A Bari il 15 marzo per una nuova primavera dell’antimafia sociale


Fabio Dell’Olio


"Aspettando la Primavera… Il cancro del Mezzogiorno, si ripete continuamente, è la criminalità. Essa paralizza l’economia, inquina l’ambiente, corrompe la politica e ci nega il diritto al futuro. Tanti sono i responsabili di questo “furto della speranza” in una società che invecchia rapidamente e che non ha fiducia dei suoi giovani".


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A Bari il 15 marzo per una nuova primavera dell’antimafia sociale

Aspettando la Primavera, c’è chi ha scelto di emigrare verso terre più calde, chi ha messo sacchi di sabbia dietro la finestra e chi sfida le ingiurie del tempo pronto a salpare verso lidi ignoti. L’arca di pace, credo e provocazione di un mai così compianto vescovo, è da troppo tempo ferma nel cantiere in attesa di un saggio timoniere. La pirateria del profitto ha tinto di rosso sangue un mare di pace e di speranza. Oramai soltanto un immenso cimitero sotto le stelle. Ancora una volta cerchiamo disperatamente di spingere a largo quest’ arca nonostante il mare mosso e l’aria avvelenata da diossina e mercurio.
Il cancro del Mezzogiorno, si ripete continuamente, è la criminalità. Essa paralizza l’economia, inquina l’ambiente, corrompe la politica e ci nega il diritto al futuro. Tanti sono i responsabili di questo “furto della speranza” in una società che invecchia rapidamente e che non ha fiducia dei suoi giovani. Costretti a partire perché quaggiù “di doman non c’è certezza”.
E quando in una città come Bari, l’unica esperienza vera di socialità è il carcere minorile, mentre intorno le nostre banlieu si espandono a vista d’occhio senza costruire una rete protettiva adeguata, ecco che i falsi miti del denaro e del lusso ad ogni costo offuscano ogni altra possibile alternativa. Spesso lo Stato arriva tardi, quando quel lenzuolo bianco cade come un infame sipario su tante giovani vite spezzate, quando intere famiglie sono state distrutte e quando la sfiducia non dà più tregua. Troppo tardi.
Anche per dare un segnale che un’altra Puglia è possibile, a Bari si svolgerà il prossimo 15 marzo la XIII Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie, organizzata da “Libera, associazioni, nomi e numeri contro le mafie” e “Avviso Pubblico”, col patrocinio di Regione, Province e Comune di Bari. Ad un anno da “Contromafie”, gli Stati generali dell’antimafia che si sono svolti per la prima volta a Roma e poi, in un’assemblea regionale a Bari alla presenza di Rita Borsellino. E dopo il grande successo dello scorso anno a Polistena, in Calabria, dove oltre 50 mila manifestanti sono scesi in strada.
La manifestazione del prossimo marzo, che si aprirà con un corteo che congiungerà il centro storico di Bari con Punta Perotti, si terrà il 15 anziché il 21 marzo, primo giorno di primavera, a causa della coincidenza con le festività pasquali.
Nel capoluogo regionale giungeranno da ogni parte d’Italia migliaia tra associazioni, scuole, rappresentanze sindacali, gruppi di credenti e non, universitari e naturalmente in testa al corteo ci saranno i familiari delle vittime di mafia (oltre 40 solo in Puglia).
Quelle vittime che, come dice don Luigi Ciotti, “sono morte perché noi altri non siamo stati abbastanza vivi”. Nomi che pochi ricordano, ma che sono per noi, per usare una metafora cara a Tom Benetollo, come quei “lampadieri che, camminando innanzi, tengono la pertica rivolta all’indietro, con il lume in cima”. Così il lampadiere vede poco davanti a sé, ma consente ai viaggiatori di camminare più sicuri. Lampadieri come Antonino Caponnetto, architetto di quel pool antimafia che ha ottenuto successi insperati per la magistratura. Numerose sono le iniziative in programma nei comuni e negli istituti scolastici verso il 15 marzo. Tra questi “cento passi”, particolarmente importante è il seminario per giornalisti e operatori dell’informazione che la