Il Centrafrica al crocevia tra guerra, pace, aiuti e investimenti privati Ue
La redazione
Via libera del Parlamento Ue al Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile per favorire soprattutto gli investimenti privati negli “Stati fragili” dell’Africa. Tra questi, la Repubblica centrafricana batte tutti i record di povertà e instabilità.
Dopo mesi di discussione, il Parlamento europeo ha approvato il 6 luglio a larga maggioranza il Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile, un pilastro chiave del Piano d’investimenti dell’UE per l’Africa e i paesi del Vicinato presentato nel settembre 2016 dall’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, e dal Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker.
Investire laddove non lo si fa
Il Piano, che nasce da una proposta del governo Renzi (il “migration compact”) nel maggio 2016, mira a mobilitare 44 miliardi di euro in investimenti privati verso Stati “fragili”, offrendo una combinazione di sovvenzioni, prestiti e garanzie finanziarie pubbliche del valore di 3,3 miliardi di euro, per incoraggiare lavoro, crescita e stabilità, affrontando così le cause profonde della migrazione. “La cooperazione da sola non ce la fa, ed è il solo modo per attrarre i privati laddove non andrebbero spontaneamente, e avere anche garanzie sulle eventuali perdite”, ha commentato il vice ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale, Mario Giro in un editoriale su Avvenire. Il nuovo Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile, che il Consiglio dovrà approvare in via definitiva, disporrà di una garanzia pari a 750 milioni di euro, di cui 350 milioni di euro prelevati dal bilancio UE e 400 milioni di euro dal Fondo europeo per lo sviluppo (FES).
Se c’è uno “Stato fragile” che ha bisogno come il pane di aiuti e investimenti privati, questo è la Repubblica Centrafricana. Parliamo di un paese noto per le sue ricchezze minerarie, ma tra i più poveri al mondo, il cui destino è stato segnato da conflitti sanguinosi provocati da predatori politici e signori della guerra. Insoma, un pezzo di terra africana in cui pochissimi investitori europei sarebbero disposti a investire soldi per lanciare attività imprenditoriali, creare posti di lavoro e contribuire allo sviluppo di una nazione dove si contano centinaia di migliaia tra rifugiati e sfollati interni.
I due miliardi di euro promessi dalla Comunità internazionale nel novembre 2016 per contribuire alla ricostruzione della RCA nei prossimi anni è stato un primo passo importante. Ora, ci vuole la pace, a cui aspira il popolo centrafricano. L’accordo firmato a fine giugno a Roma sotto il ‘patrocinio’ della Comunità di Sant’Egidio potrebbe segnare una svolta nel destino della RCA. Per Mario Giro, “è un’occasione che non va sprecata”. Di sicuro, la fortissima mobilitazione dell’Europa sul continente africano per lottare contro le cause profonde dei flussi migratori è – secondo Bruxelles – un’opportunità che molti paesi africani potrebbero sfruttare, special modo quelli più poveri e fragili come la RCA. Ma in attesa che le promesse diano i loro frutti, bisogna fare i conti con la realtà.
Oggi, in mezzo al caos centrafricano, c’è Jean-Alain Zembi. E’ un prete di frontiera, come ce ne sono tanti in Africa. Con la differenza che Zembi sta sul fronte di una terra tra le più sconnesse al mondo. Questa terra è, manco a dirlo, la RCA, teatro di una guerra civile che dura da più di un decennio, un paese che infila con regolarità disarmante i record negativi nelle classifiche dello sviluppo umano mondiale. Sanità, educazione, infrastrutture sociali, trasporti non fa differenza.
Ma al di là dei numeri, che dicono sempre troppo poco rispetto a quello che accade nella vita delle persone, l’abate Zembi ha il merito di raccontare l’inferno centrafricano curando la più improbabile delle pagine Facebook, costruita e mantenuta sul filo di pochi megabytes dalla città di Zemio, circa mille chilometri a est della capitale, Bangui. Per capire di cosa stiamo parlando bisogna partire da Google Maps, che ha il il vizio di calcolare il tempo di percorso tra i due centri urbani come se le strade che le collegano fossero state asfaltate ieri. Ma l’asfalto, in Repubblica centrafricana non esiste. E così, conviene molteplicare per almeno tre, se non quattro le dodici ore indicate da Google.
Il secondo punto è che Zemio, al pari di altre città di provincia della RCA come Bria, è negli ultimi giorni in preda ad atti di estrema violenza da parte di milizie armate in lotta fra loro e con il governo centrale per il controllo del territorio centrafricano. Questo inferno, ultimamente Jean-Alain Zembi lo racconta ogni giorno. Il suo post datato 30 giugno dice molto di una guerra in apparenza “dimenticata”, di sicuro non ha l’attenzione della Siria, ma che in realtà è seguita da vicino da una parte della Comunità internazionale, con in testa l’Unione Europea, l’Italia, la Francia e la comunità di Sant’Egidio.