Il Libano resista con coraggio alle minacce alla pace


Avvenire


Parto «con rammarico dal caro Libano» e con il «desiderio di tornare», ha detto il Papa congedandosi dalla terra dei cedri.


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Aveva messo il viaggio in Libano «sotto il segno della pace», una scommessa, data la situazione intricata di fedi, tensioni, etnie, aggravata a pochi giorni della partenza dall’esplosione nei paesi arabi di manifestazioni violente contro il film su Maometto. A missione conclusa si comprende che  Benedetto XVI ha avuto ragione nel rifiutare di collocare la ventiquattresima missione internazionale del suo pontificato sotto il segno della paura, preferendo ostinatamente quello della pace.
«È felice» di questi giorni e della accoglienza ricevuta, ha riferito il portavoce padre Federico Lombardi. E papa Ratzinger, prima di salire sulla scaletta dell’aereo che lo ha riportato a Roma, ha spiegato anche uno degli elementi che probabilmente ha contribuito al successo di questa prospettiva. «Mi avete accolto con calore», ha detto, e questo calore ha aggiunto alle importanti «attenzione e rispetto» un di più, una sorta di «spezia» orientale che dà più sapore. Una immagine significativa che sarà probabilmente apprezzata nel Libano e nella regione.

Anche nella giornata di congedo aperta con la messa solenne per oltre 350.000 persone, ai vescovi del Medio oriente, presente anche il presidente della Repubblica, il cristiano maronita Michel Sleiman, papa Ratzinger ha scelto la via di una presenza di preghiera e vicinanza ai problemi dei suoi ospiti.  All’Angelus ha lanciato il terzo appello in pochi giorni per la Siria – «alla comunità internazionale e ai paesi arabi» per «soluzioni praticabili» per metter fine alla guerra in Siria e «nei paesi vicini». E nel consegnare l’Esortazione postsinodale ai 350 vescovi delle chiese orientali ha ricordato la testimonianza di convivenza e pacificazione dei cristiani in Medio  oriente, esortando che il «Vangelo continui a risuonare in queste terre». Parole di pace e gesti di amicizia, aveva detto ieri spiegando il segreto della convivenza libanese.

Gesti e incontri diretti, – come anche quello ecumenico del pomeriggio nel patriarcato siro-cattolico di Charfet, in cui consegnare agli interlocutori la Esortazione, «la mappa del futuro» per i cristiani mediorentali, e scambiare impressioni e cordialità. Questo uno dei segreti di questo viaggio difficile  un cui ha costruito una trama di possibili amicizie su un tessuto frammentato da diversità etniche, di fede, di differenti riti, di incertezze sociali, economiche, e di tensioni e rischi di guerra. In particolare quella siriana, con il suo carico di morti, profughi, e condizionamenti che potrebbe gettare sulla primavera araba e i già precari equilibri dell’area mediorientale.

Dalla Siria non fuggono solo i cristiani, ma anche i musulmani, aveva detto Benedetto XVI in volo verso Beirut. E questi cristiani e musulmani insieme in fuga dalla violenza, in questi giorni sono stati per il Papa segno che è possibile essere insieme anche per la pace, in società conviventi e pacificate. Anche per questo i cristiani non devono lasciare queste terre, nonostante le tensioni e, come ha detto ieri ai circa 25 mila giovani radunati a Bkerke non devono dover sorbire il «miele amaro della emigrazione».
Vado in Libano, aveva detto papa Ratzinger prima di partire, come messaggero di pace, per confermare i cristiani a appoggiare il dialogo interreligioso. E non ho mai pensato di cancellare questo viaggio: più la situazione è complicata, più servono testimoni. Alla fine ha avuto ragione, e anche le tensioni innescate nei paesi arabi dalle proteste per un film su Maometto non hanno ostacolato la riuscita della missione. Un buon  segno per la pace.

Fonte: http://www.avvenire.it/
17 Settembre 2012

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