L’odio contro i rom e l’emergenza abitativa
Luca Liverani
Dopo Torre Maura, a Casal Bruciato cacciata una famiglia rom assegnataria di una casa popolare. Il Rapporto 2019 dell’Associazione 21 luglio: in tutto 25 mila senza casa, il 45% sono italiani
Nonostante la famiglia assegnataria dell’appartamento abbia rinunciato per le minacce, a Roma CasaPound continua a presidiare con qualche residente via Cipriano Facchinetti a Casal Bruciato. La casa è stata sigillata dopo che, allontanata la famiglia, una ragazza madre aveva cercato di occuparla illegalmente. La polizia l’ha convinta prospettandole il rischio di denuncia. A sostenere la protesta anche Forza Nuova e Fratelli d’Italia. «Via gli zingari, la casa a italiani, non a stranieri», dicono alcuni residenti. Altri la pensano diversamente: «Nel presidio ci sono solo due abitanti del palazzo, gli altri sono venuti da altre zone, fomentano la protesta, non va bene», lamenta un’anziana.
Un altro fa notare: «Dite “prima gli italiani” e chi ne ha diritto, ma lo sono anche i rom che erano in graduatoria». «CasaPound non ci fa paura», ha detto la sindaca di Roma Virginia Raggi, riferendo che nella denuncia per minacce presentata dalla famiglia rom, «ha detto che li avrebbe bruciati vivi. Ed è paradossale che protesti chi occupa abusivamente un’intero stabile in centro» da anni, di proprietà del Mef. «Non ci arrendiamo alle proteste, offriremo un altro alloggio», ha detto la presidente del Municipio IV Roberta Della Casa (M5s).
Nella Giornata internazionale per i diritti dei rom, 8 aprile, l’Associazione 21 luglio presenta il Rapporto annuale 2018 I margini del margine, assieme ad Amnesty International che ha presentato un ricorso contro l’Italia al Comitato europeo per i diritti sociali, per le sistematiche e circostanziate violazioni a Roma, Milano, Napoli della Carta sociale europea, vincolante anche per il nostro Paese.
Dal dossier emergono le reali dimensioni di un fenomeno che è più contenuto di quanto spesso si pensi: in tutta Italia sono 25 mila i rom in emergenza abitativa. Un fenomeno affrontato con una ghettizzazione etnica che alimenta, se non provoca, un forte disagio sociale, frutto anche del disinteresse e di approcci errati e securitari dei governi nazionali e locali.
Sono 25 mila in tutta Italia in baraccopoli autorizzate e non. In Italia sono circa 25 mila persone di etnia rom che vivono sia in baraccopoli istituzionali (chiamati “campi sosta”, “campi rom”, “villaggi della solidarietà” dalle diverse amministrazioni comunali) che in baraccopoli informali, un unicum nel panorama italiano. In Italia se ne contano infatti 127, presenti in ben 74 Comuni. Al loro interno vivono circa 15 mila persone, più della metà sono minori, di cui circa 7.200 rom dell’ex Jugoslavia.
La percentuale di rom con cittadinanza italiana è vicina al 45%. Negli insediamenti informali e nei micro-insediamenti – solo a Roma quasi 300 – vivono invece 9.600 cittadini rumeni e, in minima parte, bulgari, perlopiù lavoratori stagionali, impegnati in un pendolarismo dalle città di origine al nostro Paese. In particolare a Roma, a fine del 2018 risultavano 6.030 rom e sinti in emergenza abitativa, pari allo 0,20% della popolazione romana, di cui 4.080 rom e sinti presenti in 16 insediamenti formali (compresivi dei “campi tollerati”); altri 1.300 rom nei circa 300 insediamenti informali; e 650 rom in un’occupazione monoetnica. Le più grandi baraccopoli informali sono in Campania. La città con più baraccopoli autorizzate, 16, è Roma. E la Capitale è anche la città con più insediamenti non autorizzati, circa 300, seguita dall’area metropolitana di Milano con 130.
