Nuovo massacro in Siria, nell’ignavia e nell’indignazione ipocrita
La redazione
L’umanità in Siria è morta da tempo. Ma ogni attacco conferma che ormai la popolazione civile coinvolta nei raid aerei non è più un ‘effetto collaterale’.
L’umanità in Siria è morta da tempo. Ma ogni attacco conferma che ormai la popolazione civile coinvolta nei raid aerei non è più un ‘effetto collaterale’. Sia le 39 vittime dell’esplosione oggi di un deposito di armi nella provincia di Idlib, ricavato in un edificio residenziale di Sarmada (completamente distrutto come si può vedere dalla foto, credit: Afp/Alaa Fetravi / Anadolu Agency) che i 53 civili, tra cui 28 bambini, rimasti uccisi nei bombardamenti che ieri sera hanno colpito diverse zone controllate dai ribelli nel Nord del Paese, erano veri e propri obiettivi. Oltre ai morti, centinaia di feriti gravi che fanno temere un bilancio ancora più alto.
L’Osservatorio siriano per i diritti umani fa sapere che si sta ancora scavando e che il numero dei corpi rinvenuti senza vita sotto le macerie aumenta di ora in ora. Il direttore dell’ong, Rami Abdel Rahman, ha inoltre raccontato alla France Press che nella sola località di Orum al-Kubra, nell’Ovest della provincia di Aleppo, i raid hanno ucciso altri 41 civili, tra cui 25 minori. Il numero di morti più alto nei territori ribelli della provincia di Aleppo di tutto il 2018.
Il ricordo va inevitabilmente al precedente massacro, l’attacco con armi chimiche che causò la morte di 60 persone a Khan Sheikhua, sempre nel governatorato di Idlib.
Le immagini di quell’eccidio, le tracce e le lesioni trovate suicorpi, più agghiaccianti che mai, furono la prova inconfutabile che un nuovo, ennesimo, crimine contro l’umanità in questo Paese dilaniato dalla guerra che ha causato 470 mila vittime, era stato compiuto.
Denunciamo da tempo che la vicenda siriana si trascina, a causa della difficolta di affrontare la situazione, in un contesto di inadeguatezza e, soprattutto, inazione.
Non abbiamo fatto in tempo a dimenticare l’assedio di Aleppo che le immagini dei civili in fuga dal nuovo fronte siriano ancora una volta hanno risvegliato ipocritamente l’indignazione globale. Eppure l’immobilismo e lo stesso. Quell’ atteggiamento di ignavia che ha lasciato ampio margine al governo di
Assad di lavorare contro l’interesse della pace metendo in campo nuove ciniche azioni che
tutto hanno tranne il profilo della responsabilità di proteggere il popolo siriano, la sua gente.
Anzi. Se le accuse rivolte a Bashar dell’uso, ancora una volta, di armi chimiche saranno suffragate da prove la comunità internazionale perderà definitivamente la faccia.
Le immagini atroci che ci arrivano da Idlib non solo sollecitano urgentemente una presenza europea, che oggi condanna come mai prima quanto avvenuto nelle ultime ore, ma un intervento diplomatico forte, autorevole, che con una voce univoca riesca a tracciare un percorso che porti al più presto alla fine della guerra civile, tutelando i civili.
E ciò non può prescindere dal deferimento alla Corte penale internazionale dei responsabili di tutti i crimini contro l’umanità commessi nel conflitto siriano.
Ma a leggere le dichiarazioni contraddittorie di esponenti autorevoli degli Stati Uniti, uno dei Paesi che possono davvero determinare le sorti della Siria, questo percorso appare ben lontano dall’essere intrapreso.
E intanto i massacri continuano.
Non si può rimanere in silenzio di fronte a tutto questo.
Ancora una volta rilanciamo l’appello delle organizzazioni umanitarie, come Unicef, alla Comunità internazionale affinché intervenga concretamente e subito per fermare i raid sulla popolazione civile o sarà complice di quanto ancora accade in Siria.