35 paesi in conflitto. Spese militari in aumento. La fotografia del mondo d’oggi
La redazione
Presentato ieri a Roma alla FNSI “L’Atlante delle guerre e dei conflitti”. Questa è la rassegna stampa.
Pacifisti: salgono le spese militari. Pochi soldi alla cooperazione
Atlante delle guerre. Sarà diffuso nelle scuole per informare sulla realtà dei conflitti in atto.
Rimettere le bandiere della pace sui balconi. E’ l’invito della Tavola della Pace e del cartello di associazioni che ieri ha presentato il calendario di iniziative fino alla marcia Perugia-Assisi (arrivata quest’anno al suo 50° anniversario) il prossimo 25 settembre, per rilanciare la cultura della pace. «Dobbiamo ricordare che l’Italia ripudia la guerra mentre in spregio della nostra Costituzione siamo un Paese in guerra, in Afghanistan e le armi italiane alimentano i conflitti nel mondo», dice il portavoce della Tavola, Flavio Lotti, presentando la seconda edizione dell’Atlante dei conflitti nel mondo. Quest’anno è un volume molto curato, edito da Terra Nuova, e sarà diffuso nelle scuole, con il contributo degli enti locali come le Province di Firenze e di Trento, la Regione Umbria. Raccoglie 35 schede, una in più della precedente edizione e vuole essere uno strumento per la comprensione della realtà, «una realtà sempre meno raccontata dai media»,denuncia il curatore Raffaele Crocco. Si raccontano solo i fatti, dice, senza partigianeria. «Perché i fatti da soli sono i grandi nemici dello spirito dei tempi, quello che punta sulla costruzione di una realtà fittizia e ammansita, oltre che delle oligarchie al comando», spiega Giuseppe Giulietti di Articolo 21. Inclusa una scheda su banche e export di armamenti.
I fatti sono – lo denuncia l’associazione Intersos in una lettera a tutti i parlamentari che entro la fine di febbraio dovranno approvare il decreto sul rifinanziamento delle missioni internazionali – che l’Italia spende sempre meno per la cooperazione allo sviluppo e sempre di più per missioni di forze armate e polizia. Agli aiuti vanno solo il 3,6% dei 754 milioni stanziati per il primo semestre 2011: cioè 27 milioni tra Afghanistan, Pakistan, Iraq, Libano, Sudan, Somalia, Myamar. Dal 2008 i fondi per la cooperazione sono diminuiti del 42% mentre sono aumentati del 50% quelli per le missioni militari, da 1 a 1,5 miliardi. Ma che cosa giustifica la presenza in Afghanistan di 4mila soldati italiani?, chiede Intersos ai parlamentari affinchè ne discutano almeno.
di Rachele Gonnelli
Fonte: l'Unità
26 gennaio 2011
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Guerre dimenticate? Arriva l'Atlante per gli "smemorati"
Mera casualità o scelta meditata , coincidenza vuole che proprio nel giorno in cui si vota alla Camera il rifinanziamento della missione italiana in Afghanistan, questa mattina, presso la sala stampa della FNSI, si sia invece parlato di guerre, e soprattutto di quelle dimenticate. Occasione? La presentazione del secondo volume dell’Atlante delle guerre, opera collettiva ideata e realizzata dall’associazione 46° parallelo, edita da Terra Nuova Edizioni. Opera corposa, non tanto nella pesantezza ( fisica) del testo corredato da immagini a colori e mappe dettagliate delle zone dei conflitti, quanto piuttosto nei contenuti, per lo più ignoti alla maggior parte del pubblico di lettori di giornali e, soprattutto, spettatori televisivi. E si, perché parlare di guerra continua ad essere una sorta di tabù per l’informazione italiana, non tanto una forma di censura, quanto piuttosto una mancanza reale di cultura, sottolinea Raffaele Crocco, direttore del volume e fra gli ideatori dello stesso. La mancanza di attenzione da parte dell’informazione italiana verso gli esteri è una patologia ormai conclamata, ancora più vera quando poi si tratta di raccontare di zone di guerra e di conflitti.
“Parlare di guerra, e farlo in un certo modo, viene bollato come semplice pacifismo e comunque sempre come argomento di sinistra, mentre si tratta di attenersi a un sano principio di realismo politico…” Afferma Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della pace, tra i promotori dell’Atlante.
Stando al lavoro condotto dagli autori dell’Atlante in questione, nel mondo sono in corso circa 35 conflitti,la maggior parte dei quali concentrati nel sud del pianeta, in zone dove abbonda la povertà, ma molte volte anche le materie prime, utili al mondo occidentale, oppure la cui posizione geografica risulta strategicamente interessante…
Raccontare di quei conflitti, dei soggetti coinvolti, delle zone interessate e delle loro caratteristiche significa tornare a fare informazione, sottolinea ancora Crocco. Gli autori delle schede relative ai diversi conflitti sono infatti tutti giornalisti, impegnati o presenti nelle diverse zone di guerra, profondi conoscitori dei singoli contesti. Un contributo di conoscenza e di divulgazione fatto in termini volontaristici, spiega ancora Crocco, mirato a far si che certi argomenti tornino ad essere parte di una riflessione comune e, perché no… arrivino anche all’interno delle scuole.
