Rivolta contro la tassa sulla solidarietà
la Repubblica
Cresce la protesta sul raddoppio dell’aliquota Ires per le organizzazioni non profit. La Comunità di Sant’Egidio, che a Natale ha offerto 60mila pasti ai poveri: un tradimento
“Quella tassa è una vergogna, una patrimoniale sulla solidarietà. Il conto lo pagheranno i più poveri” Sono queste le parole che rimbalzano nel mondo del volontariato. Ogni giorno che passa si allarga la protesta contro la norma nel maxiemendamento che cancella l’Ires agevolata (portandola dall’attuale 12% al 24%) per istituti di assistenza sociale, fondazioni, enti ospedalieri, istituti di istruzione senza scopo di lucro. E che prevede un esborso di circa 120 milioni per il terzo settore.
“La Camera dovrebbe ripensarci. Tante attività così non saranno più sostenibili. Temo che si sia sottovalutato l’impatto di questa norma, una sorta di patrimoniale” dice la portavoce del Forum del Terzo Settore Claudia Fiaschi. La decisione del governo tocca 6.220 tra enti, istituti e associazioni: dalla Croce Rossa ai centri di ricerca come l’Ieo e Humanitas, dal don Gnocchi alle federazioni dei disabili, dalle Misericordie alle scuole cattoliche alle piccole onlus che rischiano di finire in ginocchio. Un pezzo importantissimo del mondo dell’impegno a favore dei più bisognosi, fatto da laici e religiosi, che ora – tutti insieme – chiedono al governo un ripensamento. Netto.
“Il paese è in crisi e così si aggrava la situazione. Che senso ha cercare le risorse per il sociale prendendole dal mondo della solidarietà che già le mette a disposizione degli ultimi?”, si domanda Luciano Gualzetti della Caritas Ambrosiana che con cinquemila volontari si occupa di 50mila bisognosi. “È brutto questo clima di sospetto, questa idea che c’è chi lucra sulla solidarietà: così si finisce a punire chi se ne occupa in modo trasparente, e soprattutto i meno fortunati”.
“Una norma ingiusta, rischia di far sentire traditi dalle istituzioni migliaia di volontari”, dice Roberto Zuccolini portavoce della Comunità di Sant’Egidio che ha messo a tavola il giorno di natale 60mila tra bisognosi e operatori. “Davanti alla crescente povertà è giusto che lo stato intervenga ma stando accanto a chi già aiuta. Questo provvedimento invece va nella direzione opposta”.
A dare un’idea di quello che rischia di accadere è Luca Degani, presidente Uneba (raccoglie 350 fondazioni per servizi ai minori, anziani e disabili). “Una realtà come la Girola che con i proventi degli immobili ogni anno garantisce 150 borse di studio per orfani, vedendosi raddoppiare la tassazione da 200mila a 400mila euro, sarà costretta a tagliare: 50 ragazzi non avranno gli studi pagati e un futuro diverso.
La Restelli di Rho che gestisce assistenza domiciliare per anziani, ad esempio, avrà 60mila euro in meno da spendere, significa meno assistenza per tutti. E l’associazione Arca che tra le altre attività garantisce 3mila pasti al giorno non potrà più farlo”.
E se dal mondo legato alla Chiesa il no all’emendamento è secco, ancor più dure sono state le parole di Giuseppe Guzzetti presidente dell’Acri e di fondazione Cariplo: “Così rubano il futuro ai bambini, con la tassa il settore non profit diminuisce l’attività e chi ne pagherà il conto saranno i più deboli”.
Repubblica.it
27 dicembre 2018