Corsa contro il tempo


Paola Caridi - invisiblearabs.com


Dopo Hillary Clinton, dopo Mitt Romney, è toccato a Leon Panetta. La questione, intrecciata, è quella della corsa alla presidenza americana e dell’opzione militare sul nucleare iraniano.


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Corsa contro il tempo

Il tempo per una soluzione pacifica della controversia sul nucleare iraniano “si sta esaurendo rapidamente”.  Chiaro, chiarissimo il messaggio consegnato ieri sera dal premier israeliano Benjamin Netanyahu a Leon Panetta, a conclusione della difficile visita del segretario alla difesa americano in Israele. La quarta visita di un alto esponente dell’amministrazione Obama in Israele in poche settimane, a conferma della fase delicatissima che vive la regione e del probabile tira e molla tra Washington e Tel Aviv su necessità, tempi, modalità di un possibile intervento armato. 

Netanyahu e, sempre ieri, il ministro della difesa Ehud Barak, hanno aumentato la pressione sull’amministrazione Obama per un più chiaro impegno sull’opzione militare contro Teheran. Le sanzioni e la diplomazia non hanno avuto ancora nessun impatto sul programma nucleare iraniano, ha affermato Netanyahu. E Barak non poteva essere più esplicito, nella conferenza stampa tenuta assieme a Panetta a margine della visita all’Iron Dome. La scelta del luogo, peraltro, non poteva essere più densa di significati: Iron Dome, l’imponente sistema di intercettazione antimissile e antirazzo, è la rappresentazione di quanto l’amministrazione Obama (e non solo quella precedente di George W. VBush) si sia impegnata a sostenere la difesa di Israele con aiuti economici molto, molto consistenti. E continui ad aiutare il governo di Tel Aviv, soprattutto nelle ultime settimane, proprio nello stesso periodo in cui Israele diviene uno dei luoghi più importanti per le presidenziali del prossimo novembre.

Leon Panetta è arrivato in Israele dopo Hillary Clinton, e subito dopo la visita del candidato repubblicano alla presidenza americana, Mitt Romney, che al governo Netanyahu ha promesso veramente tanto, dal sostegno all’opzione militare contro l’Iran sino al dichiarato supporto per definire Gerusalemme capitale di Israele. E non invece Gerusalemme capitale di due Stati, Israele e Palestina. Panetta, dunque, ha avuto il suo bel daffare per cercare di essere il più convincente possibile. “Noi non permetteremo all’Iran di avere l’arma nucleare. Punto”, ha reiterato Panetta, per il quale tutte le opzioni sono sul tavolo, anche quella militare. Il segretario alla difesa ha spiegato, secondo gli analisti, la strategia dell’amministrazione Obama. Prima applicare sanzioni più dure verso il regime di Teheran, poi pensare a un possibile intervento armato. E in ogni caso, non prima delle elezioni presidenziali americane di novembre. 

I tamburi di guerra suonano, insomma. E la domanda di molti degli analisti israeliani riguarda ancora, come spesso è successo in questi ultimi mesi, i rapporti tra governo e forze armate, tra livello decisionale politico e militari. Perché è ancora e sempre più evidente che una buona parte di coloro che si occupano di sicurezza e strategia militare sono o contro l’intervento militare israeliane, o – nella versione minimalista – contro un intervento militare israeliano unilaterale e non concertato almeno con gli americani. Il punto interrogativo, insomma, riguarda ancora una volta Netanyahu e Barak, come scrive oggi Carlo Strenger su Haaretz. E intanto i tamburi di guerra suonano, in un crescendo in cui la vera domanda è: quando succederà? E quella successiva è: cosa ne sarà del futuro della regione, dei suoi nuovi equilibri? E infine: cosa ne sarà di noi, noi europei, noi mediterranei, noi italiani?

Fonte: http://invisiblearabs.com

2 agosto 2012

 

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