Argomenti che forse, sottolinea Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo21, meriterebbero maggiore spazio, per la serietà e l’importanza che rivestono, anche all’interno di rubriche di approfondimento nel servizio pubblico. “ Non si può più accettare per esempio che il dibattito sulla guerra sia stato annientato anche in Parlamento, dove ormai il voto per il rifinanziamento della missione in Afghanistan viene fatto con il pilota automatico…” per questo, annuncia Giulietti “ oggi voterò contro”.
Ma non è solo la guerra ad essere stata derubricata. L’italia, sottolineano i relatori, è n grande esportatore di armi collocandosi solo lo scorso anno al quinto posto nella classifica mondiale, eppure neanche questo sembra interessare minimante il dibattito pubblico. Molte, troppe volte la responsabilità grava sui media e sull’uso distorto delle parole. A questo fa riferimento l’intervento del presidente della FNSI Roberto Natale e del giornalista di Famiglia cristiana, Luciano Scalettari, tra gli ideatori del volume, che a sua volta insiste su un altro tema, oltremodo attuale: la presenza di immigrati provenienti anche da queste zone di guerra e di conflitto. Conoscere la realtà da cui provengono, sostiene Scalettari, contribuirebbe anche a ridimensionare la visione che l’opinione pubblica ha di queste persone e, soprattutto restituirebbe loro la dignità che meritano in quanto “persone” contribuendo a lasciar fuori termini come: clandestino, immigrato, rifugiato, profugo.. .
Ma l’Atlante delle guerre diventa anche l’occasione per promuovere le iniziative promosse dalla Tavola della Pace e ControllArmi in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia e del 50° anniversario della marcia della pace, lanciata per la prima volta da Aldo Capitini il 24 settembre del 1961. Dal sito www.perlapace.it è partito infatti l’appello a firmare una “dichiarazione di pace” corredato dall’invito ad appendere nuovamente a finestre e balconi l’ormai nota bandiera colorata, un appello che il portavoce di Articolo21 ha voluto rivolgere anche a tutti gli spazi virtuali del web ( siti, blog…)
Solo una prima tappa, appunta in preparazione alla 19esima edizione della marcia Perugia Assisi, il 25 settembre di quest’anno.
Di Bruna Iacopino
Fonte: Articolo21
25 gennaio 2011
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L’Afghanistan, naturalmente. Poi l’Iraq. Ovviamente Israele e la Palestina. Qualche Paese africano, probabilmente. E basta. Quello che arriva all’opinione pubblica sulle guerre in corso nel mondo, più o meno, è questo. La realtà, purtroppo, è ben diversa. I conflitti in corso sono almeno 35. In Africa, in Asia e in Medio Oriente. Ma anche in Europa e America Latina. Una geografia di dolore, morte e distruzione raccontata dall’Atlante delle guerre e dei conflitti nel mondo, presentato ieri dalla Tavola della pace, nel corso della campagna “L’Italia ripudia la guerra”, in vista dei 50 anni della Marcia Perugia-Assisi. L’atlante, giunto alla seconda edizione con una guerra in più rispetto all’anno scorso, è opera dell’Associazione 46° Parallelo in collaborazione con l’Associazione Ilaria Alpi e Terra Nuova Edizioni di Firenze. Raffaele Crocco, direttore e ideatore dell’opera, spiega che oggetto dell’analisi sono i Paesi colpiti da “situazioni di scontro armato tra Stati e popolazioni all’interno di un medesimo Paese. Includiamo anche i Paesi o i luoghi in cui esiste un latente conflitto, bloccato da una tregua garantita da forze di interposizione internazionali”. Bombardamenti aerei e carri armati, insomma, non sono indispensabili per rendere un inferno la vita di molte popolazioni.
“Ma ne parliamo solo quando muore un soldato italiano in Afghanistan – dice il coordinatore della Tavola della pace, Flavio Lotti – o solo di quelle in cui siamo coinvolti o sono in gioco i nostri interessi. Cosa sanno gli italiani delle guerre? Poco o nulla. E quel poco che sappiamo spesso è deformato da una massiccia serie di filtri e specchi che alterano la realtà. Eppure le guerre ci sono e ci coinvolgono pesantemente. E noi non possiamo permetterci di non sapere”. Responsabilità pesanti li hanno i mass media: “Basterebbe poco – insiste Lotti – come una Rai che facesse il suo mestiere di servizio pubblico, un po’ di attenzione dei tg, qualche inchiesta in prima serata, giornali che non si accontentino di una lettura superficiale degli eventi”.
