Stop al cibo per Gaza


Michele Giorgio


Presi di mira i camion umanitari diretti nella Striscia. A difenderli attivisti ebrei e palestinesi. In Cisgiordania gli attacchi di coloni e fanatici ai convogli per la Striscia che soffre la fame


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«Tornate a casa, andate via, state aiutando Hamas, i terroristi di Gaza». L’uomo, in apparenza sui 40 anni, urla, fa un giro con la sua auto intorno alla rotonda davanti a Tarqumiya, grida altre frasi piene di rabbia e se ne va. Altri due attivisti di destra si tengono a distanza, osservano senza intervenire. «Non va sempre così, senza grossi problemi», ci spiega Nir, 35 anni di Tel Aviv e membro del gruppo ebraico-arabo Standing Together, «(quelli di destra) quando vogliono creare problemi arrivano a decine e si mostrano aggressivi, non solo con i camionisti. Noi facciamo di tutto per evitare tensioni, il nostro unico fine è favorire con la nostra presenza il passaggio dei camion carichi di aiuti diretti a Gaza».

L’offensiva israeliana ha molti campi di battaglia, non tutti nella Striscia. Rafah, Jabaliya, Nuseirat sono i nomi delle città palestinesi più martoriate in questi giorni. Ma ci sono scontri diversi che si combattono in altri luoghi. A Tarqumiya e altri incroci stradali, ad esempio, dove gli attivisti della destra fanno il possibile per bloccare i convogli umanitari che partiti dalla Giordania, percorrono la Cisgiordania, escono dal transito di Tarqumiya e dopo, alcune decine di chilometri in Israele, giungono al valico settentrionale di Gaza o a quello meridionale di Kerem Shalom, al confine con l’Egitto. Nelle ultime settimane i social media sono stati inondati di immagini di autocarri bloccati e saccheggiati da militanti della destra e coloni israeliani insediati nella Cisgiordania occupata. Non sono mancate aggressioni fisiche ad autisti palestinesi e due autocarri sono stati dati alle fiamme. Si sono visti anche bambini, molto piccoli, che calpestano scatole di aiuti per Gaza. «È importante fermare gli aiuti…È l’unico modo per vincere. L’unico modo per recuperare i nostri ostaggi», ripete un militante della destra estrema in un video.

Standing Together è lo schieramento opposto in questa battaglia che vede due trincee israeliane. «La ragioni della destra sono assurde e disumane» ci dice Shimon, anche lui di Tel Aviv, da dove provengono gran parte dei membri ebrei di Standing Together. «Estremisti e coloni – aggiunge – sostengono che gli abitanti di Gaza non dovrebbero ricevere nulla. Tutto ciò è inaccettabile, si tratta di una grave punizione contro civili che sopravvivono appena, che non hanno più nulla, che vivono in tende e soffrono la fame. Dobbiamo aiutarli, mandando cibo e chiedendo la fine della guerra».

Shimon ammette di rappresentare una minoranza esigua di israeliani, che può incidere ben poco. «Purtroppo l’opinione pubblica in maggioranza vuole ancora la guerra, per vendicare i morti israeliani del 7 ottobre e colpire Hamas», spiega sistemandosi il cappello sulla testa. Fa molto caldo e il sole brucia per chi deve passare ore in attesa. «Ci ricompensa il saluto e il grazie sincero dei camionisti che escono dalla Cisgiordania. Capiscono che la nostra presenza può dissuadere quelli che progettano di aggredirli», dice Claire che solo di recente ha scelto di mobilitarsi a difesa di Gaza. «Non è facile, occorre affrontare tanta ostilità, ma non potevo restare a guardare di fronte alle sofferenze della popolazione di Gaza». Per Abed, un palestinese della Galilea, venire al presidio di Tarqumiya rappresenta l’opportunità per sentirsi utile, dopo quasi otto mesi di dolore e frustrazione passati a seguire le stragi di Gaza. «So che sto facendo qualcosa di concreto per aiutare altri palestinesi», afferma.

Ci sono tre camionette della polizia. Gli agenti seguono con attenzione i movimenti degli attivisti di Standing Together. Nei giorni scorsi i poliziotti sono stati accusati di restare a guardare. Coloni ed estremisti, sospettano in molti, ricevono informazioni proprio da polizia ed esercito sul passaggio dei camion umanitari. E non solo dalle forze di sicurezza. Una rete di gruppi WhatsApp gestiti da esponenti dell’estrema destra nota come Lo Nishkach (in ebraico «non dimenticheremo») riesce a mobilitare centinaia di membri del movimento nelle attività di blocco della consegna degli aiuti umanitari. I militanti vengono convocati agli svincoli stradali. Lì fermano i camion e se gli autisti non dimostrano che il loro carico non è destinato a Gaza, gli attivisti passano alle vie di fatto. Opera anche un altro gruppo, Tsav 9, ma dopo l’incendio dei due autocarri ha rallentato la mobilitazione in strada pur mantenendo una linea radicale. «La nostra attività è pratica, e se questo significa scaricare il carico e bruciarlo per evitare che arrivi al nemico, lo faremo» ha dichiarato qualche giorno fa al giornale Haaretz, Yosef de Bresser, uno dei fondatori di Tsav 9. Dall’inizio della guerra De Bresser è stato arrestato dieci volte. Oltre a bloccare i camion, è stato anche coinvolto nel tentativo di entrare a Gaza per stabilirvi degli avamposti di coloni.

Nadav, 27 anni, un riservista dell’esercito israeliano, è al presidio Standing Together. Ha partecipato all’offensiva israeliana, da fine ottobre a fine dicembre, nel nord della Striscia. Indossa una maglietta della nazionale inglese di calcio e sfoggia baffi che non hanno nulla da invidiare a quelli di D’Artagnan. «Il servizio militare è obbligatorio in Israele e ho partecipato all’offensiva in una unità di fanteria, ma non sono a favore della guerra, anzi» ci racconta Nadav «sono sempre stato contro l’occupazione e favorevole al diritto dei palestinesi di essere liberi e di avere un loro Stato. Quanto ho visto a Gaza – morte, distruzione di interi centri abitati, disperazione – ha accresciuto queste mie idee. Per riportare gli ostaggi a casa sono necessari una trattativa e la fine della guerra». A Gaza l’esercito israeliano ha commesso crimini guerra, gli domandiamo. «Non mi intendo di leggi internazionali. Quello che so è che a Gaza sono stati commessi gravi errori». A pagare questi «errori», aggiungiamo noi, sono state persone innocenti.

 
www.ilmanifesto.it 31 Maggio 2024
 

 

 
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