Trump minaccia i palestinesi


la Repubblica


Stop ai fondi se rifiutano negoziati con Israele su Gerusalemme


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Children walk in front of a mural painted on part of Israel's controversial barrier at Aida refugee camp in the West Bank town of Bethlehem, ahead of Nakba May 14, 2012. On May 15 Palestinians will mark Nakba, or catastrophe, of Israel's founding in a 1948 war, when hundreds of thousands of their brethren fled or were forced to leave their homes. REUTERS/Ammar Awad (WEST BANK - Tags: POLITICS CIVIL UNREST)

DONALD TRUMP torna a sventolare i dollari per minacciare i governi che non si allineano alla politica estera degli Usa. Lo aveva fatto con l’assemblea dell’Onu e nelle ore recenti si era ripetuto con il Pakistan.

Stavolta tocca ai palestinesi: “Paghiamo loro centinaia di milioni di dollari all’anno e non otteniamo alcun apprezzamento o rispetto. Non vogliono neppure negoziare un trattato di pace con Israele necessario da molto tempo”, ha twittato The Donald.

E ha aggiunto: “Noi abbiamo tolto dal tavolo Gerusalemme, la parte più dura del negoziato, ma Israele, per questo, avrebbe dovuto pagare di più. Ma con i palestinesi non più desiderosi di colloqui di pace, perchè dovremmo fare loro uno qualsiasi di quei massicci pagamenti futuri?”.

Gerusalemme “non è in vendita”, è stata la replica del portavoce del presidente della Palestina, Mahmud Abbas, alla minaccia di Trump di tagliare i fondi annuali (circa 300 milioni di dollari) per forzarli a sedersi al tavolo dei negoziati. “Gerusalemme è l’eterna capitale della Palestina e non è in vendita per oro o per miliardi”, ha detto Nabil Abu Rudeina all’Afp.

“Non cederemo a ricatti”, ha ribadito in una dichiarazione la dirigente dell’Olp Hanan Ashrawi. Riconoscendo Gerusalemme come capitale di Israele, “Trump ha distrutto con un colpo solo le fondamenta della pace, ha sabotato il nostro impegno per la pace, la libertà e la giustizia”, ha aggiunto.

IL BRACCIO DI FERRO CON L’ONU
È l’ennesima sortita social del presidente Usa sulla politica internazionale. Nella raffica quotidiana c’è posto anche per Kim Jong-un, suo bersaglio preferito, al quale non fa mancare una battuta sprezzante, dopo che il dittatore nordcoreano aveva ricordato agli Usa la presenza del pulsante nucleare sul suo tavolo: “Il mio pulsante è più grande e potente del suo. E il mio funziona”, replica Trump. Nel planisfero della Casa Bianca, però, resta centrale l’area mediorientale e la questione di Gerusalemme. La strategia contro i palestinesi era stata rivelata poco prima dall’ambasciatrice Usa all’Onu Nikki Haley: mettere fine ai finanziamenti all’agenzia dell’Onu che fornisce aiuti umanitari ai rifugiati palestinesi, organismo per il quale gli Stati Uniti sono il maggior donatore, con un impegno che nel 2016 ha raggiunto la quota di 370 milioni di dollari.

Un passo ulteriore sulla strada che inasprisce i rapporti nell’area, dopo la decisione unilaterale della Casa Bianca di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele, trasferendo nella città contesa la rappresentanza diplomatica Usa. Anche in quell’occasione, alla vigilia del voto dell’assemblea generale delle Nazioni Unite, Trump paventò il taglio di fondi statunitensi ai Paesi che avrebbero espresso dissenso rispetto alla sua posizione. Minaccia che, però, non impedì un voto a larghissima maggioranza (128 a 9, con 35 astenuti) contro Washington. E dalla Casa Bianca è arrivata una prima ritorsione a Natale, con la decurtazione di 285 milioni di dollari dal budget destinato al Palazzo di vetro.

USA-PAKISTAN: CRESCE LA TENSIONE
Appena ventiquattro ore prima della sortita contro i palestinesi, Trump aveva riproposto lo stesso modello su un altro fronte internazionale. Era toccato al Pakistan finire sul banco degli imputati via Twitter, con l’accusa di aiutare i terroristi nonostante i 33 miliardi di aiuti dati dagli Usa negli ultimi 15 anni. Islamabad ha promesso, per bocca del ministro degli Esteri Khawaja Asif, di rispondere presto per far “conoscere al mondo la verità e la differenza fra i fatti e la fiction”. Intanto ha convocato l’ambasciatore americano David Hale manifestando “il malessere del governo” pachistano per l’accaduto ed ha riunito d’emergenza il Comitato per la sicurezza nazionale.

La risposta della Casa Bianca non si è fatta attendere: l’amministrazione Trump “sospenderà 255 milioni di dollari di aiuti al Pakistan”, è stato l’annuncio dell’ambasciatore americano all’Onu Nikki Haley spiegando che il Pakistan “ha fatto il doppio gioco per anni e questo non è accettabile. La Casa Bianca – ha aggiunto la portavoce Sanders – annuncerà altre azioni nei confronti del Pakistan nelle prossime 24 o 48 ore. Gli Usa, ha aggiunto, vogliono che Islamabad faccia di più nella lotta al terrorismo.

La Repubblica

3 gennaio 2017

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