Accoglienza, bocciati i bandi delle Prefetture


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Una ricerca dell’associazione “In Migrazione” ha analizzato cento bandi per la gestione dei Centri di accoglienza straordinaria: solo 16 hanno raggiunto la sufficienza. Troppi i centri di grandi dimensioni e gestiti con logica assistenzialistica


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CAS

Soltanto 16 bandi di gara indetti dalle Prefetture per l’apertura e la gestione dei Centri di accoglienza straordinaria (Cas) hanno raggiunto la sufficienza, mentre 64 risultano carenti e 21 “molto carenti”. È quanto emerge dalla ricerca “Straordinaria accoglienza” curata dall’associazione “In Migrazione” che ha preso in esame i bandi di gara pubblicati da 101 Prefetture italiane per l’attivazione di 178.338 posti per ospitare richiedenti asilo nei Cas di tutta Italia. Inoltre, le gare d’appalto sono mediamente caratterizzate da forti ritardi burocratici nell’espletamento delle procedure: la ricerca ha riscontrato più di 5mila giorni di ritardo tra la data prevista di avvio dei servizi e l’aggiudicazione delle gare d’appalto. Con una media di ritardo per Prefettura di quasi due mesi. Ritardi che pesano sulle casse dello Stato e che rendono troppo spesso necessarie proroghe tecniche delle passate aggiudicazioni.

“La scelta inedita di analizzare il sistema di prima accoglienza partendo dai bandi pubblici nasce dalla convinzione che nei capitolati e nei disciplinari delle gare ci deve essere l’anima dei CAS-ha spiegato Simone Andreotti, presidente di In Migrazione durante la presentazione del rapporto questa mattina a Roma-. È nei bandi che si trovano le regole del gioco per i gestori privati, che più sono definite e tanto più accrescono l’efficacia dei controlli e, in caso d’inadempienza, la possibilità di applicare penali o rescindere convenzioni”.

Nel periodo compreso tra il 30 maggio e il 15 giugno 2018 sono stati analizzati tutti gli ultimi bandi di gara e le procedure pubbliche d’appalto che 101 Prefetture hanno pubblicato per “l’affidamento dei servizi di accoglienza e dei servizi connessi ai cittadini stranieri richiedenti asilo presso strutture temporanee” per un totale di 173.338 posti e circa 2 miliardi di euro di fondi pubblici impegnati. Per ciascun bando sono stati presi in esame diversi aspetti, raggruppati in quattro macro-aree: incentivi ad aprire strutture di piccole dimensioni; quantità e qualità dei servizi alla persona e per l’integrazione; professionalità, esperienza e formazione specialistica del personale; valutazione della proposta complessiva di gestione e metodologica.

Valutazione positiva per i bandi pubblicati dalle prefetture di Rieti, Siena e Ravenna che tra i criteri previsti hanno valorizzato  l’accoglienza diffusa (ad esempio mettendo un limite massimo di 25-30 ospiti per centro), hanno chiesto puntuali ed efficaci servizi per la positiva gestione del tempo libero degli ospiti, valorizzato la necessità di mettere in campo personale specializzato e dettagliato con precisione i servizi alla persona e per l’integrazione minimi da garantire. “Esempi virtuosi che dovrebbero rappresentare un ineludibile spunto per il ministero dell’Interno -si legge nel report- al fine di sostenere le Prefetture nell’uniformare e migliorare le gare d’appalto e, di conseguenza, la qualità dei Cas sul territorio”.

Al contrario i bandi pubblicati dalle Prefetture di Cosenza, Crotone e Firenze sono quelli che presentano le maggiori carenze. Dove i servizi vengono semplicemente enunciati e non quantificati e senza descrizione delle modalità di erogazione, dove non viene indicato un numero massimo di posti letto per struttura. Le criticità, però, sono diffuse da Nord a Sud. Fatta salva la regione Umbria (dove i bandi pubblicati dalle Prefetture di Terni e Perugia hanno ottenuto un giudizio “buono”), soltanto in Friuli Venezia Giulia, in Basilicata e nel Lazio la percentuale di bandi che ha ottenuto un giudizio positivo supera il 40%.

