Altra strage a Kabul
Ennio Remondino da Remocontro.it
95 morti e 163 feriti. I talebani rivendicano l’attentato. Proprio oggi sul New York Times, analisi e dubbi: “Non possiamo vincere in Afghanistan perché non sappiamo perché siamo lì. Gli USA non stanno né perdendo né vincendo, e non è buono”, si legge nella frase di apertura di un documento top-secret sull’Afghanistan commissionato da Bush nel 2008.
Attacco kamikaze a Kabul rivendicato dai talebani col bilancio provvisorio di 95 morti e 163 feriti. Vicino al luogo dell’esplosione gli uffici del Dipartimento nazionale della sicurezza, Nds, servizi di intelligence e le ambasciate di India, Indonesia e Svezia. Per portare la grande quantità di esplosivo, i talebani hanno utilizzato un’autoambulanza.
«The United States is not losing in Afghanistan, but it is not winningeither, and that is not good enough»
‘Gli Stati Uniti non stanno perdendo in Afghanistan, ma non stanno neppure vincendo, e ciò non è buono’
Sul New York Times di stamane. Titolo emblematico, e seguito rivelatore: “Gli USA non stanno né perdendo né vincendo, e non è buono”, si legge nella frase di apertura di un documento top -secret sull’Afghanistan commissionato da Bush nel 2008. Successive recensioni classificate della strategia americana in guerra hanno ripetuto questa conclusione”.
Questione posta in altra maniera:
«Non possiamo vincere in Afghanistan perché non sappiamo perché siamo lì».
I molti perché della mancata vittoria
L’oppio, la corruzione, la faziosità etnica e, soprattutto, il sostegno-santuario fornito ai talebani dal Pakistan, attraverso il braccio armato della sua potente agenzia di spionaggio, ‘the Directorate for Inter-Services Intelligence’, l’ISI, la più importante e potente delle tre branche dei servizi di Intelligence del Pakistan.
Perché questo problema è così difficile? Perché, dagli attacchi dell’11 settembre, gli Stati Uniti non sono riusciti a impedire il Pakistan, un alleato teorico che ha ricevuto miliardi di dollari in aiuti, non sono riusciti ad impedire tutto questo?
Uno dei motivi principali è che gli obiettivi di guerra americani in Afghanistan sono stati, e rimangono, pieni di contraddizioni e illusioni che Inter-Services avversa può sfruttare, la risposta del NYT.
Domande senza risposte convincenti
Ancora le domande chiave: perché siamo in Afghanistan? Che interessi giustificano i nostri sacrifici? Come finirà la guerra? Trump più duro dei suoi predecessori nei confronti del Pakistan. Minaccia di taglio ai 1,3 miliardi di aiuti annuali al Pakistan fino a quando non farà più pressione sui talebani. Sfortunatamente, l’influenza degli Stati Uniti in Pakistan si stanno riducendo mentre i problemi ingigantiscono.
Due quelli vitali Usa: 1, la sicurezza dell’arsenale nucleare del Pakistan; 2, la minaccia terroristica rappresentata da Al Qaeda e dai suoi affiliati, che non hanno mai avuto problemi seri in Afghanistan perché avevano basi e rifugi oltre confine, in Pakistan.
Chi il nemico vero, al Qaeda o i talebani?
Analisi Usa discordati, ci racconta il NYT. Con l’ex segretario alla difesa il segretario alla Difesa Robert Gates, che già sosteneva che una guerra guidata dagli Stati Uniti contro i talebani non poteva essere vinta, almeno non abbastanza velocemente o ad un costo accettabile. Perché i talebani erano parte del “tessuto politico dell’Afghanistan”. Gli strateghi di Obama hanno provato a ridurre il ruolo stesso dei talebani (to “degrade” the Taliban and “reverse its momentum,” ). Ed ecco l’annuncio nel 2009 che le truppe americane avrebbero iniziato a ritirarsi e consegnare il conflitto alle forze afghane nel 2011.
Allora, i generali pakistani, guidati da Ashfaq Parvez Kayani, ex direttore dell’ISI, l’agenzia di spionaggio, dissero in privato ai capi militari americani e della NATO che avrebbero fallito. Interesse pakistano, evitare che la violenza in Afghanistan si riversasse in casa, ed impedire all’India di mettere le mani in quel pasticcio.
L’incubo bombe nucleari del Pakistan
Al Qaeda in Pakistan, dal 2007 ha collaborato con i radicali locali. I peggiori anni di terrorismo domestico che il Pakistan abbia mai conosciuto. Solo dal 2016 il Pakistan ha in qualche modo restaurato sicurezza interna. Interesse occidentale condiviso, mantenere Stabile Pakistan e le sue armi nucleari sotto controllo. Quindi solo attacchi mirati con droni, salvo l’attacco SEAL in Pakistan per uccidere Osama bin Laden, senza chiedere il permesso. Ma la più grande infrastruttura terroristica – la leadership dei Talebani afghani e molti altri gruppi violenti nutriti e tollerati dall’Inter-Services Intelligence – rimane incolume, operando da Lahore a Karachi a Quetta e al Kashmir controllato dal Pakistan, denuncia il NYT.
Ed ecco che la strategia di deterrenza nucleare del Pakistan, voluta contro l’India, ora condiziona gli Stati Uniti, costretti dal 2001 a subire interferenze da parte dell’Intelligence dei Servizi pakistani in Afghanistan che altrimenti non avrebbe subito.
Ennio Remondino
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