Afghanistan, i dubbi di 15 missionari e suore. “Basta con le mistificazioni”
Redattore Sociale
Dopo l’uccisione di quattro alpini, quindici tra missionari e suore hanno firmato una lettera “per porci una serie di domande” sull’intervento militare. “Chi ha voluto e vuole questa guerra che ci costa quasi 2 milioni euro al giorno?”.
ROMA – Afghanistan: dopo l’uccisione sabato di quattro alpini, quindici persone, tra missionari e suore, hanno firmato una lettera “per porci una serie di domande” sull’intervento militare. Un appello da sottoscrivere per volere soltanto “che in Italia si risponda a queste domande”. A rispondere dovranno essere i presidenti del Consiglio degli ultimi 10 anni, i ministri della difesa e i parlamentari che hanno approvato questa guerra. “Dicano con franchezza che questa guerra si combatte perché l’Afghanistan è un nodo strategico per il controllo delle energie, per il profitto di alcuni gruppi industriali italiani, per una egemonia economica internazionale, per una volontà di potenza che rappresenta un neo-colonialismo mascherato da intenti umanitari e democratici, poiché questi non si possono mai affermare con armi e violenza”.
I mittenti sono monsignore Raffaele Nogaro, vescovo emerito di Caserta; padre Alex Zanotelli e padre Domenico Guarino, missionari comboniani nel quartiere Sanità di Napoli; suor Elisabetta Pompeo, suor Daniela Serafin e suor Anna Insonia, missionarie comboniane a Torre Annunziata; le suore orsoline Rita Giaretta, Silvana Mutti, Maria Coccia e Lorenza Dal Santo; i sacramentini di Caserta Mario Pistoleri, Pierangelo Marchi e Giorgio Ghezzi; padre Antonio Bonato, missionario comboniano a Castelvolturno (Caserta) e don Giorgio Pisano, diocesano a Portici (Napoli).
“Questa guerra continua nel silenzio e nell’indifferenza – inizia la lettera – nonostante l’infinita processione di poco meno di 2.000 bare dei nostri soldati morti. Si parla di 40 mila morti afgani (militari e civili), e il meccanismo di odio che si è scatenato non ha niente a che vedere con la pace. Come si può chiamare pace e desiderare la pace, se con una mano diciamo di volere offrire aiuti e liberazione e con l’altra impugniamo le armi e uccidiamo?”. La guerra in Afghanistan ha prodotto 10 mila ‘danni collaterali’, cioè “civili, innocenti ed estranei alla stessa guerriglia, uccisi per errore”. Per questo, i firmatari della lettera dicono di volere “rompere con le mistificazioni e le false notizie che orientano l’opinione pubblica a giustificare la guerra” e a considerarla inevitabile e buona. Il conflitto in Iraq “hanno confermato la totale inutilità delle missioni di morte”. E poi ancora le prigioni di Abu Ghraib e Guantanamo e i bombardamenti su Falluja “non hanno costruito certo né pace né democrazia ma hanno moltiplicato rancore e vendetta. Altrimenti, perché dall’inizio della guerra in Afghanistan ci sono più morti fra i soldati tornati a casa che tra quelli al fronte?”.
I religiosi ripercorrono nella loro missiva la storia di questi dieci anni. Ricordano come “tutti i partiti, soprattutto quando erano nella maggioranza” abbiano dato consenso alla guerra. “Perché solo la guerra trova la politica italiana tutta d’accordo? Chi ispira questo patriottismo guerrafondaio che rigetta l’articolo 11 della nostra Costituzione?”. Ma nella lettera ci sono riferimenti anche al mondo cattolico. “Tutto il XX secolo ha visto la nostra nazione impegnata a combattere guerre micidiali ed inutili nelle quali i cattolici hanno offerto un decisivo sostegno ideologico. Ancora troppo peso grava sulla coscienza dei cattolici italiani per avere esaltato, pregato e partecipato alla I guerra mondiale e tanto più ancora all’omicida guerra coloniale in Abissinia”.
La domanda più importante diventa allora “Chi ha voluto e vuole questa guerra afgana che ci costa quasi 2 milioni euro al giorno? Chi decide di spendere oltre 600 milioni di euro in un anno per mantenere in Afghanistan 3.300 soldati, sostenuti da 750 mezzi terrestri e 30 veicoli? Come facciamo tra poco ad aggiungere al nostro contingente altri 700 militari? Quante scuole e ospedali si potrebbero costruire? Chi sono i fabbricanti italiani di morte e di mutilazioni che vendono le armi per fare questa guerra? Chi sono gli ex generali italiani che sono ai vertici di queste industrie? Che pressioni fanno le industrie militari sul Parlamento per ottenere commesse di armi e di sistemi d’arma? Quanto lucrano su queste guerre la Finmeccanica, l’Iveco-Fiat, la Oto Melara, l’Alenia Aeronautica e le banche che le finanziano? E come fanno tante associazioni cattoliche ad accettare da queste industrie e da queste banche elargizioni e benefici?”.
Tutto questo si confronta con la realtà interna italiana, sostengono i missionari e le suore. “Può una nazione come l’Italia che per presunte carenze economiche riduce i posti letto negli ospedali, blocca gli stipendi, tiene i carcerati in condizioni abominevoli e inumane, licenzia gli insegnanti, aumenta gli studenti per classe fino al numero di 35, riduce le ore di scuola, accetta senza scomporsi che una parte sempre più grande di cittadini viva nell’indigenza e nella povertà, impegnare in armamenti e sistemi d’arma decine di miliardi di euro? A cosa serviranno per il nostro benessere e per la pace i cacciabombardieri Jsf che ci costano 14 miliardi di euro (quanto ricostruire tutto l’ Abruzzo terremotato)? E le navi Frem da 5,7 miliardi di euro? E la portaerei Cavour – costata quasi 1,5 miliardi e per il cui esercizio sprechiamo in media circa 150.000 euro al giorno – come contribuirà a costruire la pace? E – conclude la lettera – come è possibile che il Parlamento abbia stanziato 24 miliardi di euro per la difesa nel bilancio 2010?”.
Fonte: Redattore Sociale
11 ottobre 2010