La crisi ucraina non è una fiction!


Tommaso Di Francesco - Il manifesto


Che nessuno pensi di risolvere questa crisi con una iniziativa «umanitaria» di bombardamenti aerei come sull’ex Jugoslavia nel 1999: dall’altra parte stavolta c’è una potenza atomica. Ma tutto è possibile, finché ci sarà, a surrogare l’inesistente politica estera dell’Unione europea la Nato, ora nel cul-de-sac


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A che puntata eravamo rimasti della «serie ucraina» che è tutto meno che una fiction? Di sicuro è disattesa dalla politica italiana e dal «governo di tutti». Draghi, convocato dalla Nato ha dato, nei giorni quirinalizi, la «disponibilità dell’Italia» e ieri il ministro Guerrini si è detto «pronto a tutto». A che cosa ancora non è chiaro.

L’Italia dovrebbe svolgere la sua «neutralità attiva» come chiede l’articolo 11 della Costituzione, invece finora siamo navi militari nel Mar Nero e la difesa aerea del fianco est della Nato nel Baltico. Insomma «disponibili» alla guerra.

Siamo vicini al precipizio. Anche se l’annunciata invasione russa non c’è. Dalla Casa bianca la davano sicura per dicembre, poi hanno precisato che sarebbe accaduta a gennaio, ora l’ultima versione è «per metà febbraio».

L’Europa appare divisa. Un parte – Germania e Francia – azzarda una mediazione per rilanciare gli accordi di Minsk del 2015. Che vennero siglati di fronte ad una guerra civile nata dopo l’oscura rivolta di piazza Maidan, dove un ruolo centrale venne assunto dall’estrema destra ucraina, che fomentò un clima antirusso contro una parte russa e russofona della stessa popolazione ucraina – purtroppo anche dai molti leader americani accorsero su quella piazza a fare comizi antirussi, compreso lo stesso Biden. Ora il Paese è spaccato in due con tre regioni che hanno dichiarato l’indipendenza.

Ma negli accordi di Minsk emerge con chiarezza che la Russia vuole una autonomia amministrativa di quei territori all’interno della nazione Ucraina, e che non considera il Donbass russo, come la Crimea che «per sua scelta con referendum popolare» – scrisse Rossana Rossanda in un saggio sulla crisi di Maidan, ora in un prezioso e-book edito da Sbilanciamoci che lo pubblicò già nel 2014 – decise di tornare alla storica appartenenza alla Russia. Ma la guerra civile è continuata con 14mila vittime e due milioni di profughi.

Un’altra parte d’Europa, i Paesi baltici e la Polonia sostenuti dalla Gran Bretagna di uno spregiudicato Boris Johnson alle prese con il Partygate, soffia sul fuoco, con invio di armi e consiglieri militari – come si rifiuta di fare la Germania – alimentando con gli Stati uniti un vero e proprio clima di guerra con false notizie. A denunciarlo è lo stesso governo ucraino e il presidente Zelensky ripetutamente: «Basta creare panico» «non è amichevole quello che fate», «l’intelligence americana fa propaganda», dicono le autorità di Kiev.

E ora siamo all’assurdo che, di fronte all’invasione che non c’è, per salvare la credibilità transatlantica siamo passati da un Biden che dichiara il 20 gennaio: «Con una incursione limitata la risposta degli Stati uniti sarebbe minore», al segretario della Nato Stoltenberg che ora ammette: «Se la Russia invade l’Ucraina la Nato non interverrà…perché non è un Paese Alleato».

Siamo ad una autorizzazione all’invasione, o alla messa in chiaro delle regole del Patto atlantico inapplicabili per ora per Kiev, e quindi un implicito invito all’Ucraina ad entrare al più presto in questo gioco di guerra?

«Create solo panico», insiste Zelensky, preoccupato del fronte russo ma anche di quello interno, dove i settori dell’estrema destra sono entrati con le loro milizie nella Guardia nazionale e nell’esercito e pesano nel governo – l’ex presidente Poroshenko, eroe dell’Occidente fino a poco fa, è ora accusato di alto tradimento, e arrivano rumors su arresti di un «gruppo» non meglio specificato che preparava proteste.

Biden è in difficoltà, al punto che in chiave «nixoniana» ha chiesto una pressione su Putin nientemeno che della Cina, l’avversario vero dell’America. Siamo alla farsa, perché magari avrebbe potuto chiedere a Putin di mettere una buona parola per la crisi di Taywan che a ben vedere è speculare, se non simile, a quella ucraina.

E Putin che mosse farà ora? In realtà Putin non si è mai mosso. Lo ricorda lo stesso presidente ucraino Zelensky e lo stato maggiore di Kiev: le cose alla frontiera stanno così dal 2014, le truppe russe ammassate – che «non accerchiano la Nato ma è il contrario», dice il generale Leonardo Tricarico in una intervista Rai – non sono pronte a nessuna invasione. Partecipa a manovre in Bielorussia, e perfino a pattugliamenti nel Mediterraneo, ma le truppe russe minacciose alla frontiera ucraina sono una pressione, rischiosa certo, per ribadire che l’ingresso del Paese nella Nato sarebbe inaccettabile.

Perché dal Baltico al Mar Nero, dopo che è stato favorito l’ingresso nella Nato di tutti gli ex Paesi del Patto di Varsavia, si trova un minaccioso schieramento armato alle proprie frontiere, fatto di basi militari, rampe di missili anti-missile, truppe, stormi di aerei che insidiano la propria sicurezza. La Russia in fondo ha reagito – ha scritto Franco Venturini in un editoriale sul Corriere della Sera – come fece Kennedy di fronte all’installazione di missili a Cuba nella famosa crisi del 1962.

E come non vedere poi che l’accerchiamento atlantico serve indirettamente a sostenere proprio la tanto giustamente deprecabile autocrazia di Putin? E ora?

Che nessuno pensi di risolvere questa crisi con una iniziativa «umanitaria» di bombardamenti aerei come sull’ex Jugoslavia nel 1999: dall’altra parte stavolta c’è una potenza atomica.

Ma tutto è possibile, finché ci sarà, a surrogare l’inesistente politica estera dell’Unione europea la Nato, ora nel cul-de-sac.

Un vecchio arnese della guerra fredda, ma riarmato fino ai denti e in cerca di nemici, mentre ora dall’altra parte ci sono competitor economici: vuol dire che ogni sanzione è un boomerang, come dimostra il caso Nord Stream: non è americano ma Biden vuole bloccarlo per vendere all’ Europa il suo Gpl. Tutto è possibile.

Tommaso di Francesco
Il Manifesto
1 febbraio 2022

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