Trump-Kim, successo mediatico e ombre


Affari Internazionali


L’accordo sulla denuclearizzazione della Corea del Nord è stato un successo mediatico per i due leader ma si affacciano ombre e dubbi sull’attuazione in concreto delle decisioni prese.


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L’incontro tra il leader della Corea del Nord e il presidente americano è stato definito un successo dai due protagonisti e questo prima ancora che i colloqui avessero inizio. Perché il vero protagonista di tutto questo è l’evento mediatico in sé, che resterà nella storia. Soprattutto per il popolo nordcoreano incollato alle televisioni per seguire l’incontro in diretta.

Una cosa impensabile solo a qualche tempo fa. Gli Stati Uniti non riconoscono infatti la Corea del Nord, un Paese contro il quale Washington è ancora in guerra. Il successo dell’incontro con Trump sdogana pertanto il dittatore nordcoreano a livello internazionale e lo fa assurgere a eroe nazionale. E non è poco, visto che il regime di Pyongyang è uno dei più grandi violatori dei diritti umani al mondo.

Il primo risultato: un ritorno di immagine per Kim 
Il Paese è sostanzialmente una prigione a cielo aperto per tutta quella parte della popolazione, in gran parte rurale, che non trae vantaggi concreti dal regime. I dissidenti ci raccontano di lager disseminati in tutto il Paese, dove l’essere umano è ridotto in schiavitù. Milioni di persone sono denutrite, una situazione che le recenti sanzioni economiche non hanno certo aiutato. E quanti cercano di fuggire dal Paese per cercare condizioni migliori vengono uccisi senza pietà appena cercano di varcare il confine. Un regime spietato e isolato dal resto del mondo. Ma che grazie allo sviluppo dell’arsenale nucleare e balistico, negli ultimi tempi è riuscito a imporsi all’attenzione internazionale.

Prima del summit con Trump, Kim Jung-un ha già incontrato due volte il presidente cinese Xi Jinping. Pechino rimane l’alleato storico della Corea del Nord. I dirigenti cinesi sono preoccupati di un eventuale crollo del regime, con annesso afflusso di rifugiati nelle province nord-orientali della Cina e un’eventuale riunificazione della penisola coreana sotto l’egida delle truppe americane. Non è un caso che Pechino abbia cercato fino all’ultimo di influenzare il summit tra Kim e Trump. Al punto che il leader nordcoreano è arrivato a Singapore con un aereo di linea cinese.

Trump vuole fare la storia. Ma la denuclearizzazione è una chimera
Per il presidente americano il summit va oltre la questione della penisola coreana. Accettando di incontrare il leader nordcoreano, Trump spera di passare alla storia e perché no, magari ottenere quel nobel per la Pace che fu dato al suo acerrimo nemico, Barack Obama, all’inizio del suo mandato. Il successo di un accordo – anche se minimo – con la Corea del Nord va inoltre incontro alla preoccupazione principale di Trump: proteggere l’America. Il regime di Pyongyang è ora in grado di colpire il territorio degli Stati Uniti, anche se dubbi rimangono sulle reali capacità tecnologiche raggiunte dal programma nucleare e missilistico nordcoreano. Messa da parte l’opzione di un attacco preventivo per il momento – opzione che comunque rimane se nelle prossime settimane e mesi non dovessero esserci risultati concreti o Trump dovesse cambiare idea –  la palla è ora nel campo diplomatico.

La denuclearizzazione della penisola coreana rimane un obiettivo lontano e difficile da raggiungere. E’ più una chimera, buona per cercare di mantenere intatto quel regime di non-proliferazione nucleare che comunque è già stato irrimediabilmente compromesso da Paesi – tra i quali India, Pakistan, Israele – che si sono dotati della bomba con il tacito consenso della comunità internazionale. Il regime di Kim Jong-un mai abbandonerà quell’arma che lo ha reso temuto e pertanto degno di essere ricevuto alla pari dal presidente americano.

Menzionare la denuclearizzazione della penisola è comunque necessario, in quanto tale parola – anche se sara’ interpretata in maniera diversa dalle due parti – permetterà all’America e ai suoi alleati asiatici, ma anche alla Cina – di iniziare quel processo diplomatico per tanto tempo rimandato negli scorsi anni e che potrebbe portare frutti insperati.

La sopravvivenza (anche economica) del regime nordcoreano
In cambio  dell’impegno nordcoreano alla denuclearizzazione della penisola, Trump deve offrire la garanzia che l’America non cercherà di ribaltare il regime di Kim. Come questo potrà avvenire non è chiaro. Chi potrà mai assicurare in futuro che un altro presidente americano – o Trump stesso se cambiasse idea anche solo tra qualche settimana – non cerchi di far fuori il regime nordcoreano e mettere così un termine alla sua minaccia nucleare?

Kim questo lo sa e più che alle garanzie di sicurezza – necessarie per essere esibite al suo fronte interno – guarderà alla parte economica del summit. Ovvero, cercherà di ottenere dal Trump uomo d’affari una parziale levata delle sanzioni economiche – che si sono fatte sentire negli ultimi tempi – e la promessa di investimenti. Dopo il primo McDonalds – che potrebbe aprire a breve nella capitale nordcoreana – potrebbe essere proprio una Trump Tower a siglare il nuovo corso delle relazioni tra Washington e Pyongyang.

Nicola Casarini

Affari Internazionali

12 giugno 2018

 

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