Denis Mukwege tradito dall’Onu


L’Osservatore Romano


Non più garantita la protezione al medico che cura le donne vittime di stupro nella Repubblica Democratica del Congo. Ucciso dopo giorni fa un suo collega.


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Denis-Mukwege

Ha denunciato gli stupri di guerra che vanno avanti da anni nel Sud Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo. La regione è ricca di materie prime che suscitano la cupidigia di molti gruppi di interesse e per questo è teatro dei misfatti di bande armate che utilizzano la violenza sessuale come arma per ricattare e piegare la popolazione. Migliaia sono state le donne violentate e segnate a vita, lui le ha curate e si battuto affinché ricevessero assistenza legale. Lui si chiama Denis Mukwege, ma è conosciuto come “l’uomo che ripara le donne”.

Il mondo si è accorto di lui più di una volta, candidandolo al Nobel per la pace e assegnandoli nel 2014 il premio europeo Sacharov per la libertà di pensiero. Ma ora le Nazioni Uniti, sembrano essersi dimenticate dell’impegno del dottor Mukwege e, come denunciato da «la Croix» del 9 maggio, i caschi blu non assicureranno più la protezione totale al medico e ai suoi collaboratori che, a partire dal 1999, operano nell’ospedale Panzi, a Bukavu.

La decisione, quella di non assicurare più la protezione del medico, oltre a essere caduta nel silenzio dei media ha dell’inspiegabile. Perché, per la sua attività in favore delle donne stuprate, il dottor Mukwege ha già subito violenze e pesanti minacce. Nell’ottobre del 2012, quattro uomini armati hanno attaccato la sua casa, preso le sue figlie in ostaggio e atteso che tornasse a casa. Solo un uomo della sicurezza è riuscito a salvarlo, rimettendoci la vita.

Dopo questo omicidio, Mukwege è andato in esilio in Europa: l’ospedale da lui fondato e per cui ha lavorato ha definito «devastante» la sua partenza. Al ritorno in patria, nel 2013, Mukwege è stato accolto come un eroe. E lui è tornato a lavorare al Panzi di Bukavu, dove tuttora aiuta le donne: si stima che ne abbia curate personalmente circa ventimila, tutte vittime di stupri di gruppo.

La loro tragedia è stata svelata dal dottor Mukwege in un discorso all’Onu tenuto poche settimane prima dell’attacco contro la sua abitazione. E i tempi fanno nascere il sospetto che l’azione contro il medico e la sua famiglia sia stata una diretta rappresaglia dopo la denuncia fatta davanti alle Nazioni Unite. «Le donne vittime di violenza sessuale nella Repubblica Democratica del Congo — disse il medico al Palazzo di vetro — sono disonorate. Vedo costantemente con i miei occhi le anziane, le giovani, le madri, e persino le bambine disonorate. Ancora oggi, molte sono schiave sessuali. Altre sono usate come armi di guerra. I loro organi subiscono i trattamenti più aberranti. È la distruzione delle donne, unica risorsa vitale del Congo».

Dopo questa denuncia e dopo l’attentato subito, al dottor Mukwege è giunta la solidarietà personale dell’allora segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che si impegnò direttamente affinché al medico e al suo staff venisse garantita un’adeguata protezione. E così è stato fino a poco fa, fino a quando cioè Martin Kobler, rappresentante personale del segretario generale dell’Onu, non ha lasciato la Repubblica Democratica del Congo. Da allora l’unica protezione garantita al medico è durante gli spostamenti. «Non mi è stata fornita nessuna spiegazione», ha dichiarato a «la Croix» il dottor Mukwege, che ha sottolineato come le vittime di stupro da lui assistite denuncino spesso i loro carnefici. E questo mette a repentaglio la vita di chi riceve le denunce, in primo luogo gli operatori sanitari. «Siamo fortemente a rischio — ha sottolineato Mukwege — perché nel Kivu, non c’è Stato, non c’è giustizia e non c’è polizia per proteggerci. Anche i caschi blu non ci proteggono più».

I devastanti effetti di questa decisione non hanno tardato a rendersi evidenti. Ad aprile la protezione accordata dall’Onu al dottor Gildo Byamungu, un giovane collega di Mukwege, è stata sospesa senza che fosse fornita alcuna motivazione. Il 14 aprile il dottor Byamungu è stato assassinato nella sua abitazione a Bukavu. Denis Mukwegw non ha dubbi: il suo collega non è stato ucciso a scopo di rapina, ma per ragioni politiche. Il suo assassinio è un messaggio a quanti intralciano la strada ai gruppi di interesse che si contendono e si spartiscono le ricchezze minerarie della regione.

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