In attesa di un porto sicuro


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Più di 400 migranti sulla Ocean Viking, 12 donne incinta e molti bambini. L’Oim: «In Libia più di 2.000 persone ancora rinchiuse nei centri in condizioni atroci»


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Dodici donne incinte e bambini di tutte le età. I volontari di Sos Mediterranée e Msf se li passano di mano in mano nella notte trasferendoli dai gommoni di salvataggio fin sul ponte della Ocean Viking. Lentamente, con attenzione ma anche con fare fermo e deciso, per non mettere in pericolo la vita di nessuno. Ormai sono 407 i migranti salvati dalla nave che da giorni, un’operazione di soccorso dopo l’altra, percorre il Mediterraneo a «caccia» delle imbarcazioni partite dalla Libia.

Gli ultimi li hanno trovati nella notte tra domenica e lunedì, 102 migranti a bordo di un gommone a 80 miglia dal paese nordafricano. Poi, sempre nella stessa notte, altre 82 persone nella zona Sar (ricerca e salvataggio) maltese. Cinque operazioni notturne in meno di 72 ore, fanno sapere dalla Viking. «La situazione del Mediterraneo nel fine settimana ha ancora una volta mostrato una disperata necessità di capacità di ricerca e soccorso», dice il direttore delle operazioni di soccorso di Sos Med, Frederic Penard. «La Ocean Viking ha dovuto coprire centinaia di miglia per raggiungere diverse imbarcazioni in difficoltà. Mentre l’Europa dormiva – prosegue Penard – le barche che abbiamo trovato erano sovraffollate, quasi si rovesciavano o si rompevano dopo aver trascorso ore in mare senza assistenza».

Dopo un breve pausa le partenze dalla Libia sono adesso riprese numerose. Secondo Alarm Phone negli ultimi tre giorni almeno 13 imbarcazioni che hanno lasciato la Libia, con quasi 800 persone a bordo. Di queste 720 sono riuscite a raggiungere l’Europa, mentre le restanti probabilmente sono state intercettate dalla cosiddetta Guardia costiera libica che le ha ricondotte nei centri di detenzione dai quali erano fuggite. Sempre Alarm Phone ha detto di aver ricevuto in mattinata la richiesta di aiuto da parte di un gommone con 50 migranti in difficoltà al largo della Libia. «Abbiamo informato le autorità e sollecitato il soccorso senza avere risposta», ha spiegato l’organizzazione. «Le persone a bordo sono in preda al panico e devono essere salvate immediatamente».

«Più aumenta l’insicurezza nel Paese, più aumentano le partenze» spiega Federico Soda, responsabile in Libia per l’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Della tregua ventilata una settimana fa al termine della conferenza di Berlino non c’è traccia e, anzi, proprio l’Onu ha denunciato come le fazioni libiche rivali continuino ad essere rifornite di armi da Paesi stranieri, con aerei che scaricano negli aeroporti sia a est che a ovest del Paese «sistemi d’arma avanzati, veicoli blindati ma anche consiglieri militari e combattenti». Tra questi ultimi, secondo fonti stampa, ci sarebbero anche tremila miliziani siriani che Erdogan avrebbe fatto arrivare dalla Siria per difendere Tripoli.

In mezzo ai combattimenti, indifesi come sempre, i migranti, molti dei quali si trovavano nel Paese nordafricano per lavorare. «Circa il 75% dei 630 mila migranti che si trovano in Libia provengono da cinque nazioni: Egitto, Sudan, Ciad, Niger e Nigeria. A parte la Nigeria, si tratta di nazionalità non particolarmente presenti tra quanti arrivano in Italia», prosegue Soda. Un dato confermato anche dalle 13 mila interviste che l’Oim ha realizzato nel 2019: «Più del 50% delle persone ha dichiarato che stava lavorando e che svolgeva un’occupazione migliore di quella che aveva nel Paese di origine», prosegue Soda. La guerra ha stravolto anche le loro vite. «Per loro tornare nel Paese di origine è difficile perché non hanno documenti né risorse, ma anche perché il viaggio è pericoloso quanto quello di chi cerca di arrivare in Libia», conclude Soda. «Se non si affidano all’Oim per un rimpatrio volontario (dall’inizio dell’anno sono stati più di 200), per loro l’unica alternativa è dirigersi a nord, verso l’Europa».

Ancora più drammatica è, ovviamente, la situazione di coloro che si trovano nei centri di detenzione gestiti dal governo di Tripoli e che secondo quanto deciso a Berlino dovrebbero essere chiusi.

Nel frattempo per chi ha la sfortuna di trovarcisi continuano le violenze e le torture. Secondo l’Oim a oggi ci sarebbero tra i 2.200 e i 2.500 migranti che, spiega l’organizzazione, «vivono in condizioni atroci».

Carlo Lania

28 gennaio 2020

Il Manifesto

 

 

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