Come e perché i profughi siriani sono diventati ostaggi
Internazionale
Vittime della guerra e di un accordo tra Turchia e UE in contrasto con il diritto internazionale e la Convenzione di Ginevra.
Centinaia, forse migliaia, di profughi sono presi in ostaggio da Turchia, Grecia e Unione europea nella terra di nessuno alla frontiera turco-greca. Le forze dell’ordine greche, sostenute dal personale di Frontex e da alcuni abitanti del luogo, si sforzano di respingere questi richiedenti asilo verso l’altra sponda del fiume Evros, a colpi di gas lacrimogeni, bastonate e umiliazioni multiple, ricorrendo talvolta a spari con pallottole vere.
Ci sarebbero alcuni feriti gravi e uno o due morti tra i profughi, ma le informazioni sono difficilmente verificabili poiché le autorità rendono impossibile il lavoro dei giornalisti da entrambi i lati della frontiera. Dal lato turco vari giornalisti sono stati imprigionati per aver diffuso reportage e immagini relative a quest’ennesimo dramma umano alle porte dell’Europa.
La prima vittima collaterale di questo dramma umano è una delle più grandi conquiste del diritto umanitario internazionale. In seguito alla decisione della Grecia, con il sostegno dell’Unione europea, di sospendere l’accettazione di qualsiasi domanda d’asilo, la convenzione di Ginevra del 1951 è di fatto sepolta. Ormai qualsiasi paese, riferendosi a questa “legittimità internazionale” creatasi grazie alla benedizione garantita dall’Ue, potrà prendere una decisione simile e respingere lontano dalle sue frontiere i richiedenti asilo.
Mentre la giustizia italiana, dopo l’accordo del senato italiano, processa Matteo Salvini per “sequestro illegale di migranti in mare nel 2019” quando Salvini era ministro dell’interno, l’Ue chiude gli occhi davanti al ricorso abusivo, da parte del governo greco, all’articolo 78(3) del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che si riferisce a una situazione urgente alle frontiere esterne. In realtà, come ricorda l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, il diritto alla domanda d’asilo e il principio di non respingimento sono internazionalmente riconosciuti e non possono essere sospesi.
Già nel marzo 2016 l’Ue aveva aperto la porta a un congelamento del diritto internazionale umanitario, firmando un accordo iniquo con la Turchia.
Quest’ultima s’impegnava a non lasciar partire i migranti verso la Grecia, com’era accaduto nel 2015, e ad accettare il ritorno dei richiedenti asilo respinti, in cambio di un aiuto finanziario da parte dell’Ue (che è poi stato effettivamente versato) e alcune altre promesse rimaste lettera morta. Ma tutto l’accordo è stato costruito su basi fragilissime. La Turchia ha ratificato la convenzione di Ginevra nel 1951, con una clausola geografica che ne limita l’applicazione alle persone che fuggono da “eventi avvenuti in Europa”.
Di conseguenza, i quattro milioni di migranti che si trovano attualmente nel paese non possiedono ufficialmente lo status di rifugiati. Sono degli “invitati”, degli “ospiti” o, nel migliore dei casi, dei richiedenti asilo dotati di “protezione temporanea”. Per questo motivo tutte le organizzazioni di difesa dei diritti umani si erano opposte a questo accordo tra Bruxelles e Ankara del 2016, ricordando che la Turchia non è “un paese terzo sicuro” per i richiedenti asilo non europei. Tuttavia, paralizzati dalla paura del “flusso di migranti che invaderà l’Europa”, i paesi dell’Ue, fatte alcune rare eccezioni, erano tutti d’accordo a chiudere gli occhi.
L’Ue ha così dato a Recep Tayyip Erdoğan la possibilità di utilizzare regolarmente il ricatto dei migranti. E il presidente turco è passato all’azione alla fine di febbraio, annunciando che le frontiere erano aperte per i migranti che desideravano entrare in Europa. In questo modo l’autocrate turco, impantanato nella sua avventura siriana a Idlib, ha utilizzato i migranti come arma non letale, cercando di fare pressione sui partner occidentali e di destabilizzare la Grecia, con la quale ha peraltro intrapreso un pericoloso braccio di ferro relativo alla delimitazione delle zone economiche marittime.
Annunciando la partenza di centinaia di migliaia di migranti verso l’Europa – anche se in realtà tale movimento ha coinvolto solo alcune decine di migliaia di persone – Erdoğan cerca al contempo di canalizzare verso l’Europa il malcontento popolare che cresce nel suo paese, soprattutto tra gli elettori del Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp).
È davvero grottesco, in questi ultimi giorni, leggere sulle prime pagine dei giornali filogovernativi turchi titoli che parlano di “vergognose e illegali decisioni dei greci e degli europei”, quando la Turchia è un paese dove lo stato di diritto è sospeso da molti anni, e dove le prigioni traboccano di persone il cui unico crimine è aver denunciato le ripetute violazioni dei diritti umani, aver fatto rivelazioni sulla corruzione, o semplicemente aver pubblicamente sfidato l’autocrate. Gli autocrati non imperversano solo nel proprio paese, ma propagano la loro funesta politica anche al di là delle proprie frontiere.
Internazionale
In collaborazione con VoxEurop.