Incontro Abbas-Israele. Ma senza impegno
NEAR EAST NEWS AGENCY
Domenica prossima il presidente dell’Anp siederà di fronte al vice presidente Mofaz. Non si parlerà però di negoziati.
'incontro tra il presidente palestinese Mahmoud Abbas e il vice presidente del Consiglio dei ministri israeliano Shaul Mofaz è confermato. Ancora ieri il consigliere di Abbas Nimer Hammad dichiarava l'appuntamento incerto e il portavoce di Mofaz si asteneva da commenti. Oggi il capo della delegazione palestinese ai negoziati Saeb Erekat conferma sull'agenzia WAFA, puntualizzando che il meeting non fa parte dei negoziati. Il presidente Abbas avrebbe accettato la proposta di incontrarsi domenica prossima, forse a Ramallah, perchè "le cose da dire a Mofaz sono tante". "L'appuntamento non è una novità" – ha dichiarato Mohammed Eshtayeh della delegazione ai negoziati alla Radio "Voice of Palestine"- "e fa parte di una serie di incontri che Abbas tiene con un ampio spettro di figure della comunità israeliana ed ebraica". Un incontro senza impegno, in cui "il presidente Abbas ascolterà le idee di Mofaz", con cui però Eshtayeh non crede si "possa lavorare politicamente". Se Mofaz sarà ambasciatore delle idee del primo ministro in carica Benjamin Netanyahu non è chiaro. Le aspettattive sono vicine allo zero. "Non contiamo molto su questi incontri" – continua Eshtayeh – "né crediamo che il governo israeliano, con la composizione attuale, possa offrire qualcosa di serio per il processo di pace". L'ultimo scambio epistolare di alto livello tra Abbas e il suo omologo Netaniyahu si era fermato al 12 maggio scorso, quando all'ulteriore richiesta presentata da Saheb Erekat di accettare la creazione di uno Stato palestinese sulle frontiere del 1967 con "modifiche minori", il rilascio di tutti i prigionieri e il blocco delle colonie, il negoziatore israeliano Yitzhak Molcho aveva risposto picche. Israele torna al tavolo dei negoziati solo senza precondizioni. Il capo dell'autorità nazionale palestinese invece chiedeva "qualcosa di promettente o positivo" per rilanciare il negoziato. Un minimo segnale positivo, la disponibilità di Israele perlomeno di discutere delle questioni-chiave, fosse anche solo per finta. Di questo il presidente Abbas ha bisogno per potersi risiedere allo stesso tavolo che gli è costato tanto del suo consenso. Dopo il fallito riconoscimento della Palestina come membro ONU – e il retromarcia dell'Autorità nazionale che si accontenterebbe ora dello status di non-membro, Abbas è sempre più sotto pressione. Un sondaggio del Palestinian Center for Policy and Survey Research pubblicato ieri mostra che vi fossero nuove elezioni, il presidente Abbas prenderebbe 49% dei voti contro il 44% per il leader di Hamas Ismail Haniyeh, forte della vittoria della Fratellanza in Egitto. Se alle elezioni si candidasse anche il leader di Fatah Marwan Barghouti, da dieci anni in prigionia israeliana, il consenso per Abbas scenderebbe al 25%. Il processo di pace è "clinicamente morto", aveva dichiarato il presidente palestinese dieci giorni fa prima dell'incontro di Erekat e del segretario di Stato statunitense Hillary Clinton. E che la pressione sull'Autorità Nazionale Palestinese sia alta, è stato comunicato anche all'establishment israeliano. All'inizio di giugno, il maggiore quotidiano israeliano Haaretz riportava l'incontro con un gruppo di esperti e di ex-incaricati dell'intelligence di Tel Aviv, che avrebbero messo in guardia il premier Netaniyahu sull'imminenza di una terza Intifada. La cui miccia potrebbe essere proprio la costruzione di nuove colonie. Intanto, l'iniviato speciale delle Nazioni Unite Richard Falk fa sapere sull'agenzia United Press International che il numero di nuovi rifugiati palestinesi creati dall'espansione di colonie è aumentata dell'80% dal 2010. Solo quest'anno, con 330 strutture abitative distrutte, i nuovi rifugiati sarebbero l'87% in più del 2010.
Fonte: http://nena-news.globalist.it/
28 Giugno 2012