Crescono gli sgomberi forzati: solo a Roma 40 nel 2018, costati 1,6 milioni. Nel 2016 le azioni di sgombero forzato, registrate sul territorio del Comune di Roma, erano state 28. Nel 2017 si era registrato un incremento del 18%, con un numero di sgomberi registrati pari a 33. Gli sgomberi forzati registrati nel 2018 da Associazione 21 luglio sono stati 40 con un incremento, rispetto all’anno precedente, del 21%. Secondo le osservazioni condotte anche sul campo da Associazione 21 luglio, si stima che i rom coinvolti nei 40 sgomberi forzati organizzati nell’anno 2018 siano stati in totale 1.300 per un costo complessivo di circa 1.640.000 euro. «L’Italia continua a non disporre di un chiaro quadro normativo – segnala il Rapporto 2018 – per quanto riguarda gli sgomberi degli insediamenti formali e informali, con la conseguenza che tali operazioni continuano a essere condotte in modo discrezionale dalle autorità locali, spesso in deroga alle tutele procedurali previste dal diritto internazionale, concretizzandosi in evidenti violazioni dei diritti umani». Non solo: «Gli sgomberi forzati, malgrado comportino un’elevata voce di spesa, non producano mai l’effetto di sanare l’inadeguatezza dell’alloggio, consolidando per le comunità coinvolte il circolo vizioso della povertà e dell’emarginazione>»
Scolarizzazione in calo nella Capitale, 940 iscritti ma 200 frequentanti Nel novembre 2018, sui 10 insediamenti presso i quali il Comune di Roma organizza il servizio di accompagnamento scolastico, risultavano iscritti alla scuola dell’obbligo 940 alunni, l’8% in meno rispetto all’anno precedente. L’insediamento che conta più iscritti è Castel Romano (252 alunni), quello con il numero minore Salviati 2 (14 alunni). Dati che si riferiscono esclusivamente ai minori rom iscritti e non quelli realmente frequentanti con regolarità. Questi ultimi, considerando i dati degli anni precedenti, non dovrebbero superare il 20% degli iscritti. Potrebbero essere meno di 200 i bambini rom che a Roma hanno una frequenza regolare.
Di fronte al perdurante scandalo della situazione abitativa dei rom in Italia, Amnesty International ha deciso di presentare per la prima volta un ricorso al Comitato europeo dei diritti sociali. Elaborato sulla base di anni di ricerche, soprattutto a Roma, Milano e Napoli, il ricorso presenta prove circostanziate di violazioni della Carta sociale europea, vincolante per l’Italia, tra cui i diffusi sgomberi forzati, il continuo uso di campi segregati con condizioni abitative al di sotto degli standard e il mancato accesso secondo criteri di uguaglianza all’edilizia sociale. Le condizioni abitative inadeguate in cui si trovano migliaia di rom in Italia comprendono l’assenza di infrastrutture e servizi di base come l’accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari, riscaldamento ed energia elettrica. Prive di un titolo di possesso dell’alloggio, persino nei campi autorizzati, queste persone restano a rischio di sgomberi forzati, frequentemente eseguiti. Le autorità locali continuano a perpetuare la segregazione trasferendo i rom in altri campi, spesso considerati come l’unica soluzione abitativa per famiglie rom che non sono in grado di mantenersi autonomamente. Questa situazione è esacerbata dalla loro esclusione di fatto dall’accesso all’edilizia sociale in molte città.