Così ci si potrebbe ricordare – o scoprire – dei conflitti africani in Algeria, Ciad, Costa d’Avorio, Etiopia ed Eritrea, Guinea Bissau, Liberia, Nigeria, Repubblica centrafricana, Repubblica democratica del Congo, Sahara occidentale, Somalia, Sudan e Uganda. Delle tante guerre asiatiche: Afghanistan, Cina contro Tibet, Filippine, in India la guerriglia naxalita di Kashmir e Nord-Est, e poi Iraq, Kirghizistan, Thailandia, Timor Est, Turchia e Yemen. Conflitti anche in America Latina: la Colombia, contesa tra forze governative, Farc e narcos; Haiti tormentata prima che dal sisma dalle violenze del Fronte di resistenza dell’Artibonite che ha cacciato il presidente Aristide. C’è anche l’Europa, con le violenze in Cecenia, Cipro, Georgia, Kosovo e Paesi Baschi. Poi ci sono una dozzina di “situazioni limite”, guerre non ancora dichiarate o appena concluse, nella sezione “Inoltre”: Etiopia, Madagascar, Ecuador, Birmania, gli uighuri cinesi dello Zinjiang, le due Coree, Iran, Sri Lanka.
Quattro pagine per ogni nazione, più le sezioni dedicate alle missioni Onu, ai rifugiati, ai bambini soldato, alla lotta per il controllo sull’acqua. E sui canali di finanziamento dell’industria delle armi. Che in Italia vede coinvolti soprattutto Ubi Banca tramite la controllata Banca di Brescia con 1,2 miliardi di euro, Deutsche Bank e gruppo Bpn Paribas Bnl con 900 milioni ciascuna, poi Intesa Sanpaolo e Unicredit. “L’Italia è il quinto Paese produttore di armamenti bellici – ricorda Lotti – ma da cinque anni il primo esportatore mondiale per pistole e fucili”. Esportazioni non soggette al controllo della legge 185 del ’90 – 250 milioni di dollari nel 2009 – perché considerate non militari e che finiscono anche in Libia o Yemen. L’atlante – 209 pagine a colori di ampio formato – è in vendita a 20 euro nelle librerie o sui siti www.aamterranuova.it e www.atlanteguerre.it
Presentata a Roma la seconda edizione del volume che raccoglie, in 35 schede, le vicende dell'aggressività umana attualmente in corso. I pacifisti italiani chiedono che si rendano noti gli orrori e le motivazioni, anche le più nascoste.
Il rumore delle armi è soffocato, troppo lontano dalle nostre case. Nei telegiornali le immagini dei bambini soldato o dei corpi offesi dalle bombe durano pochi secondi, senza fissarsi nella memoria. Della guerra e del suo racconto resta poco: lo sforzo di una piccola parte della stampa, che cerca di ragionare sulle ragioni degli scontri, sugli interessi in palio, sulla motivazione delle parti. Per questo uno strumento di base come l'"Atlante delle guerre e dei conflitti" 1è prezioso. È un progetto allo stesso tempo umile e ambizioso, nato per riempire una lacuna e fornire una prospettiva per comprendere il presente.
Sono duecento pagine, 35 schede semplici e scorrevoli, per descrivere l'ultimo stadio dell'aggressività umana e sottolineare anche gli orrori dimenticati. A presentare la seconda edizione del volume curato da Raffaele Crocco c'era Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace 2: perché la comprensione dei conflitti è uno strumento in più per disinnescarli. A cinquant'anni dalla prima marcia Perugia-Assisi indetta da Aldo Capitini, i pacifisti italiani chiedono che sulla guerra si faccia più luce, che l'orrore sia riferito nei dettagli, che le motivazioni non siano nascoste.
La presentazione del volume e l'annuncio della prossima marcia, il 25 settembre, diventano insomma un appuntamento per ragionare sul lavoro dell'informazione, per sottolineare con fermezza le carenze del servizio pubblico Rai e soprattutto per ribadire che l'articolo 11 della Costituzione è ancora in vigore. Dice che l'Italia ripudia la guerra, argomenta Lotti, ed è un principio che resta vincolante. "Non si deve essere pacifisti per riconoscere che in Afghanistan c'è una guerra e noi ne prendiamo parte", dice Lotti, ricordando che l'articolo 11 troppo spesso viene ignorato. "L'Italia spende 23,5 miliardi in spese militari, e questo è insopportabile", aggiunge il coordinatore della Tavola.
E se alla fine, una volta comprese le guerre, si sceglie la pace, è meglio agire: magari, dice Lotti, aderendo all'appello della Tavola per tagliare le spese militari e investire la stessa cifra per rimettere in piedi l'Università o sostenere le famiglie, investire nei giovani e nell'ambiente.
di Giampaolo Cadalanu
Fonte: Repubblica.it, Mondo Solidale
25 gennaio 2011