Uniti contro la proliferazione nucleare


Internazionale


Cinque paesi hanno appena firmato un appello per dichiarare che “la guerra va evitata”. Può sembrare banale, ma se i cinque paesi in questione sono le potenze storiche dotate dell’arma atomica, tra l’altro in un momento segnato da forti tensioni internazionali, allora le cose cambiano.


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Cinque paesi hanno appena firmato un appello per dichiarare che “la guerra va evitata”. Può sembrare banale, ma se i cinque paesi in questione sono le potenze storiche dotate dell’arma atomica, tra l’altro in un momento segnato da forti tensioni internazionali, allora le cose cambiano.

Le cinque potenze – Cina, Stati Uniti, Francia, Russia e Regno Unito – hanno pubblicato il 3 gennaio una dichiarazione comune in cui affermano che una guerra nucleare “non può essere vinta e non dev’essere scatenata”, impegnandosi a mantenere l’arma atomica “a fini difensivi, di dissuasione e di prevenzione della guerra”, escludendo dunque un qualsiasi uso offensivo.

Ribadire questo concetto non è superfluo, soprattutto considerando che gli Stati Uniti hanno minacciato di rispondere vigorosamente in caso di invasione dell’Ucraina da parte della Russia, che Washington e Pechino rischiano il conflitto nello stretto di Taiwan e nel mar Cinese meridionale e che la Cina sta modernizzando il proprio arsenale nucleare sviluppando nuovi tipi di vettori supersonici.

Il fatto che in questo clima le cinque potenze sentano di avere una responsabilità particolare e riescano a intendersi su un testo comune è rassicurante, anche se questo non significa che abbiano risolto le proprie divergenze.

I propositi sono importanti, ma il testo vale soprattutto per l’impegno da parte dei cinque paesi a “evitare il proseguimento della disseminazione” nucleare, ovvero a evitare che altri paesi costruiscano l’arma atomica.

Naturalmente il pensiero va subito all’Iran, nel momento in cui è in corso un complesso e interminabile negoziato per tentare di salvare l’accordo del 2015. I cinque firmatari del testo partecipano alla trattativa di Vienna, che tuttavia non riesce a rimettere insieme i pezzi dopo la ritirata degli Stati Uniti voluta da Donald Trump e la ripresa del programma di arricchimento dell’uranio da parte di Teheran.

La Cina è considerata dagli Stati Uniti come “l’anello debole” della coalizione internazionale in quanto mantiene uno stretto legame con l’Iran in spregio delle sanzioni, ma per il momento si allinea con l’obiettivo internazionale di impedire all’Iran di dotarsi dell’arma atomica.

Un comunicato non vale nulla senza la volontà politica, e tutto dipenderà dai rapporti tra le grandi potenze. In caso di degrado o addirittura di conflitto, il consenso attuale diventerà insostenibile. Il comunicato cita “l’obiettivo finale, un mondo senza armi nucleari”, ma siamo ancora molto lontani da questo scenario.

Per il momento l’obiettivo più realistico è quello di salvare la struttura della non-proliferazione, già messa a dura prova dal fatto che oltre ai cinque firmatari esistono almeno altri quattro paesi in possesso dell’arma atomica: India, Pakistan, Corea del Nord e (non è più un segreto) Israele.

Spingere questi paesi a rinunciare all’arma di dissuasione sarà impossibile, e questo vale anche per la Corea del Nord nonostante l’opposizione strenua degli Stati Uniti e dei loro alleati asiatici. Il rischio, di contro, è che ogni nuovo componente del “club” ne produca di nuovi, come accaduto con il Pakistan dopo che l’India ha testato la sua prima bomba atomica nel 1998.

Fino a quando l’arma nucleare servirà da assicurazione sulla vita per ogni sorta di regime, sarà impossibile immaginarne la scomparsa. Se non altro le cinque potenze storiche sentono il bisogno di inviare un messaggio esemplare. È già qualcosa.

Pierre Haski
Internazionale
4 gennaio 2022
(Traduzione di Andrea Sparacino)

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