“Somali in fuga, aprire campo in Kenya”: la richiesta di Oxfam


Redattore Sociale


L’ong descrive la crisi del Corno d’Africa: la fuga dei rifugiati somali si è trasformata in un esodo di massa, la grave siccità e il conflitto in corso costringono ogni giorno 1.400 persone a cercare riparo nel complesso di Dadaab.


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"Somali in fuga, aprire campo in Kenya": la richiesta di Oxfam

"Le porte restano chiuse per decine di migliaia di somali in fuga da una crisi alimentare sempre più grave e dal conflitto del Corno d’Africa. Il nuovo campo rifugiati Ifo II, nel nordest del Kenya, è ancora inaccessibile e le famiglie somale vivono in condizioni scioccanti a pochi chilometri di distanza dalla struttura vuota e inutilizzata". Per questo, Oxfam chiede al governo keniano e alla comunità internazionale di dare seguito alla richiesta dell’Unhcr di aprire il campo e agire in modo rapido per far sì che i rifugiati possano ricevere gli indispensabili aiuti. "La crisi nella regione sta peggiorando. Il flusso costante di rifugiati somali si è trasformato in un esodo di massa. La grave siccità e il conflitto in corso costringono ogni giorno 1.400 persone a cercare riparo nel complesso di Dadaab, nel nord est del Kenya, mentre altri 70 mila rifugiati somali si sono stabiliti nei campi di Dolo Odo in Etiopia.
 
"Donne e bambini hanno fatto viaggi incredibili per arrivare in Kenya. Hanno camminato per settimane attraverso il deserto, sfidando la fame, gli attacchi dei predoni e degli animali selvatici”, racconta Joost van de Lest, capo missione di Oxfam in Kenya. “Arrivano qui estremamente deboli e malnutriti. Il minimo che possiamo fare è assicurare che ricevano acqua e cibo e che qualcuno si prenda cura di loro". Il nuovo campo Ifo II è stato costruito per alleviare il grave sovraffollamento di Dadaab, dove campi progettati per 90 mila persone danno ora rifugio a oltre 380 mila persone. L’Ifo II, completato alla fine del 2010, potrebbe ospitare circa 40 mila rifugiati, riducendo così in modo notevole il sovraffollamento nei campi già esistenti.
 
Eppure, nonostante il gran numero di nuovi arrivi, il nuovo campo rimane vuoto perché il governo keniano si rifiuta di aprirlo. La rete idraulica, le latrine e le strutture sanitarie sono pronte all'uso, ma restano inattivi. Inoltre, un altro progetto di ampliamento denominato Ifo III è al momento bloccato. 60 mila nuovi rifugiati sono stati quindi costretti a trovare riparo in rudimentali tende fuori dal campo. Questi rifugiati hanno un accesso limitato all’acqua potabile e ai servizi igienici, una condizione che li espone al rischio di epidemie. Diverse agenzie umanitarie stanno intensificando gli sforzi per aiutare i nuovi arrivati, ma il modo più rapido ed efficace per assisterli è permettere ai rifugiati di utilizzare i servizi già esistenti."E’ tragico vedere famiglie vulnerabili intrappolate in un limbo, costrette a sopportare condizioni spaventose, mentre vicino a loro ci sono servizi perfettamente funzionanti. Stanno ignorando i loro bisogni più elementari ", avverte van de Lest.
 
Non avendo accesso al nuovo campo, i rifugiati sono costretti a stabilirsi sulle terre dei keniani, esacerbando così le tensioni già esistenti tra i rifugiati e la comunità locale, una delle più povere in Kenya. La grave scarsità di cibo e di acqua – seguita all’anno più secco registrato nel nord del Kenya negli ultimi sessant’anni – ha colpito in modo particolare proprio questa regione e i suoi abitanti.
 
Oxfam ricorda che il governo keniano merita il dovuto riconoscimento per essersi fatto carico di buona parte della crisi dei rifugiati somali nel corso degli anni, consentendo a centinaia di migliaia di loro di entrare nel paese mentre altre nazioni avevano chiuso gli occhi. E’ giunto tuttavia il momento di fare di più, non solo per il Kenya. La comunità internazionale deve fornire più fondi e sostegno al governo keniano per far fronte al continuo flusso di rifugiati e intensificare gli sforzi per promuovere una soluzione duratura alla crisi umanitaria in Somalia.

Fonte: Redattore Sociale

12 luglio 2011

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