Israele chiude le porte ai profughi siriani


Michele Giorgio


120mila persone in fuga dalle zone intorno a Deraa. Stanno ricevendo aiuti ma ne Israele ne la Giordania aprono i confini.


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Deraa

Aiutiamoli a casa loro. Israele segue le orme di Matteo Salvini e fa sapere che mandarà altri aiuti agli sfollati di Deraa e di altri centri abitati del sud della Siria coinvolti nei combattimenti tra l’esercito siriano e le formazioni jihadiste, ma non ne accoglierà alcuno nel proprio territorio. E a metterlo in chiaro è stato il ministro della difesa Lieberman. «Seguiamo da vicino la situazione nella Siria meridionale» ha scritto ieri Lieberman in un tweet «saremo disposti ad offrire ogni aiuto umanitario per i civili, le donne e i bambini. Ma non accoglieremo alcun profugo nel nostro territorio». Parole che mettono a tacere le poche voci che si erano levate a sostegno dell’accoglienza, in particolare quella del deputato druso Saleh Salah che aveva chiesto l’allestimento di un campo di tende sulle Alture del Golan, che, peraltro, è un territorio siriano che Israele ha occupato nel 1967 e che poi si è annesso unilateralmente.

Sarebbero 120mila i civili siriani in fuga dai bombardamenti e dai combattimenti tra governativi e jihadisti che si concentrano soprattutto intorno a Deraa, capoluogo della Siria meridionale e roccaforte dell’opposizione islamista. Giovedì notte l’esercito israeliano ha inviato da quattro punti diversi delle linee di demarcazione con la Siria 300 tende, 13 tonnellate di cibo, 15 tonnellate di alimenti per l’infanzia, attrezzature mediche, medicinali, vestiti e scarpe. Aiuti che poi sono stati trasferiti – non si è capito bene da chi – nei campi profughi siriani a ridosso del Golan che ospitano migliaia di siriani in condizioni precarie, senza accesso ad acqua, elettricità, cibo. Ma gli aiuti umanitari non bastano a chi scappa da combattimenti violenti. L’unico modo per garantire protezione ai civili in fuga è quello di farli entrare almeno sul versante del Golan controllato da Israele. E il popolo ebraico, in ragione della sua storia, dovrebbe sapere meglio di altri quanto è importante che sia offerto un rifugio sicuro a chi fugge dalla guerra e dalla morte. Invece un portavoce dell’esercito israeliano ha subito chiarito che non sarà consentito ai siriani di oltrepassare le linee tra i due paesi. Posizione poi confermata dal tweet di Lieberman, sostenitore peraltro delle politiche del governo di espulsione dei migranti e richiedenti asilo africani nel paese.

Israele che. come hanno documentato in passato anche gli osservatori dell’Onu, ha avuto contatti con le formazioni islamiste che operano nel sud della Siria, ha scelto la stessa linea della Giordania che qualche giorno fa ha annunciato la chiusura della sua frontiera nord dove si sono ammassati migliaia di siriani. Il ministro degli esteri giordano, Ayman Safadi, è stato perentorio quando ha affermato che ‎«la Giordania non è in grado di ospitare altri rifugiati‎» perché il suo paese già «ospita 1,3 milioni di profughi siriani‎». Sui social tuttavia tanti giordani hanno contestato le sue parole e lanciato la campagna ‎«Aprite i confini‎» per dare accoglienza ai siriani nonostante le difficoltà economiche del Paese attraversato questo mese da proteste popolari contro il governo.

Intanto è entrata in vigore a Deraa una tregua di 12 ore dopo che i gruppi jihadisti hanno raggiunto un accordo con i russi che  l’aviazione appoggiano l’offensiva dell’esercito siriano. Mosca ha imposto all’opposizione siriana una serie di condizioni da accettare tra cui quella di consegnare le armi pesanti e rinunciare al controllo del valico di confine con la Giordania. I miliziani di Taiba, Saida, Umm al Mayazan e Naseib, nella parte orientale e sud-orientale del governatorato di Deraa, hanno accettato di consegnare le armi.

Michele Giorgio

Nena News

30 giugno 2018

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