Abbiamo le parole giuste ma il cuore ancora duro


Giuseppe Anzani - Avvenire


Oggi è la Giornata mondiale dei diritti del bambino. Provate a ripetere mentalmente ‘diritti del bambino’, mentre ancora scorrono sullo schermo le immagini dei piccoli straziati dalle bombe.


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Oggi è la Giornata mondiale dei diritti del bambino. Provate a ripetere mentalmente 'diritti del bambino', mentre ancora scorrono sullo schermo le immagini dei piccoli straziati dalle bombe; provate a risentire le parole che l’assemblea generale dell’Onu scrisse 23 anni fa nel Preambolo della Convenzione, l’unico testo giuridico al mondo, per quanto io sappia, che contenga la parola 'amore'. Lasciatele scorrere in sottotitolo sul panorama d’immagini che scandisce in piano-sequenza infinito il dolore innocente che ha fatto atroce la storia di oggi e di ieri; le bombe di Gaza e i massacri di Siria, i milioni di bimbi dal ventre gonfio e le mosche sul viso che muoiono di stenti, gli infanticidi selettivi del subcontinente indiano, le violenze e lo sfruttamento e persino la tratta, e il picco d’orrore dei bambini soldato. E dite infine se c’è una spiegazione, accanto alla tenerezza che suscita 'il profilo del cucciolo' sull’emozione e l’istinto, la presenza di una crudeltà che si sfoga sull’essere umano indifeso e inoffensivo, fragile e supplice, senza che il pensiero affondi in un misterioso dominio di male.

Alla Convenzione sui diritti dell’infanzia, preceduta da una Dichiarazione universale dell’Onu di trent’anni prima, siamo arrivati dopo un cammino di secoli pieno di vergogne. La sofferenza dei bambini resta nella grande letteratura, da Dostoevskij a Camus, lo sfregio incomprensibile del cosmo, l’urto che scuote fino all’assurdo le immaginate armonie. E tuttavia siamo capaci, sulla Carta sì, siamo capaci di scrivere le parole giuste; senza chiamarle sogno, o auspicio, o virtù, che sarebbe un alibi o un inganno; ma chiamando semplicemente 'diritto' quelle parole che danno ai bambini risposta al bisogno 'di felicità, amore e comprensione'.

Così abbiamo scritto, e in tutto il mondo ratificato. E nel catalogo dei diritti abbiamo messo anche qualche più fine premura, aggiungendo ai fondamentali, basati sul rispetto, la dignità, la vita e la famiglia, la libertà, l’educazione, anche peculiari attenzioni, come 'il diritto a giocare'. E nei Paesi dove lo sviluppo economico ha concentrato ricchezza, i bambini di genitori benestanti sono divenuti persino una fetta di mercato, un target importante per le vendite e i consumi.

Felicità raggiunta, diritti esauditi? Non è detto: non è la sazietà materiale il metro acconcio. Le parole della legge 'felicità, amore e comprensione' che compendiano il diritto dei bambini sono collocate in un contesto specifico: la famiglia. Ogni figlio che viene al mondo ha diritto a una mamma e a un papà; ha diritto di ricevere da loro, appunto, 'felicità, amore e comprensione', lui che è il segno e il frutto del loro amore. Spesso questo non accade, e nei Paesi della sazietà materiale è frequente il tormento del cuore deserto; dei bambini coinvolti nelle contese dei genitori in rotta, privati dell’uno o dell’altra, mutilati di una parte del dono che la natura ha promesso. O più radicalmente, l’ecatombe silenziosa dei bambini rifiutati, prima di nascere, quando il volto del figlio non si vede ma la sua vita c’è, la sua identità c’è, il suo diritto c’è (e la Convenzione dice nel Preambolo la necessità di 'protezione legale appropriata, sia prima che dopo la nascita').

Oggi il giro d’orizzonte che la giornata mondiale dei diritti dei bambini ci mostra passa per le infinite lacrime dell’infanzia torturata nel mondo e poi torna alla radice del rifiuto d’amore per i bambini espulsi dalla vita, a milioni nel mondo. Una civiltà che singhiozza, con cuore duro.

Fonte: http://www.avvenire.it
20 novembre 2012

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