YEMEN: migliaia di sfollati, centinaia di morti a Hodeidah


Nena News


Pesanti bombardamenti aerei sauditi sulla città costiera, 5mila famiglie in fuga. Houthi divisi sulla proposta dell’Onu, la Francia partecipa alle operazioni.


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Sabato la coalizione sunnita a guida saudita aveva annunciato l’ingresso nella città costiera yemenita di Hodeidah e la presa del’aeroporto. Ma la battaglia per la città occidentale, sede di uno dei principali porti del paese insieme a quello meridionale di Aden, prosegue: il movimento Ansar Allah, riferimento politico dei ribelli Houthi continua a combattere, rivendica l’uccisione di almeno 123 miliziani avversari e la cattura di 160 e nega la caduta dell’aeroporto.

Hodeidah è fondamentale ad entrambe le parti per poter proseguire la guerra iniziata nel marzo 2015: per Riyadh rappresenta la possibile svolta di un conflitto che non riesce a vincere, per gli Houthi la sola finestra verso l’esterno rimasta. Fondamentale, però, lo è soprattutto per la popolazione civile: dal porto arrivano  seppur sporadicamente – gli aiuti umanitari inviati dalle organizzazioni internazionali, il 70% del totale, indispensabili a tamponare una crisi umanitaria senza precedenti.

Ed è la popolazione civile la più colpita: quello che ci si attendeva dall’operazione ribattezzata dall’Arabia Saudita “Vittoria d’oro”, si sta verificando. Centinaia di vittime (280 fino a venerdì) e almeno 5mila famiglie in fuga dal primo giugno, che si aggiungono ai 100mila sfollati scappati prima dell’inizio della battaglia finale. A dare il bilancio, ieri, è stata l’agenzia Onu Ocha, a quattro giorni dall’inizio dei bombardamenti: ai civili in fuga, si aggiungono almeno 36 famiglie che hanno perso tutto, a cui i bombardamenti hanno distrutto le fattorie.

“Gli attacchi aerei sono estremamente pesanti e violenti, colpiscono esseri umani, alberi, case, tutto – racconta alla tv russa Rt uno sfollato – Molte persone sono morte, bambini, anziani”. I raid colpiscono ovunque, non solo il porto come aveva assicurato la coalizione anti-Houthi. E proseguirà fino alla caduta di Hodeidah: “Le operazioni militari per liberare la città di Hoeidah – ha detto ieri il portavoce delle Guardie Repubblicane, alleate saudite, Sadek Dawad – non si fermeranno fino a quando metteremo in sicurezza la città e il suo strategico porto. E non manca molto”.

Questa mattina le forze pro-governative hanno annunciato l’apertura di corridoi umanitari nei quartieri dove i bombardamenti sono più intensi e pesanti. E accusano gli Houthi: i ribelli avrebbero costruito trincee per impedire la fuga dei civili.

Ma la battaglia non è limitata alla città costiera. Si allarga e arriva a New York: al Palazzo di Vetro, venerdì, la Svezia si è vista bocciare da Stati Uniti e Gran Bretagna – noti rifornitori di armi all’alleato saudita – una risoluzione che chiedeva la fine immediata degli scontri. Arriva anche a Parigi: accanto alle marine e le aviazioni di Arabia Saudita e Emirati Arabi c’è anche la Francia. Secondo il quotidiano francese Le Figaro, le forze speciali francesi stanno appoggiando l’operazione, con unità impegnate in attività di sminamento a favore dell’avanzata terrestre dei soldati governativi. Il governo nega, ma il Ministero della Difesa ha in qualche modo confermato parlando di sminamento necessario a “facilitare la distribuzione in sicurezza degli aiuti umanitari alla popolazione”.

E ieri a Sana’a, capitale controllata da settembre 2014 dal movimento Houthi, è arrivato Martin Griffiths, inviato speciale delle Nazioni Unite impegnato da settimane in negoziati per impedire l’operazione: oggi Griffiths parlerà al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, mentre continua a incontrare le parti per raggiungere l’obiettivo iniziale, convincere i belligeranti a cedere alle Nazioni Unite il controllo di Hodeidah.

Ieri ha discusso di nuovo con la leadership Houthi perché passino il controllo della città ad un comitato di supervisori. Secondo la stampa araba, il movimento è spaccato: una parte dei leader di Ansar Allah intende accettare la proposta, un’altra rigettarla. I primi sperano in questo modo in un vantaggio politico da giocarsi ai futuri negoziati, i secondi sono certi della sconfitta nel caso di una resa.

Nena News

18 giugno 2018

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