Il 2012 nel Sahel, le speranze dei migranti


Misna


“Il fiume scorre lento e porta dietro a sé le immagini di antiche nostalgie e battaglie mai vinte o perse del tutto. Nelle guerre non vince mai nessuno e la pace quando verrà rimarranno in pochi a raccontarla”. La storia di un viaggio africano raccontata da Padre Mauro Armanino.


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Il 2012 nel Sahel, le speranze dei migranti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ci sono i petardi anche a Niamey e alcuni sono simili a fuochi di artificio ridotti all’essenziale di un solo botto che si illumina in alto. La notte è limpida e fresca come a capodanno e oggi Niamey sembrava eccitarsi con la moderazione che si addice al Niger. Il fiume scorre lento e porta dietro a sé le immagini di antiche nostalgie e battaglie mai vinte o perse del tutto. Nelle guerre non vince mai nessuno e la pace quando verrà rimarranno in pochi a raccontarla. La sposa di Blé, ivoriano, ha ringraziato Dio perché suo figlio è morto quest’anno e lei ha avuto la forza di continuare a vivere. Con suo marito hanno dato accoglienza a molti compaesani senza dimora. Altri rifugiati hanno ringraziato per la salute e per quel poco che hanno potuto sperare mettendosi insieme da buoni compagni di viaggio.

Il viaggio è ancora lungo. Jacques arriva dal Rwanda dopo aver soggiornato per qualche tempo nel Congo Brazzaville come rifugiato. Segue le indicazioni di percorso di un amico che gli ha promesso del lavoro a Bamako, nel vicino Mali. Ha dovuto prima attraversare il Camerun e poi la Nigeria dove è stato derubato dei documenti. Aveva paura di chiedere informazioni su dove si trovasse una chiesa presso la quale domandare aiuto. E’ Célestin che lo ha accolto nella sua casa. Anche lui è rwandese e da molti anni si trova a Niamey dove era arrivato come rifugiato.

Come Emad che si è ammalato soprattutto perché sua moglie si trova ancora in Libia assieme ai figli e da qualche giorno non lo chiama. Ha chiesto di portare una croce e dice che per la prima volta nessuno gli ha chiesto di che religione fosse prima di prendersi cura di lui. Forse ha il diabete e una malaria non curata. Inizia a imparare il francese perché vorrebbe lavorare per pagarsi il futuro.

Si avvicina mezzanotte anche a Niamey e i botti si rincorrono per inseguire il tempo che rimane. Come un padre col figlio appena arrivati dal Ciad con l’intenzione di andare ancora più lontano. Lui dice di essere chiamato a una vocazione speciale e parla di una raccomandazione che dovrebbe garantirne il futuro. I bambini piccoli portano il passamontagna di lana e i grandi la giacca a vento la mattina. Alcuni giocano nella sabbia con la maglietta dell’Inter o del Barcellona di Messi.

Il primo di gennaio si sveglia anche a Niamey e la foschia si confonde con la polvere delle strade e del tempo. Alle cinque di mattina e poi alle sei si rincorrono gli inviti alla preghiera con Allah Akbar e altre invocazioni che somigliano a nenie infiltratesi tra il deserto e la savana. La settima Repubblica del Niger si augura di sopravvivere alla carestia e al ritorno dei migranti che a volte scelgono le armi per combatterla. L’uranio e il petrolio e l’oro e l’indigenza dei più che contano di meno si contendono un futuro possibile.

Padre Mauro Armanino, Società delle missioni africane (Sma) Niamey,Gennaio 2012

Fonte: Misna.org

2 gennaio 2012

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