Preghiera comune per la pace in Medio Oriente
Avvenire
Sabato 7 luglio per la prima volta Papa Francesco prega insieme a tutti i Patriarchi e i capi delle Chiese d’Oriente.
«Un gesto profetico forte nella sua essenzialità, in una città simbolo di apertura verso l’Oriente». Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali e Kurt Koch, presidente del Pontificio consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani hanno presentato in Sala Stampa l’importanza della «giornata di riflessione e preghiera» per la pace in Medio Oriente che il prossimo 7 luglio riunirà a Bari papa Francesco insieme con i capi delle Chiese e delle comunità cristiane disseminate in questa regione devastata dalla violenza e dalle guerre. Una preghiera comune per la pace sull’antica tomba di san Nicola, che nella venerazione riunisce cattolici e ortodossi, ha in sé una grande valenza ecumenica ed è un evento che certamente non ha precedenti nella storia dell’ecumenismo. Per la prima volta, infatti, il Vescovo di Roma, già «Patriarca d’Occidente» – fino al 2006, quando quel titolo antico tributato al Papa è stato soppresso da Benedetto XVI – ha convocato un incontro di preghiera a cui sono stati chiamati anche tutti i Patriarchi e i capi delle Chiese d’Oriente che in tempi diversi, a partire dal Concilio di Efeso nel 431, avevano vissuto la rottura della piena comunione con la Chiesa di Roma.
Ma l’idea di un incontro come quello che si terrà sabato prossimo a Bari non è spuntato improvvisamente, viene da lontano e viene da più voci: in questi anni diverse Chiese o Patriarchi l’hanno rivolta direttamente a papa Francesco nel corso delle loro visite a Roma. Dalla Chiesa caldea e quell’assira d’Oriente a quella maronita con l’appello trasmesso nel febbraio 2016 dal Patriarca maronita Béchara Boutros Raï a nome degli altri patriarchi cattolici del Medio Oriente e con l’approvazione e la disponibilità ad intervenire anche di alcuni capi di Chiese non cattoliche della stessa regione. «È nota a tutti l’attenzione che, nel solco dei suoi predecessori, papa Francesco ha riservato all’Oriente e alle Chiese sorelle sin dall’inizio del suo Pontificato» ha detto il cardinale Sandri. Il Medio Oriente, terra delle origini, è del resto anche una delle regioni del mondo in cui la situazione dei cristiani è più precaria.
A causa delle guerre – ha affermato il cardinale Koch – la percentuale dei cristiani è diminuita drasticamente, attualmente rappresentano solo il 4 per cento. «I cristiani rimarranno nella regione solo se la pace sarà ristabilita – ha quindi aggiunto il presidente del Pontificio consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani – ecco perché fin dall’inizio della crisi, la Chiesa cattolica ha instancabilmente chiesto il ripristino della pace, soprattutto attraverso la ricerca di una soluzione politica».
Quali saranno dunque i motivi che saranno al centro della riflessione? Per il cardinale Koch il primo auspicio di riflessione riguarda proprio l’emorragia di cristiani da queste terre. «Non è possibile immaginare un Medio Oriente senza cristiani: questo non solo per ragioni religiosi, ma anche per ragioni politiche e sociali, perché i cristiani sono un elemento essenziale di equilibrio della regione«. C’è poi per per Koch un altro motivo da considerare: la necessità di proteggere i diritti di ogni persona e di ogni minoranza e l’urgente necessità di proseguire il dialogo interreligioso, tanto più necessario quanto più difficile è la situazione.
Riguardo alla presenza dei patriarchi delle Chiese Orientali cattoliche del Medio Oriente, saranno presenti tutti (copto, siro, maronita, caldeo, armeno) eccetto il Melkita che sarà rappresentato dal Metropolita di Aleppo, e l’Amministratore Apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme. Tra i capi delle Chiese ortodosse mancherà il patriarca greco-ortodosso di Antiochia. Anche la Chiesa ortodossa di Mosca ha inviato il suo rappresentante nel patriarca Hilarion.
L’evento – come ha spiegato il cardinale Sandri – si comporrà di due momenti: la preghiera sul lungomare insieme ai fedeli che vorranno partecipare di persona o in diretta televisiva, e il momento a porte chiuse di riflessione e ascolto reciproco tra il Papa e i capi delle Chiese e comunità ecclesiali del Medio Oriente, dove ciascuno potrà portare il proprio punto di vista, osservazioni e proposte.
La relazione introduttiva a questo momento di riflessione è stata affidata a Pierbattista Pizzaballa, Amministratore Apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme, a cui seguiranno interventi liberi. È inoltre previsto che il Papa rivolga una parola all’inizio della preghiera pubblica e al termine dell’incontro, quando riaperte le porte della Basilica di San Nicola, il Vescovo di Roma e gli altri presenti si recheranno sul sagrato. Fin dall’annuncio dell’incontro lo scorso 25 aprile, papa Francesco aveva chiesto di preparare e accompagnare con la preghiera l’evento del 7 luglio, appello rinnovato all’Angelus di domenica 1° luglio. Le diocesi italiane attraverso il cardinale Bassetti e quelle europee, attraverso il cardinale Bagnasco, sono state invitate ad una particolare sensibilizzazione nelle parrocchie, e per l’Italia è stato inviato uno schema di testi e preghiere.
Avvenire
4 luglio 2018