Fondazione Libera Informazione, osservatorio nazionale sull’informazione per la legalità e contro le mafie, tiene a Bari e Taranto a fine gennaio. Obiettivo fondante dell'osservatorio è quello di creare una rete tra i micromondi dell'antimafia e della stampa locale (associazioni, fondazioni, comitati, siti web, blog, quotidiani, emittenti radio e tv, riviste, singoli attivisti, enti locali e istituzioni decentrate) e il grande mondo dell'informazione nazionale. Dunque, da una parte fare rete raccogliendo notizie, informazioni, spunti, lavori e progetti, dall'altra opera di pressione sui media italiani, per dare spazio a quelle notizie (non solo in negativo) che spesso faticano a trovare spazio nei palinsesti di radio e tv e sulle colonne dei giornali. Tra i nodi cruciali che richiedono una collaborazione interistituzionale nella lotta alla mafia, c’è l’attuazione della legge 109/96 sull’utilizzo per fini sociali dei beni confiscati ai mafiosi. A Bari lo scorso settembre il sindaco Emiliano, il prefetto di Bari e il direttore generale dell’Agenzia del demanio, hanno firmato un Protocollo d’intesa per la destinazione dei beni immobili confiscati alla criminalità organizzata. Quelli destinati al comune di Bari sono ben 57 tra cui appartamenti, ville, locali e terreni dislocati in vari quartieri della città. E a Mesagne è sbocciato il primo frutto maturo di questa intensa attività di riutilizzo dei beni confiscati. Dalle vigne di un terreno sequestrato alla criminalità un consorzio di giovani produce vino e prodotti biologici per portare sulle nostre tavole i “sapori della legalità”. Per dimostrare che soltanto sconfiggendo la criminalità è possibile un avvenire occupazionale meno incerto per i giovani.
In cima alle classifiche di Legambiente sulle eco-mafie, nel corso di un trentennio la mafia pugliese non ha acquistato una estensione di tipo regionale ma resta un’organizzazione “pulviscolare”. Per contrastare l’avanzata della criminalità locale occorre sviluppare una pedagogia concreta, dimostrare la convenienza dell’antimafia.  
Nichi Vendola, intervenendo all’assise di Contromafie dello scorso anno, aveva affermato che “l’antimafia sociale è stata sconfitta”.
Principalmente per due ragioni. Innanzitutto perché “abbiamo delegato alla magistratura la lotta alla mafia”. Quella stessa magistratura che in questi anni si è occupata di questioni secondarie, dando la caccia agli immigrati irregolari e ai lavavetri, tacendo sulla decapitazione di clan di primo piano. Inoltre il Presidente della Regione sostiene che, sul piano politico, non è necessaria una riforma della legge sullo scioglimento dei consigli comunali per mafia. Perché la responsabilità sta a monte della struttura amministrativa e non riguarda, o non riguarda esclusivamente, sindaco e giunta. Ci sono ingranaggi nascosti nella macchina amministrativa in odor di mafia che coltivano rapporti malsani con esponenti della criminalità da più lungo tempo. Bisognerebbe cominciare a sradicare presunte infiltrazioni a partire da questi livelli. In secondo luogo, usciamo sconfitti dalla lotta alla mafia quando "i lavoratori sono spogliati dei propri diritti; la precarietà inghiotte la vita di intere generazioni; la vita delle persone è fluttuante".
Occorre -secondo Vendola- garantire l'esercizio dei diritti di cittadinanza. E non permettere alcuna forma di violenza nella lotta alla mafia. Perchè "l'esercizio di onnipotenza sulla vita delle persone è espressione della cultura mafiosa; e lo Stato per vincere deve garantire una certa superiorità morale". Allora il nostro auspicio è che il 15 marzo 2008 sia il primo passo di questa riscossa della società civile, di tutte le donne e gli uomini che parteciperanno numerosi alla costruzione di una nuova primavera, quest’anno anche “libera”.

Fabio Dell’Olio
Resp. Comunicazione “Bari 15 marzo 2008”
bari.15marzo@libera.it

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