Sudan: verso i referendum


Campagna Italiana per il Sudan


Tutti in Sudan discutono, commentano, sperano e temono i referendum indetti per il 9 gennaio 2011. Uno stabilirà se il Sud diventerà uno stato indipendente o se rimarrà a far parte dell’attuale Sudan, l’altro se il territorio di Abyei apparterrà al Nord oppure al Sud.


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
Sudan: verso i referendum

«Un trattato non basta: non dobbiamo mai dare per scontato che gli impegni presi sulla parola e quelli firmati su un pezzo di carta siano veramente mantenuti. Costruire la pace in Sudan è un'operazione a lungo termine».

Marina Peter, Scommessa Sudan

 

Sudan – Verso i referendum, con molti dubbi

Ormai mancano poco più di due mesi e tutti in Sudan discutono, commentano, sperano e temono i referendum indetti per il 9 gennaio 2011. Uno stabilirà se il Sud diventerà uno stato indipendente o se rimarrà a far parte dell'attuale Sudan, l'altro se il territorio di Abyei – al centro del paese – apparterrà al Nord oppure al Sud.

Il 27 ottobre la presidenza sudanese – composta da due membri del Partito del congresso nazionale (Ncp), ovvero il presidente Omar Hassan el Bashir e il vicepresidenti Ali Osman Taha e dal leader del Movimento di liberazione del Sudan,  (Splm) il vicepresidente Salva Kiir Mayardit – si è impegnata a «sostenere la pace e a prevenire qualsiasi spinta verso il ritorno a un conflitto civile» tra Nord e Sud, «indipendentemente da quale sarà il responso del referendum per l’autodeterminazione» del Sud. Nonostante i toni che cercano di tranquillizzare la situazione, anche da simili dichiarazioni è evidente che «il ritorno a un conflitto civile» rimane una degli scenari possibili per il post referendum.

Il 19 ottobre il ministro della difesa Abderrahim Mohamed Hussein (del Ncp) aveva lasciato capire che i referendum dovrebbero essere posticipati: «Secondo la realtà di quello che accade sul terreno, sì. La questione dei confini e quella di Abyei devono essere risolti in un contesto di Sudan unito; in un contesto di due stati indipendenti, si aprirebbero le porte a ingerenze straniere». Nei giorni successivi Mohammed Hussein ha però smentito la notizia secondo cui avrebbe auspicato un rinvio delle consultazioni per la «sicurezza» dei cittadini.

«Portare a termine il referendum nei tempi previsti sarebbe un miracolo totale» ha dichiarato il presidente della Commissione sudanese incaricata di organizzarlo, Mohamed Ibrahim, il quale però ha poi aggiunto: «Continuo a credere che i miracoli possono accadere».

Il 17 ottobre era stato il ministro per le finanze e l'economia, Ali Mahmood Abdel-Rasool, a fornire una chiave di lettura molto stimolante – in un'intervista  con il giornale inglese Al-Sharq Al-Awsat – su quali potrebbero essere le conseguenze del referendum. Secondo  Abdel-Rasool se il Sud diventasse indipendente, «il Nord perderebbe il 70% delle riserve e il 50% delle rendite petrolifere. Noi speriamo e preghiamo Dio che il Sudan non venga  diviso».

I referendum sono una parte importantissima dell'accordo globale di pace firmato a gennaio 2005 che aveva concluso la guerra civile tra Nord e Sud scoppiata nel 1983.

Abyei, sempre più conteso. Nella seconda metà di ottobre i vertici del Ncp e quelli  dello Splm hanno continuato a dibattere sulle questioni ancora irrisolte e in particolar modo sulla situazione di Abyei. Pagan Amum, segretario generale dello Splm, ha definito Abyei «un ostaggio» del Ncp; in cambio della liberazione dell'ostaggio, il Sud sarebbe «disposto a pagare un riscatto a Khartoum».

Il 26 ottobre i colloqui su Abyei tra Khartoum e gli ex ribelli del Sud in corso ad Addis Abeba per definire il quadro legale della consultazione sono stati nuovamente rinviati. A dividere il Ncp del presidente Bashir e lo Splm rimangono ancora alcuni punti essenziali: i criteri di compilazione delle liste elettorali e i confini amministrativi della regione, che potrebbe divenire parte di un Sud Sudan indipendente.

