Fra pochi giorni la Perugia-Assisi. Lotti: “La politica? E’ il problema numero uno”
Redattore Sociale
A 50 anni dalla marcia di Aldo Capitini, il 25 settembre si rinnova l’appuntamento. Intervista a Flavio Lotti: “C’è un mondo a rischio, di fronte al quale c’è inconsapevolezza e disattenzione”.
Il 25 settembre si rinnova l’appuntamento con la Perugia-Assisi. Si tratta della diciannovesima edizione della storica marcia per la pace, che cade quest’anno a 50 anni dalla prima, quella che organizzò il 24 settembre del 1961 Aldo Capitini, filosofo e pedagogista, tra i primi in Occidente a raccogliere il pensiero di Gandhi sulla nonviolenza. Al di là delle celebrazioni, che non sarebbero piaciute allo stesso Capitini, come ogni volta la Perugia-Assisi sarà occasione di incontro tra realtà variegate dell’impegno sociale e di proposte concrete, dicono gli organizzatori, che possano rendere migliore la vita degli uomini e le relazioni tra i popoli. Ne parliamo con Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della pace, il network di associazioni che organizza l’evento.
Che momento è per il pacifismo?
E’ un momento importante perché abbiamo la possibilità di celebrare la parte migliore della storia dell’Italia, nel segno della continuità dell’impegno, con nuove consapevolezze. E’ anche un momento critico: ciò che sta accadendo in Italia porta alla luce una realtà pericolosa dove la pace la stiamo già perdendo anche noi. La crisi economica è il disastro del liberismo e della globalizzazione selvaggia, del dominio del denaro al quale abbiamo consegnato la nostra vita. Quello che abbiamo visto in Medio Oriente e nel Mediterraneo porta alla luce un mondo disordinato, dove l’insicurezza domina più di 10 anni fa, più di prima dell’11 settembre. C’è un mondo a rischio, di fronte al quale c’è tanta inconsapevolezza, disattenzione, si è persa pure la percezione del pericolo…
Nonostante questo, la cultura della pace si è estesa in tanta parte del nostro Paese, però ha dei limiti: il primo è che negli ultimi 4-5 anni ci si è ripiegati su se stessi, si è persa la capacità di legare le nostre vicende, e le soluzioni ad esse, con quelle internazionali.
Proprio 4-5 anni fa denunciavi l’indifferenza della politica alle ragioni del popolo della pace, l’annuire dei politici ma il non essere poi consequenziali con le scelte concrete. Questa analisi a che tipo di riflessione ha portato le associazioni?
Non tutti abbiamo smesso di essere subordinati alla politica. Le analisi si fanno, ma poi ci si piega alla realtà come se fosse l’unica possibile, e così non si cambia nulla. Invece un’altra politica è possibile.
Anche recentemente in piena manovra economica la Tavola della pace ha posto l’accento sulla utilità di tagliare le spese militari, 24 miliardi di euro l’anno. Qualche reazioni c’è stata?
Assolutamente no. Viviamo fuori dalla storia, ignoriamo questo grande capitolo. Non è stato modificato nemmeno uno dei programmai di armamento degli ultimi 10-20 anni, mentre il Paese ha altri bisogni… Se non capisce questo, la politica è inadeguata.
Quali sono le priorità che il popolo della pace porterà anche lungo la strada da Perugia ad Assisi?
Le urgenze sono tante. Porteremo non solo i problemi, ma proposte: riscoprirci esseri umani, guardandoci come persone, come fratelli, perché la crisi tende ad acuire l’egoismo e la chiusura; poi, faremo un appello affinché la politica cambi le sue priorità, metta al centro le persone, questo è nodo cruciale. Ribadiremo quindi il ripudio della guerra: col crescere del disordine internazionale non è facile capire quando dire ‘no’ alla guerra, la Libia lo conferma. Ma è sempre una risposta inefficace, lo abbiamo visto in Afganistan e in Iraq e credo che purtroppo lo vedremo pure in Libia. La guerra in Libia non è finita, in questi giorni sta iniziando una nuova fase della guerra, con il nostro sostegno… L’Italia ha bisogno di costruire una politica estera nuova e coerente.
Nella scorsa tornata elettorale sei stato chiamato dal Pd per candidarti. Una disponibilità a considerare la proposta, poi il diniego. Com’è andata?
Avevo dato disponibilità se l’intera coalizione avesse condiviso la candidatura, ma così non è stato.
Hai detto che il limite più grande che ha incontrato la Perugia-Assisi è proprio la politica.
E’ il problema numero uno. Certo prima di tutto c’è la coscienza, l’educazione che non deve interrompersi e sempre qualificarsi. In politica, i singoli da soli fanno poco, invece ci si frantuma e non si arriva a essere massa critica. Come fare per cambiare rotta? E’ un cammino lungo e tortuoso, non c’è una strada maestra ma solo sentieri di montagna, però vanno fatti. Io credo a un pacifismo politico, che porta reale cambiamento, non credo a un pacifismo di sola testimonianza. So che non tutti sono d’accordo, ma allora il giudizio su di noi sarà netto.
Elisabetta Proietti, intervista a Flavio Lotti
Fonte: Redattore Sociale
15 settembre 2011