Alla ricerca di un futuro
amelia rossi
Secondo le Nazioni Unite oltre 250 milioni di persone hanno lasciato lo scorso anno il proprio paese per guerre, fame, miseria.
Sono circa 258 milioni le persone in tutto il mondo che, nel 2017, sono state costrette ad abbandonare il proprio paese alla ricerca di un futuro migliore: un aumento del 49 per cento rispetto al 2000.
Molti di loro fuggono da guerre, fame e miseria: queste persone rischiano la vita e sono vittime di abusi e sfruttamenti di ogni tipo. La risposta a tale sfida globale, come ha sottolineato Papa Francesco, deve articolarsi intorno a «quattro verbi fondati sui principi della dottrina della Chiesa: accogliere, proteggere, promuovere e integrare» secondo quanto si legge nel messaggio per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che si è celebrata domenica 14 gennaio con la messa in San Pietro dedicata proprio ai migranti e ai rifugiati.
I dati forniti dalle Nazioni Unite dipingono un quadro complesso e diversificato.
Oltre il sessanta per cento di tutti i migranti vive in Asia (80 milioni) ed Europa (78 milioni). Nel Nord America se ne contano 58 milioni, in Africa 25.
È significativo che due terzi di questi immigrati viva in appena venti paesi: il numero più elevato (50 milioni) si trova negli Stati Uniti; vengono poi Arabia Saudita, Germania e Russia, che ne ospitano ciascuno attorno ai dodici milioni. Segue la Gran Bretagna con nove milioni.
Molto grave è la situazione degli aiuti e delle politiche messi in atto. Tutte le maggiori agenzie dell’Onu lamentano gravi tagli ai bilanci che impediscono di realizzare un’azione efficace. E questi tagli pesano soprattutto nelle situazioni più difficili, come ad esempio nello Yemen dilaniato da una feroce guerra civile che ha costretto migliaia di persone ad abbandonare le proprie case. Di recente, in una dichiarazione congiunta, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), il Fondo dell’Onu per l’infanzia (Unicef) e il Programma alimentare mondiale (Pam) hanno chiesto la fine delle violenze per consentire l’assistenza.
Osservatore Romano
14 gennaio 2018