Segnatevi il 14/1…


Paola Caridi - invisiblearabs.com


Era il titolo del mio post, qui su invisiblearabs.com, esattamente un anno fa. Segnatevi il 14/1, il 14 gennaio 2011. Zine el Abidine Ben Ali, ZABA, non era ancora caduto. Lo sarebbe stato entro poche ore da quando postai quel messaggio, dando la stura


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Segnatevi il 14/1…

Su avenue Bourghiba, dove oggi questi ragazzi manifestavano per aver lavoro, esattamente un anno fa i tunisini superavano la barriera della paura che li aveva costretti per decenni sotto un regime sempre più autocratico. E nel giro di 12 ore avevano buttato giù ZABA e assieme a lui il sistema di corruzione economica dei Trabelsi, il clan della moglie. ZABA, uno dei nostri amici più stretti, amici dell’Occidente.

Nel corso di quest’anno, ho sentito parlare di primavera, autunno, inverno arabo, come se si fosse alle sfilate di moda di Milano o Parigi. Poca competenza, malafede, pressapochismo, vecchie categorie. Ho sentito e letto di tutto, durante l’annus mirabilis 2011. Ho sentito pochissima autocritica, poca fantasia, e soprattutto sono stati pochi – tra i politici e i diplomatici – a spendersi per chi, durante tutto il 2011, è morto, è stato ferito, ha rischiato la vita per dignità, libertà e democrazia.

A un anno di distanza, la Tunisia ha un parlamento, un primo ministro, un presidente. L’Egitto è messo molto peggio, anche perché non ha la libertà dai lacciuoli strategici e diplomatici che la legano a precise strategie regionali e sovraregionali. La rivoluzione del Bahrein è stata soppressa nel sangue, senza che l’Occidente si spendesse per fermare l’intervento saudita a difesa del monarca di Manama. Gheddafi è morto, ucciso alla fine di una rivoluzione trasformatasi poi in altro (grazie anche alla nostra partecipazione militare…). La Siria sta vivendo una tragedia quotidiana, anche grazie a quello che di quel paese non sappiamo, perché non abbiamo curato la conoscenza delle strutture del potere, della burocrazia, delle forze armate: se ne sapessimo di più, sapremmo anche cosa fare, come agire, quali mezzi usare per fermare la repressione del regime di Bashar el Assad. In Arabia Saudita, di tanto in tanto e attraverso twitter, veniamo a conoscenza di piccole manifestazioni, di disagio, dei tentativi di ribellarsi al potere più conservatore dell’area, che è anche l’alleato che ci teniamo ben caro, girandoci dall’altra parte quando i diritti di tutti (donne in prima fila) vengono calpestati.

Conclusione: non è né la primavera né l’inverno. E’ il risveglio arabo. Il secondo, dicono gli intellettuali della regione, nella storia contemporanea degli arabi. Declinati diversamente da quello che vorremmo. Compreso spesso in maniera differente da quello che succede nella realtà. I giovani, nell’interpretazione corrente, sono stati già rimessi al loro vecchio posto: di lato, perché alla politica ci devono pensare i “grandi”. E loro, i giovani, rischiano semmai di essere più un fenomeno da baraccone che la reale forza propulsiva che ha voluto e fatto le rivoluzioni. Ecco, la sottovalutazione di quello che i giovani hanno fatto, e faranno, porta già alla luce la nostra incapacità di interpretare. Tra un po’, forse, ce ne renderemo conto.

Fonte: http://invisiblearabs.com/
14 Gennaio 2012

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