Nord-Sud. Nessun casco blu sul confine. Il 30 ottobre il ministro degli esteri sudanese ha ribadito che il governo di Khartoum non vede «alcun motivo» per cui l'Onu dovrebbe spiegare i caschi blu sulla linea di confine tra Nord e Sud.

Anche i dirigenti delle Nazioni Unite hanno escluso l’ipotesi di un rafforzamento della missione di peace-keeping dell’Onu (Unmis) lungo il confine tra Nord e Sud Sudan. Alain Le Roy, vice-segretario generale dell’Onu responsabile delle missioni di peace-keeping, ha detto di fronte al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che un rafforzamento di Unmis non consentirebbe di «impedire» o anche «solo contenere» una ripresa del conflitto armato. Secondo il dirigente dell’Onu, per garantire il rispetto degli accordi di pace del 2005 e il regolare svolgimento del referendum sull’autodeterminazione del Sud Sudan in programma a gennaio l’unica via resta l’intesa «politica» tra le parti.

Anche l'ambasciatore di Khartoum alle Nazioni Unite, Dafa-Alla Elhag Ali Osman, aveva sottolineato la necessità di «risolvere le questioni aperte» e si era espresso contro l’ipotesi di un rafforzamento di Unmis.

Il Sud – Prove di indipendenza

Il 19 ottobre oltre 20 partiti politici sud-sudanesi hanno acconsentito ad un progetto politico comune nel caso in cui il prossimo referendum del 9 Gennaio 2011 sancisca l’indipendenza del Sud Sudan. Il progetto prevede lo svolgersi di un censimento, nuove elezioni e la riscrittura della Costituzione alla luce del nuovo assetto politico. L’accordo è stato raggiunto al termine di cinque giorni di incontri e conferenze a Juba, ai quali hanno partecipato esponenti delle principali formazioni politiche sud-sudanesi, leader religiosi e rappresentanti della società civile, concordi – nel caso in cui il Sud diventi indipendente da Khartoum – nella creazione di un governo di unità nazionale ad interim, guidato dall’attuale presidente Salva Kiir Mayardit, nel periodo precedente le nuove consultazioni. Per evitare dissidi interni in vista del delicato appuntamento di gennaio il presidente Kiir ha assicurato un'amnistia a tutti i gruppi dissidenti che hanno imbracciato le armi contro il governo di Juba per protestare presunte frodi nelle elezioni dell’aprile scorso. Gli osservatori temono un rinfocolarsi delle tensioni etniche nella regione che durante gli anni della guerra civile, conclusasi nel 2005, avevano spaccato la ribellione sudista con scontri e violenze.

Sudan – I referendum sono una corsa contro il tempo

Il Rift Valley Istitute, un centro studi indipendente, ha appena pubblicato un rapporto sulla situazione in Sudan in attesa dei referendum. Il documento di 61 pagine, intitolato Race against Time, è curato da Aly Verjee, che è già stato vicedirettore  degli osservatori internazionali del centro Carter inviati in Sudan durante le elezioni del 2008. Dopo aver ricordato che i due referendum sono gli appuntamenti più importanti della storia del Sudan contemporaneo e che un eventuale fallimento delle consultazioni popolari potrebbe significare un ritorno alla guerra, il documento ricorda che alcune questioni tecniche (in particolare la registrazione dei votanti e la mancata determinazione del confine tra Nord e Sud), ancora irrisolte anche per la non volontà politica di trovare una soluzione,  stanno ritardando e ostacolando la preparazione dei referendum. Secondo l'autore del rapporto, per ottenere credibilità sia a livello internazionale sia all'interno del Sudan gli standard per realizzare i referendum dovranno essere più alti rispetto a quelli delle elezioni. Viste le attuali difficoltà di questa corsa contro il tempo, un rinvio del referendum di Abyei – seppur «indesiderabile» – potrebbe essere inevitabile».

Il documento può essere consultato in inglese sul sito www.riftvalley.net.

Fonte: Campagna Italiana per il Sudan

novembre 2010

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento