Decreto sicurezza: si cambia?


la Repubblica


Il sì della maggioranza alla bozza di riforma presentata dalla ministra Lamorgese. Entro 10 giorni il testo definitivo. Per i migranti che nel Paese d’origine rischiano di subire trattamenti inumani torna la protezione umanitaria.


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Le multe alle Ong spariscono, anzi no. Non del tutto, rimangono ma cambiano forma giuridica, e saranno decise da un giudice. Sulla questione politicamente più ostica della riforma dei Decreti Sicurezza – le maxi-sanzioni volute da Salvini per le navi che violano divieti di ingresso in acque territoriali – i delegati della maggioranza riuniti ieri al Viminale sembrano aver trovato una quadra, un compromesso accettabile per il Pd e non mortificante per il Movimento 5 Stelle, che quelle spropositate sanzioni aveva introdotto e autorizzato durante il governo precedente. Sbrogliato il nodo multe, dunque, sul resto della bozza di riforma (10 pagine suddivise in 9 articoli) presentata dalla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese è stato raggiunto l’accordo tra le parti. La prossima riunione, in calendario entro una decina di giorni, potrebbe essere quella del varo finale, dopodiché il testo sarà portato al Consiglio dei ministri. Ma non prima di Ferragosto, vista la fitta agenda politica di questi giorni.

Il nodo delle multe

Si torna allo status quo ante Salvini. Vengono soppresse le multe amministrative, attualmente emesse dalle prefetture a carico dell’armatore e che con il Decreto sicurezza Bis erano state alzate fino alla spropositata cifra di un milione di euro. La riforma Lamorgese stabilisce che se una nave effettua un soccorso in mare, e lo comunica sia al Centro di coordinamento competente sia al proprio Stato di bandiera, non incorre in alcun divieto. In caso contrario, al momento dell’ingresso in acque territoriali rischia la violazione del Codice della navigazione, reato penale che per la fattispecie assimilabile alla forzatura di un blocco (come accaduto in passato con la Sea Watch della comandante Carola Rackete e la Mare Ionio della piattaforma civica italiana Mediterranea) prevede fino a 2 anni di carcere e una sanzione pecuniaria di 516 euro. La ministra ha trovato un punto di mediazione inserendo, nella bozza, il comma che modifica la cornice edittale e innalza la sanzione tra i 10 mila e 50 mila euro. La stessa cifra prevista nel primo Decreto sicurezza. I partiti al tavolo di maggioranza (Pd, Iv, M5S e Leu) hanno ancora qualche giorno per proporre aggiustamenti.

La protezione “speciale”

Altro caposaldo della riforma Lamorgese: torna di fatto la protezione umanitaria per i migranti, cancellata da Salvini. Non si chiamerà più così, ma ”protezione speciale”, e anche se non riuscirà a coprire, come l’umanitaria, il 25 per cento delle richieste di chi non aveva diritto allo status di rifugiato, garantirà protezione internazionale a una serie ampia di categorie sensibili, in primis a coloro che nel proprio Paese rischiano di subire torture o trattamenti inumani. Approvata anche la parte della bozza che rende convertibili in permessi di soggiorno per motivi di lavoro la maggior parte dei permessi concessi: per protezione speciale, per calamità, per attività sportiva, per motivi religiosi, per assistenza minori. «È stata una riunione fondamentale», commenta il viceministro dell’Interno Matteo Mauri. «Abbiamo lavorato su un nuovo testo messo a punto da Lamorgese sulla base delle proposte che i gruppi di maggioranza hanno avanzato nei precedenti incontri. Mancano ormai solo alcuni particolari».
Ripristinato il sistema Sprar

Dove si percepisce maggiormente l’intenzione di cancellare le restrizioni volute dall’ex ministro dell’Interno è nell’articolo 4, che ripristina l’accessibilità al sistema di accoglienza Sprar, da cui erano stati espulsi i richiedenti asilo. Con una differenza: il baricentro si sposta dai prefetti ai sindaci.

Sono i comuni, infatti, che già prestano i servizi di accoglienza per i titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati, a poter accogliere i richiedenti asilo, nelle medesime strutture e offrendo servizi che favoriscano l’inclusione sociale (come l’insegnamento della lingua). Ai richiedenti asilo viene riconosciuto il diritto di iscriversi all’anagrafe e saranno dotati di una sorta di carta di identità, riconosciuta dallo Stato italiano, valida per tre anni.


Fabio Tonacci

Repubblica

14 luglio 2020

 

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