Serbia: vince Tadic con il 50,3%. “Ora avanti con la Democrazia”


La redazione


Confermato il presidente uscente, filoeuropeo, con il 51%. I suoi attivisti in festa. Il nazionalista Nikolic ammette la sconfitta. L’alta affluenza, 67 per cento, ha indubbiamente favorito Tadic. Un’affluenza senza precedenti nella storia elettorale di questo paese. Secondo il Cesid, l’istituto demoscopico non governativo è finita 50,5 a 47,9. Con soltanto centomila voti a fare la differenza tra l’uno e l’altro dei candidati.


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
Serbia: vince Tadic con il 50,3%. "Ora avanti con la Democrazia"

BELGRADO – Hanno votato con la testa più che con il cuore. Il Kosovo, la culla della loro storia, se ne andrà per la sua strada. Fa male, d’accordo, ma qualche volta nella vita bisogna avere il coraggio di voltare pagina. E i serbi stavolta lo hanno avuto. E Boris Tadic, il presidente uscente, che prometteva più Europa e migliori condizioni di vita l’ha spuntata. Per un paio di punti percentuali soltanto ma ce l’ha fatta a sconfiggere il campione dell’ultranazionalismo, Tomislav Nikolic. Colui che voleva riportare indietro il paese. Che tra Bruxelles e Mosca, preferiva quest’ultima. Che si era detto disponibile poche ore prima che si aprissero le urne a che Mig russi pattugliassero i cieli della Serbia. Il suo slogan, “Il Kosovo è Serbia, Indipendente mai” ha raccolto i consensi della parte più vecchia e reazionaria del paese, che comunque, un dato che non va sottovalutato, è quasi il cinquanta per cento dell’elettorato.

L’alta affluenza, 67 per cento, ha indubbiamente favorito Tadic. Un’affluenza senza precedenti nella storia elettorale di questo paese. Secondo il Cesid, l’istituto demoscopico non governativo è finita 50, 5 a 47, 9. Con soltanto centomila voti a fare la differenza tra l’uno e l’altro dei candidati. Un piccolo vantaggio che ha indotto il Cesid a una grande cautela nell’annunciare il risultato. Nikolic, aria e storia da duro, alto e grosso, poco incline al sorriso, ha prontamente ammesso la vittoria dell’avversario. E Tadic gli ha riservato l’onore delle armi per il fair play dimostrato.

L’annuncio ufficiale è previsto per domani, ma la riconferma del presidente uscente non è più in discussione. D’altra parte che sarebbe stata una volata spalla a spalla era ampiamente annunciato. In gioco c’era molto più che una normale corsa per la più alta carica dello Stato, ma una sorta di referendum tra Russia ed Europa, tra passato e futuro con la “pratica” Kosovo a complicare una scelta già difficile e che in ogni caso avrebbe avuto non poche ripercussioni sullo scacchiere internazionale. In attesa del verdetto definitivo i due contendenti preferivano non sbilanciarsi. Solo quando ormai non c’erano più dubbi, Boris Tadic affrontava la stampa. “Abbiamo fatto un importantissimo passo in avanti – diceva – ma non abbandoniamoci alla festa, impegniamoci piuttosto a lavorare duramente”.

Faccia e modi da duro, stazza imponente, poco incline al sorriso, il 55enne Nikolic. Elegante, disinvolto, disponibile, il 50enne Tadic. Diversi che più diversi non si può anche fisicamente. Su consiglio del suo entourage nel tentativo di fare breccia tra gli indecisi, Nikolic in questa campagna elettorale qualche concessione l’ha fatta. Poca roba, però. S’è tolto il distintivo col faccione di Seselj, imputato all’Aja per crimini di guerra, dal bavero della giacca e ha appena appena smorzato i toni nazionalisti del suo eloquio. Il Kosovo però non si tocca. “E’ parte di noi e della nostra storia e Bruxelles non può umiliarci riconoscendone l’indipendenza”. Ecco perché se costretto a scegliere tra Europa e Russia, non nasconde di sentirsi molto più protetto sotto il grande ombrello di Mosca.

Tadic dal canto suo un po’ di nazionalismo, anche se meno muscolare del suo avversario, è stato indotto anche lui a sfoderarlo. Sulla provincia a maggioranza albanese, è ovvio, il nervo scoperto di questo paese, anche se in tutte le occasioni ha ribadito che fuori dall’Europa per la Serbia non c’è futuro. Si aspettava forse che Vojislav Kostunica, il premier e suo partner nel governo, gli desse una mano. Ma così non è stato. Kostunica, che a infilare la sua scheda nell’urna ci è andato solo nel tardo pomeriggio di ieri, ha infatti preferito non schierarsi e ha lasciato piena libertà di scelta a quel sei per cento di uomini e donne che avevano votato per Velimir Ilic, il suo candidato nel primo turno. Uno “sgarbo” che avrebbe potuto, nel caso di sconfitta di Tadic, innescare una grave crisi di governo.

Anche se fingono indifferenza, il chi sarà il nuovo leader serbo è importante anche per gli albanesi del Kosovo, altrimenti avrebbero già proclamato da un pezzo la loro indipendenza.

Nelle residue enclavi slave di questa ormai ex provincia (dove oggi vivono non più di 100 mila persone su oltre due milioni di abitanti) si è votato come nel resto della Serbia. A Kosovska Mitrovica – la più grande delle riserve indiane e la più inquieta . in un clima da ultimi giorni di Pompei Nikolic ha fatto il pieno, ma quelle schede si sapeva già che non sarebbero state decisive.

Il Kosovo la sua scelta l’ha già fatta da tempo. Sarà indipendente, resta solo da vedere quando, tra un giorno, una settimana o più in là. Mitrovica, l’unica enclave in continuità territoriale col resto della Serbia, si separerà a sua volta da Pristina, un’ora dopo la proclamazione, rimanendo agganciata a Belgrado. Qualcosa di ineluttabile che potrebbe una volta di più destibilizzare i Balcani.

Renato Caprile

(3 febbraio 2008)

Fonte: La Repubblica

 

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento