Siria. Deir Ez-Zor: tensione tra Usa e Russia
NEAR EAST NEWS AGENCY
Il controllo della regione orientale del Paese è così importante da spingere le forze a maggioranza curde (Fds) sostenute dagli Usa a sospendere l’attacco su Raqqa e a ostacolare l’avanzata delle truppe di Damasco. Il ministro degli esteri russo Lavrov: “Qualsiasi tentativo di rallentare la lotta contro il terrorismo riceverà una risposta appropriata”
“La battaglia di Deir Ez-Zor è in una fase cruciale” così ha dichiarato all’agenzia stampa SANA il ministro degli esteri siriano, Walid al Muallem. L’offensiva lanciata i primi di settembre dalle truppe lealiste, insieme ad Hezbollah, Iraniani e con l’appoggio aereo russo, procede a ritmi serrati. Un’operazione per la liberazione non solamente della città, simbolo della resistenza contro i miliziani di Daesh, ma per far tornare sotto il controllo di Damasco tutta la regione e, soprattutto, tutti i giacimenti di idrocarburi e petrolio dell’area.
La conquista della regione, secondo il quotidiano libanese Al Akhbar, è “fondamentale per i prossimi equilibri della Siria”. I ricchi giacimenti ed il controllo di tutta l’area fino al confine con l’Iraq, hanno spinto lo stesso esercito russo a sostenere, con l’invio di truppe e mezzi aerei, il governo di Damasco. Un impegno pagato con la morte di un generale di divisione russo, Valeri Assapov, vittima di un bombardamento da parte dei miliziani di Daesh.
Il controllo della regione è talmente fondamentale da spingere le truppe delle Forze Democratiche Siriane (FDS, in prevalenza milizie curde sostenute dalla coalizione a guida USA) a sospendere e rallentare l’attacco su Raqqa, per partecipare alla riconquista della regione. Deir Ez-Zor è, infatti, teatro in questi giorni di due operazioni militari parallele: da ovest le truppe siriane lealiste e da nord i soldati delle FDS. Due operazioni che rischiano di aumentare la tensione, non tanto contro i miliziani jihadisti di Daesh, ma tra i due schieramenti sostenuti rispettivamente da USA e Russia.
I curdi delle FDS hanno tentato in qualsiasi maniera di rallentare l’avanzata delle truppe di Damasco, ostacolandone l’attraversamento del fiume Eufrate e l’avanzata verso nord est. L’agenzia stampa AFP riporta, inoltre, di alcuni bombardamenti sulle postazioni siriane da parte delle FDS. Frizioni che hanno spinto il ministero della difesa russo ad avvisare il centro di comando USA in Qatar del pericolo di “un possibile scontro”. La nota del ministero aggiunge che “i curdi più che per combattere Daesh, sono intervenuti per contrapporsi ai siriani e per la conquista dei giacimenti”. Due giorni fa l’agenzia RT ha affermato che “le truppe delle FDS stanno avanzando in diverse aree della regione senza trovare la minima resistenza da parte delle milizie di Daesh”.
Accuse rincarate da Sergei Rudskoi, capo delle operazioni militari delle forze armate russe, con la notizia che “i servizi segreti americani stanno sostenendo e spingendo i combattenti del Fronte Al Nusra ad attaccare nella zona di Hama proprio con l’obiettivo di rallentare l’avanzata di Damasco a Deir Ez-Zor”. Mosca ha ribadito la propria volontà di sostenere Bashar Al Assad nella lotta contro il terrorismo jihadista e per la liberazione di tutto il territorio siriano, aggiungendo che ormai il 90% della città di Deir Ez-Zor è stato liberato.
Lo stesso ministro degli esteri russo Lavrov, durante un incontro bilaterale all’ONU con il suo omologo siriano, Walid Al Muallem, ha dichiarato che “qualsiasi tentativo di rallentare l’avanzata e la lotta contro il terrorismo riceverà una risposta appropriata” riferendosi all’appoggio americano per gli scontri di Hama ed per quelli di Deir Ez-Zor. Gli USA, da parte loro, non hanno replicato in alcuna maniera alle accuse russe.
Un ultimo elemento di tensione tra i due schieramenti, siriani e FDS, è stata la recente conquista del giacimento di idrocarburi di Conoco, il terzo per ampiezza del paese, da parte delle FDS. La partita per i giacimenti petroliferi e di idrocarburi è ancora aperta visto che, secondo le parole del portavoce della compagnia di gas siriana, Amin Al Hamid, “più dell’80% dei giacimenti è ancora in mano al gruppo jihadista dello Stato Islamico che sta tentando di difendere la sua principale fonte di finanziamento”.