Discorsi d’odio: 9 su 10 arrivano dalla politica Il Rapporto annuale segnala che «più dell’89% dei discorsi d’odio nascono dai politici. I politici e il loro linguaggio – ha detto il presidente – hanno responsabilità enormi e soprattutto la politica non può essere un argine a questa deriva pericolosa”. Nel 2018 l’Osservatorio 21 luglio ha registrato un totale di 125 episodi di discorsi d’odio nei confronti di rom e sinti, di cui 38 (il 30,4% del totale) sono stati classificati di una certa gravità. La media giornaliera è di 0,34 episodi al giorno, mentre se si isolano esclusivamente episodi ritenuti di una certa gravità (incitamento all’odio e/o alla discriminazione) questa si attesta su 0,10 episodi al giorno. L’Associazione 21 luglio, teme inoltre che si possa ripetere “lo stato di emergenza nomadi” proclamato in passato da Berlusconi poiché “le premesse ci sono tutte”.
Carlo Stasolla (Associazione 21 luglio): un flop il “Piano Rom” della Raggi «Leggendo le azioni del “Piano rom” presentato dalla sindaca Virginia Raggi il 31 maggio 2017 – commenta Carlo Stasolla – vediamo rafforzata sempre più la convinzione che, se resterà immutato, non potrà sicuramente portare a quei risultati auspicati in linea con quanto fissato dalla Strategia Nazionale per l’Inclusione dei rom». Il presidente della 21 luglio cita «il tentativo, fallito, di superamento del Camping River, conclusosi con lo sgombero forzato il 26 luglio 2018; l’impegno mai realizzato di iniziare la chiusura dell’insediamento di Castel Romano, il tortuoso percorso di chiusura dei “campi” di La Barbuta e Monachina». E segnala come «tra le prime azioni del 2019, c’è la realizzazione di “centri di raccolta rom”, sistema già ideato dal sindaco Gianni Alemanno e smantellato da Mafia Capitale, che in barba al rispetto dei diritti umani, crea ghetti monoetnici che nulla hanno a che vedere con fenomeni di inclusione». Le conseguenze? «Malcontenti e tensioni che, laddove strumentalizzati, possa portare ad episodi simili a quelli registrati nei giorni scorsi a Torre Maura». Il Rapporto segnala anche «le drammatiche conseguenze del cosiddetto “Decreto Salvini” che getterà nell’irregolarità circa 1.000 rom presenti negli insediamenti romani da almeno 30 anni. Dunque il superamento dei campi rom per il presidente dell’Associazione 21 luglio «rappresenta la sfida più grande che ci attende nei prossimi anni e che oggi, alla luce di scelte coraggiose e lungimiranti di alcuni amministratori locali (come già a Moncalieri, Sesto Fiorentino, Palermo, ndr) possiamo ritenere possibile, soprattutto, l’unica via percorribile. Urgente è mettere da parte proclami e minacce bellicose e dare spazio ad azioni di lungo respiro».
Elisa De Pieri, ricercatrice di Amnesty International «Le condizioni abitative di migliaia di rom in Italia sono una scandalosa violazione dei diritti umani – afferma la ricercatrice dell’ufficio regionale per l’Europa di Amnesty International – cui nessuna amministrazione locale o nazionale si è presa la responsabilità di porre termine». Mancano proposte legislative e politiche inclusive, accompagnate da risorse adeguate, che pongano rimedio alle condizioni di grave deprivazione socio-abitativa di questa comunità. Amensty ha documentato per quasi un decennio continui sgomberi forzati, segregazione abitativa in alloggi inadeguati e discriminazioni nell’accesso dei rom agli alloggi popolari, a Roma, ma anche a Milano e Napoli: «È assolutamente necessario un cambio di passo per consentire a queste famiglie di accedere in condizioni di eguaglianza a un alloggio adeguato e non discriminatorio». Amensty International ha presentato un reclamo al Comitato europeo dei diritti sociali, «che ci auguriamo chiami a rispondere le autorità italiane delle continue violazioni che i rom subiscono sul territorio. Ma ci auguriamo soprattutto che la pressione di questa procedura contribuisca a innescare un processo di ripensamento delle condizioni abitative dei rom».
Luca Liverani
Avvenire
martedì 9 aprile 2019