Aumentano ancora le spese militari


L'Essenziale


Secondo i calcoli dell’Osservatorio sulle spese militari (Mil€x), nel 2022 queste spese sono aumentate del 3,4 per cento, arrivando a 25,82 miliardi di euro. È il quarto aumento annuale consecutivo.


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Mezzi e soldati delle forze armate italiane negli ultimi mesi hanno svolto esercitazioni in Europa dell’est. Nella crisi ucraina si è visto come queste operazioni siano anche uno strumento geopolitico. Le manovre militari, naturalmente, hanno un costo, che si somma agli altri dell’apparato militare nazionale. Si tratta di una spesa in crescita.
Sapere con esattezza a quanto ammontano le spese militari in Italia non è però semplice.
Secondo i calcoli dell’Osservatorio sulle spese militari (Mil€x), nel 2022 queste spese sono aumentate del 3,4 per cento, arrivando a 25,82 miliardi di euro. È il quarto aumento annuale consecutivo.
Il calcolo prende in considerazione tutti i capitoli di spesa militare, che si tratti di spese per armi finanziate dal ministero dello sviluppo economico, delle missioni militari all’estero pagate dal ministero dell’economia o del bilancio della difesa.

Nuove armi
Una quota importante di queste risorse se ne va per il personale, ma il grosso dell’aumento riguarda gli acquisti di armi.
A preannunciare gli investimenti erano stati il presidente del consiglio Mario Draghi durante la presentazione della nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (Nadef), e il suo consigliere militare, il generale Luigi Francesco De Leverano, durante un’audizione alla camera.
De Leverano si diceva allarmato per la “dinamica di esportazioni recessiva, nonché per la crescente contrazione dei bilanci pubblici” da cui dipende l’industria militare e chiedeva misure di sostegno e commesse.
Detto, fatto: la difesa ha avanzato nuove richieste di autorizzazioni di spesa pluriennale per 12 miliardi di euro (500 milioni solo per il 2022). Per comprare armi si usano infatti anche i fondi pluriennali di investimento introdotti dalla legge di bilancio per il 2017 per garantire che programmi finanziati non vengano interrotti.
Le commissioni parlamentari preposte al controllo hanno autorizzato gli acquisti all’unanimità, a prescindere dalle maggioranze che in questi anni si sono succedute. Nessuno ha votato contro.
“Non siamo di fronte a un sostegno a programmi di ricerca e sviluppo”, spiega Francesco Vignarca, esperto di spese militari e tra i fondatori di Mil€x. “Quello delle armi da guerra”, aggiunge, “non è un vero mercato, si tratta di scambi tra governi in virtù di accordi diplomatici”.
Nella spesa militare c’è un intreccio di scelte strategiche, politica estera informale, porte girevoli per cui ex politici e alti funzionari dello stato diventano membri dei consigli di amministrazione e mantengono aperti i canali con la politica.
Le enormi commesse a Leonardo, azienda pubblica al 30 per cento, non portano grandi ritorni allo stato: 25 milioni nel 2019.

Riaprire il dibattito
Ma servono all’Italia nuove contraeree, il drone da combattimento o lo sviluppo del cacciabombardiere italo-britannico-svedese Tempest? I “droni kamikaze”, che nei documentari vengono chiamati “munizioni a guida remota” serviranno alle forze speciali in Iraq, dove la missione Nato è a guida italiana. Nella richiesta al parlamento di acquisto di questi missili a guida a distanza, si spiega che si tratta di strumenti di difesa nel caso in cui le truppe siano attaccate. La missione Nato è però classificata come “missione non bellica che mira a rafforzare le istituzioni e le forze di sicurezza irachene”, non come una missione di combattimento.
“La giustificazione per comprare alcune tipologie di sistemi d’arma implica un approccio diverso al ruolo del nostro apparato militare”, sostiene ancora Vignarca, che spiega: “I ‘droni kamikaze’ sono un’arma di offesa che comporta un certo tipo di impegno operativo. Sarebbe importante tenere una discussione pubblica informata su scelte che sono militari e al tempo stesso di spesa pubblica”.

Martino Mazzonis
L’Essenziale
19 febbraio 2022

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