Povertà, in Italia giovani più penalizzati
Redattore Sociale
Rapporto 2017 di Caritas Italiana su povertà giovanili ed esclusione sociale in Italia, presentato a Roma. “In Italia, un giovane su dieci vive in uno stato di povertà assoluta. Nel 2007 si trattava di appena un giovane su 50”
Non solo l’Italia, anche l’Europa è lontana dall’obiettivo di ridurre in modo drastico la povertà entro il 2020 e a soffrirne oggi più di tutti, sia sul nostro territorio che su tutto il continente, sono maggiormente i giovani. È quanto denuncia il Rapporto 2017 su povertà giovanili ed esclusione sociale in Italia “Futuro Anteriore”, realizzato da Caritas italiana e presentato questa mattina a Roma nella sede dell’Associazione stampa estera in vista della prima Giornata mondiale dei Poveri del 19 novembre. I dati del Rapporto ci confermano che, rispetto al passato, ad essere maggiormente penalizzati dalla povertà economica e dall’esclusione sociale non sono più gli anziani o i pensionati, ma i giovani, spiega il rapporto. “Il futuro di molti giovani in Italia non è serenamente proiettato verso l‘avvenire. Siamo di fronte ad una sorta di futuro incompiuto, venato da difficoltà e arretratezze. Un “futuro anteriore” appunto, in cui si guarda al futuro ma con lo sguardo rivolto al passato”. Don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana, nell’introduzione del rapporto, non nasconde la propria preoccupazione. “Il confronto tra i diversi paesi dell’Unione Europea penalizza fortemente l’Italia – scrive Soddu -: siamo il terzo paese dell’Unione ad aver incrementato il numero dei giovani in difficoltà, che dal 2010 al 2015 sono passati da poco più di 700 mila a quasi 1 milione. La crisi economica ci lascia un piccolo “esercito” di poveri, superiore per entità a quello della popolazione di un’intera regione italiana”.
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Sono i dati Eurostat riportati nello studio che parlano di un’Europa ancora lontana dagli obiettivi di riduzione della povertà previsti dalla Strategia Europa 2020. L’obiettivo europeo era quello di ridurre di 20 milioni il numero di persone a rischio o in situazione di povertà ed esclusione sociale, mentre per l’Italia era di 2 milioni e duecentomila poveri in meno. Gli ultimi dati (relativi al 2015), però, ci dicono che “sono poco più di 117 milioni di europei a rischio di povertà ed esclusione sociale, mentre in Italia – aggiunge lo studio -, il numero totale di persone nello stesso tipo di condizione è pari a 17 milioni 469 mila persone. Sia in Europa che in Italia l’obiettivo è ancora lontano”. In Italia, intanto, anche nel 2016 si registra un lieve incremento dell’incidenza della povertà: in uno stato di grave povertà vivono 4 milioni 742 mila persone. Un dato che se confrontato con quello di dieci anni fa, in termini percentuali, fa registrare un incremento del 165,2 per cento del numero dei poveri. Quattro le categorie più svantaggiate: i giovani (fino ai 34 anni); i disoccupati o i nuclei il cui capofamiglia svolge un lavoro da “operaio e assimilato”; le famiglie con figli minori e i nuclei di stranieri e misti.
Sono i giovani e i bambini, però, a pagare il prezzo alto. Secondo il rapporto, infatti, “in Italia, un giovane su dieci vive in uno stato di povertà assoluta; nel 2007 si trattava di appena un giovane su 50. In soli dieci anni l’incidenza della povertà tra i giovani (18-34) passa dall’1,9 per cento al 10,4 per cento; diminuisce al contrario tra gli over 65”. Allarmante la situazione dei minori: in Italia se ne contano 1 milione 292 mila che versano in uno stato di povertà assoluta. Nell’ultimo ventennio, inoltre, è aumentato il divario di ricchezza tra giovani ed anziani. “I dati ci dicono che i figli stanno peggio dei genitori; i nipoti stanno peggio dei nonni. Studi scientifici dicono che la ricchezza media delle famiglie con giovani capofamiglia è meno della metà di quella registrata venti anni fa e che in Italia i giovani riescono a guadagnare l’autonomia dalla propria famiglia di origine in età sempre più avanzata”.
Tra i dati più preoccupanti, c’è anche quello che riguarda l’alta presenza di Neet in Italia. Secondo i dati Eurostat citati dal rapporto, infatti, l’Italia è il paese dell’Unione europea con la più alta presenza di Neet: nel 2016, 3 milioni 278mila giovani risultavano fuori dal circuito formativo e lavorativo. Seguono paesi come la Grecia e la Bulgaria). In calo il dato della disoccupazione giovanile (15-24 anni): nel 2016 è al 37,8 per cento, meno di quello registrato nel 2015, ma siamo ancora lontani da quella che è la media europea, cioè il 18,7 per cento. “Dal 2007 il tasso di disoccupazione giovanile è salito di oltre 17 punti percentuali. E’ uno degli aumenti più alti d’Europa. In un quadro così complesso, però, non manca qualche dato positivo, come quello che riguarda l’abbandono scolastico. Secondo il rapporto, infatti, a partire dal 2000, la quota di abbandono scolastico è andata decrescendo dal 21,5 per cento delle persone di 18-24 anni nell’anno 2000 al 14,7 per cento del 2015. Un dato che ha permesso all’Italia di raggiungere cinque anni prima della scadenza l’obiettivo nazionale fissato nella Strategia Europa 2020.
Redattore Sociale
17 novembre 2017