No agli inganni del finto sviluppo
Andrea Rossi
Un libro, quello di Vandana Shiva, che annunciava una tesi ben precisa: “Se i conflitti di fine del secolo scorso e d’inizio millennio sono stati combattuti per il petrolio, nel ventunesimo secolo si è aperta anche un’altra feroce battaglia: quella per l’acqua”.
Cita Gandhi: “La terra offre abbastanza per i bisogni di tutti, ma non per l’avidità di ciascuno”. E lancia un occhiata perplessa. Aveva visto giusto il Mahatma. Aveva visto giusto anche lei, Vandana Shiva, 58 anni, indiana di Dehra Dun, vice-presidente di slow food e fondatrice di Navdanya, organizzazione non governativa a difesa della biodiversità, quando nel 2002 scrisse “Le guerre dell’acqua”. Un libro che annunciava una tesi ben precisa: “Se i conflitti di fine del secolo scorso e d’inizio millennio sono stati combattuti per il petrolio, nel ventunesimo secolo si è aperta anche un’altra feroce battaglia:quella per l’acqua”. Un salto indietro nel tempo: “La maggior parte delle guerre del passato furono combattute sui bordi dei fiumi, da popoli che si battevano per il possesso dei corsi d’acqua con cui coltivare le terre a ridosso. Ecco è lì che stiamo tornando”.
Tra Alaska, India e medioriente però, non si combatterà una guerra. E’ stato siglato un accordo. C’è una bella differenza, non crede?
“No, non c’è molta differenza,perché la logica a cui rispondono tutti questi fatti-che siano conflitti o accordi- è la stessa. Si chiama sviluppo distruttivo ed è composta di molti tasselli: deforestazione che spezza il ciclo dell’acqua, attività estrattiva, diffusione dell’agricoltura industriale,sostituzione dei sistemi delle comunità locali con la logica della produzione intensiva. Infine, privatizzazione dell’acqua. Queste azioni, combinate, hanno favorito fenomeni come la desertificazione e la salinizzazione di molte aree del pianeta”.
Con quali conseguenze?
“Portare il mondo all’attuale crisi idrica e alle guerre. L’acqua è diventata scarsa. Ed è diventata merce. Si sta privatizzando nel silenzio dei governi. E tra gli effetti c’è l’aumento delle tariffe e la mancanza di garanzie sulla qualità. Se l’acqua diventa una risorsa scarsa chi la controlla può moltiplicare i profitti. E’ quello che sta accadendo”.
Che male c’è se chi non dispone di adeguate risorse idriche si rifornisce da chi ne ha in abbondanza?
“Centinaia di navi a solcare gli oceani e macinare petrolio,tanto per fare un esempio. Senza contare che la tesi di fondo va ribaltata: quell’acqua non servirà per aiutare alcune popolazioni a sopravvivere,ma per dare linfa all’agricoltura intensiva”.
Più cibo per tutti,no?
“No. So che sembra paradossale ma è così. Tutta quell’acqua a cosa servirà? Ad alimentare il grande business legato alle monoculture là dove invece, ci sarebbe bisogno di preservare la biodiversità. Monoculture come la soia non risolvono i problemi legati al cibo. Li creano. E’ un circolo vizioso: il circuito della produzione industriale ha bisogno dello spreco per creare surplus. L’agricoltura meccanizzata e la vendita di massa richiedono uniformità, che si traduce in ulteriore spreco: frutti e ortaggi che non rispettano le misure standard devono essere buttati via. Non è l’unica dilapidazione di risorse”.
C’è dell’altro?
“L’agricoltura industriale utilizza il quintuplo dell’acqua rispetto alle colture tradizionali per ottenere le stesse quantità di grano e riso. In India, ogni anno il 75% della nostra acqua 536 miliardi di litri, viene utilizzata per irrigare i campi. E questo perché si è imposto di sostituire colture come il miglio con la canna da zucchero, che per crescere consuma risorse in quantità esponenziale. Come minimo siamo di fronte ad una rivoluzione inefficiente, regressiva”.
Produzioni intensive,milioni di litri di acqua in fumo,cibo buttato via. Sembra un controsenso: come è possibile questo controsenso?
“Le multinazionali detengono il monopolio dei semi e lo impongono a chiunque voglia coltivare. Prezzi altissimi per sementi suicide che non si riproducono, ma vanno ripiantate ogni anno, e per produrre hanno bisogno di enormi quantità di acqua. Ecco perché quindici anni di coltivazioni intensive hanno saccheggiato le falde acquifere. Ora chi è rimasto senza e può pagare è costretto ad acquistare acqua da chi ne ha in abbondanza. Chi è senza soldi resta a bocca asciutta. E quando il denaro finirà per tutti, spunteranno le armi”.
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