Una delle principali criticità evidenziate nella ricerca sono le dimensioni delle strutture. Soltanto in poco più di 1 gara di appalto su 4 viene stabilito un limite inferiore ai 60 ospiti per centro di accoglienza. Nel 68% dei casi, invece viene data la possibilità di aprire Centri con una capacità ricettiva tra gli 80 e i 300 utenti (in alcuni casi anche superiore). Si tratta di un elemento fondamentale per la qualità dell’accoglienza, sia per quanto riguarda la qualità dei servizi, sia per la costruzione di un positivo rapporto con la comunità ospitante.

Oltre il 60% dei bandi non raggiunge la sufficienza per quanto riguarda le voci relative alla quantità e alla qualità dei servizi alla persona e per l’integrazione. Sono in particolare l’orientamento e il supporto legale per la domanda di protezione internazionale (negativa valutazione in 89 bandi su 101), l’insegnamento dell’italiano L2 (83/101) e la mediazione linguistica e culturale (76/101), i servizi su cui è stata rilevata una maggiore e preoccupante carenza. Carente anche la situazione per i servizi connessi al lavoro, al volontariato e alla positiva gestione del tempo (solo il 49% positivo) e i servizi di assistenza psicologica e sociale (57% negativo).

“La qualità e la quantità dei servizi alla persona e per l’integrazione garantiti ai richiedenti asilo nei CAS –sottolinea Andreotti- sono lo spartiacque tra strutture gestite con una logica assistenzialista, dove le persone accolte restano in uno stato di inattività e passività, e strutture dove la proposta di gestione positiva progettuale del tempo sostiene gli ospiti nel percorso per la riconquista di un’autonomia nel nostro Paese all’insegna della legalità”.

Gli importi a base d’asta sono molto diversi tra le varie prefetture. La media si attesta attorno ai “famosi” 35 euro a testa al giorno, con picchi di 42,86 euro a Isernia e 30 euro a Lecce. “È evidente come un pro die pro capite più alto, se legato a un buon bando di appalto, può diventare sinonimo di qualità dell’accoglienza”, si legge nella ricerca. Che evidenzia anche come la buona gestione dei centri di accoglienza possa avere anche ricadute positive sull’economia del territorio: “InMigrazione” stima ricadute positive pari a circa un miliardo di euro per la creazione di nuovi posti di lavoro (circa 36mila), cui si aggiunge un altro miliardo per l’indotto. Al contrario, una cattiva gestione può portare i gestori a usare i fondi ricevuti come mero profitto personale, piuttosto che spenderli per i servizi.

“Il vero risparmio -conclude Andreotti- si fa migliorando l’Accoglienza Straordinaria e non abbassando il pro-die pro capite dei famosi 35 Euro per finanziare i Centri. Un importo troppo basso non può che abbassare il livello qualitativo, per effetto del necessario taglio dei servizi per l’integrazione e porterebbe a stimolare ancora una volta strutture di grandi dimensioni, che in virtù delle economie di scala possono arrivare ad una sostenibilità economica”.

Nelle sue conclusioni, il rapporto di “In Migrazione” sottolinea la necessità di mettere in campo un sistema di prima accoglienza “efficace, razionale e di qualità” dei Centri di accoglienza straordinaria. Per costruire questo percorso occorre potenziare gli strumenti delle Prefetture per gestire meglio l’accoglienza; stimolare l’apertura di piccoli centri; ridefinire i servizi minimi da garantire nei Cas, le dotazioni minime di personale e i criteri di valutazione delle offerte tecniche dei bandi a partire dalle realtà più virtuose, abbandonando il modello dei grandi centri governativi (Cara). Da ultimo, la ricerca di “In Migrazione” suggerisce di abbandonare definitivamente i 35 euro al giorno per persona “al fine di scoraggiare e rendere non più economicamente conveniente l’apertura di strutture di grandi dimensioni”. Si chiede quindi di prevedere uno stanziamento pro die pro capite diversificato in base alle dimensioni del centro: più alto per chi propone di aprire un progetto di accoglienza diffusa in appartamenti, inferiore ai 35 euro se ci si propone di aprire una struttura più grande.

Altreconomia

11 luglio 2018

 

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