Colpi di casco, pugni e ginocchiate “Lo hanno picchiato almeno in tre”
la Repubblica
Ridotto in fin di vita, colpito ripetutamente. I documenti sul pestaggio di gruppo: “Alla fine ho dovuto trattenere anche due ragazze che volevano infierire”. E poi nel quartiere Antonini, le minacce ai testimoni, l’omertà, la solidarietà per quel gesto da bullo.
Accerchiato, insultato, bersaglio di un fitto lancio di oggetti, perfino un casco di uno scooterista. Poi, ridotto in fin di vita, colpito ripetutamente, "almeno da tre persone". È questo che si è trovato di fronte Luca Massari, il tassista di 45 anni che da tre giorni combatte contro la morte in un letto dell'ospedale Fatebenefratelli.
Ridotto in fin di vita domenica a pranzo, in largo Caccia Dominioni, dopo aver investito casualmente Joe, un cane cocker di quattro mesi, che senza guinzaglio era sfuggito al controllo della sua padrona. Lo spaccato, la ricostruzione dettagliata di quanto successo nel quartiere Antonini, emerge dai verbali raccolti dalla squadra mobile per conto del magistrato Tiziana Siciliano, nelle ore successive all'agguato.
"Appena il tassista ha investito il cane si è fermato", ha raccontato con apparente sicurezza a verbale, un ragazzo che si trovava sul posto e il cui nome, per motivi di sicurezza, rimarrà anonimo. "Era mortificato, si è scusato più volte con la padrona, ripeteva che non era riuscito proprio a vederlo". Eppure, l'ira per quanto successo non è minimamente scemata. "In strada c'era un sacco di gente. Diverse persone – ha continuato nel suo racconto – nonostante questo, hanno iniziato a insultarlo pesantemente. Mi ricordo che un paio di ragazze gli hanno anche gridato "sei un bastardo, sei un bastardo"". Il primo testimone ha ricordato fin da subito che l'agguato nei confronti di Massari, ha visto nella veste di picchiatori, più di un passante.
Un altro uomo che era presente domenica in largo Caccia Dominioni, questo particolare non sembra ricordarlo. Ma aggiunge altri dettagli alla ricostruzione. Dopo che la gente si era accorta della morte del cucciolo di cocker, "è iniziato a volare di tutto", ha spiegato l'uomo agli uomini guidati da Alessandro Giuliano. "Qualcuno ha perfino tirato un casco da motociclista contro il tassista. Anche se lui si è subito scusato". Secondo questa versione, il clima, già molto teso, è improvvisamente degenerato, appena Massari "ha aggiunto che se il cane avesse avuto il guinzaglio, non sarebbe successo nulla". Una reazione che ha scatenato l'inferno. La tensione è salita ulteriormente, "ed è successo di tutto".
"Ho visto Morris – ha aggiunto il testimone che ha indicato il responsabile dell'aggressione – che gli si è scagliato contro e ha iniziato a picchiarlo selvaggiamente. Prima con dei pugni sul volto, poi, una volta che il tassista era finito per terra, ha iniziato a tirargli anche i calci. Il pestaggio sarà durato in tutto due minuti". E intorno, la rabbia non si sarebbe nemmeno a questo punto placata. "Io – ha concluso – ho anche cercato di trattenere due ragazze che cercavano di aggredirlo a loro volta. Sono riuscito a fatica ad allontanarle".
Lui, Michel Morris Ciaravella, 31 anni, un piccolo precedente per lesioni alle spalle, è stato il primo a essere arrestato dagli agenti. Domenica, poco prima dell'una. Nelle dichiarazioni spontanee rese dopo il suo fermo, ricorda tranquillamente che "quando l'ho visto scendere dalla macchina (il tassista, ndr), aveva l'aria impaurita e non diceva nulla. Mi ha innervosito e allora l'ho colpito più volte". Non c'è una giustificazione apparente, Ciaravella ricorda però perfettamente di aver sferrato "un pugno al volto", e di non essersi fermato. Anzi. Quando Massari si è piegato su se stesso, molto probabilmente per il dolore provocato dai cazzotti, "l'ho colpito più volte con una ginocchiata. A causa della spinta il tassista è caduto per terra sbattendo violentemente la testa".
Quando l'ira si era ormai sfogata, e l'artefice dell'"onta" era stato punito, "i numerosi presenti – ha concluso nelle sue dichiarazioni Michel Ciaravella – , a quel punto mi hanno invitato ad andare via con il mio ciclomotore". Una fuga che non è nemmeno iniziata, visto che le manette ai suoi polsi sono scattate pochi minuti dopo. Per i suoi due complici, per la fidanzata e il fratello, sono state necessarie 48 ore in più. Perché, nel quartiere Antonini, le minacce ai testimoni, l'omertà, la solidarietà per quel gesto da bullo di quartiere, hanno impedito di chiudere prima il cerchio delle indagini.
Fonte: La Repubblica
13 ottobre 2010