Un figlio clandestino, ma non lo mando via da casa!


La redazione


Il direttore della Caritas di Rimini da anni accoglie un senegalese: “Lavora e studia, senza il permesso umanitario sarebbe costretto a tornare indietro”


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Mario Galasso insieme alla moglie Laura e a Mamadou alla Marcia PerugiAssisi del 2016 – Foto di Roberto Brancolini

 
RIMINI. «Avremo un figlio clandestino, ma sempre figlio è, non lo mandiamo certo fuori di casa». Mario Galasso è il direttore della Caritas e gli effetti del “Decreto Sicurezza” li vive al “lavoro” e li tocca con mano anche in famiglia.

Da tempo ha accolto Mamadou Diouf, un giovane senegalese giunto in Italia a bordo di un gommone e rischiando la vita. Oggi ha un’occupazione e studia, lo attende l’esame di maturità, ma per avere il permesso di lavoro serve il passaporto. Dovrebbe andare in Senegal, ma se torna, addio Italia, il lasciapassare per motivi umanitari è stato cancellato.

 

Il viaggio della speranza

Mamadou è arrivato in Italia a 19 anni, ne compie 23 fra pochi giorni: il 10 dicembre. Viene dal Senegal e quando decide di partire, attraversa Mali, Burkina Faso e Niger. Dopo quattro mesi trascorsi a Tripoli riesce a imbarcarsi per l’Italia. Sbarca in Sicilia. Poi Bologna, Torre Pedrera e Miramare. «Trentacinque di quei ragazzi – ricorda Galasso – sono stati i primi richiedenti asilo, accolti dalla cooperativa Cad, della quale ero coordinatore prima della Caritas. Durante quel viaggio Mamadou ha rischiato di morire. Erano in 107 su un gommone che si stava lentamente sgonfiando. Così per salvarsi si sono spogliati gettando i vestiti in mare, fino a rimanere in mutande: una nave italiana li ha salvati proprio quando erano allo stremo delle forze, fosse arrivata qualche istante dopo non ce l’avrebbero fatta».

Oggi Mamadou è di fatto il terzo figlio della famiglia Galasso. «Ascoltavo gli appelli all’accoglienza del Papa e insieme a mia moglie e ai nostri due ragazzi, abbiamo deciso che almeno un giovane lo potevamo aiutare. Ed eccoci qua».

L’integrazione

Mamadou frequenta la scuola Alberghiera serale. «Lavora per lunghi periodi ed è quindi nelle condizioni di richiedere il permesso di lavoro, ma gli serve il passaporto e per averlo dovrebbe tornare in Senegal perché all’anagrafe del suo villaggio quando era piccolo è stato commesso un errore. Ma se parte poi non può più tornare, non ha i documenti e il permesso umanitario viene cancellato dal Decreto Sicurezza: gli è scaduto in agosto, ha presentato domanda, non gli è stato rinnovato e adesso non sarà più possibile, non esiste più».

Ecco, il rischio sollevato da molte associazioni umanitarie: profughi che senza permesso diventeranno invisibili. «Queste persone hanno investito tutto quello che avevano, le famiglie si sono indebitate, hanno rischiato la vita nella speranza di riuscire a vivere. Se anche non gli dai il permesso, non tornano a casa loro per morire di fame. In breve tempo saremo pieni di clandestini, troveranno lavoro al mercato nero e il Decreto Sicurezza creerà insicurezza. Già ora in Caritas si nota un aumento di persone straniere che vengono a chiedere aiuto».

Galasso e la sua famiglia, però, non hanno intenzione di allontanare Mamadou. Neppure quando diventerà clandestino. «È una promessa dell’atletica. Chi lo segue dice che se continua con questa progressione, nel giro di un anno è in grado di stabilire i record senegalesi sui 5mila e 10mila metri. Frequenta il “Malatesta” e deve sostenere la maturità. Nel giro di quattro anni Mamadou è passato da un villaggio africano a Pirandello e Foscolo. Noi fuori casa non lo mandiamo».

Corriere Romagna

4 dicembre 2018

 

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