitavano la gente stare calma. Dieci minuti dopo, i primi spari”. E’ ancora padre Dino a raccontare quella tragica domenica mattina: “Verso le 8,30 sento padre Richard davanti a casa che parla con della gente. Esco e lo trovo assieme a due ribelli, uomini di Morgan, completamente nudi. Mi chiedono un telefono. Cosa ne fate del telefono in foresta, rispondo, dove non potete caricarlo né comperare le ricariche? Allora chiedono da mangiare. Diamo loro del pane con margarina e un bottiglione d’acqua. E così se ne vanno”.

Ma non è finita. Dopo un paio d’ore i due ribelli ritornano, più arrabbiati di prima. Questa volta chiedono i soldi: “Io tiro fuori tutto il denaro che ho e glielo metto sotto gli occhi. Il capo non lo tocca con le mani, me lo fa posare a terra. Prima di prenderlo, si cosparge di un liquido-feticcio che porta in una minuscola bottiglietta appesa al collo. Poi ordina al suo compagno di raccogliere il bottino: 1255 dollari. Davanti alla mia stanza, seduti su una panca ci sono due donne, con i loro due bambini e un uomo. Il più giovane dei ribelli ordina ad una ragazza di seguirlo. I pianti della mamma lo fanno dubitare, allora desiste. L’altro, che aveva visto un’altra donna entrare in una stanza, la segue. Vuole entrare anche lui, picchia ripetutamente contro la porta. Poi, miracolosamente, anche lui desiste. I due rimangono ancora qualche minuto, continuando a minacciarci che sarebbero ritornati. Finalmente, dopo un’ora e mezzo di terrore, se ne vanno. Restiamo soli, esausti, quasi sorpresi di essere ancora vivi. Prendiamo dalla cucina il riso che avevamo fatto cuocere per le mamme e i bambini, che si erano rifugiati in chiesa, e li raggiungiamo.

Alle 15 i caschi blu della Monusco (la Missione della Nazioni Unite in Congo) dichiarano di aver liberato la città dai ribelli. “Alle 16,45 soldati governativi e della Monusco sono venuti alla missione, confermando che la città era sotto il loro controllo” ricorda ancora padre Dino, che ha voluto concludere la giornata con la messa che non aveva potuto celebrare al mattino: “rivedevo davanti a me quei due poveri uomini venuti a minacciarci e tormentarci, così poveri umanamente e così bisognosi di misericordia”.

Fonte: http://vaticaninsider.lastampa.it
10 gennaio 2013

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