Non c’è pace nello Yemen


L'Osservatore Romano


Nonostante l’appello dell’Onu, dopo la fine della tregua, è ripreso il conflitto che (spesso ignorato dai media internazionali) ha già causato, secondo stime delle Nazioni Unite, 7000 vittime, 35.000 feriti e oltre tre milioni di sfollati.


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L’inviato speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen, l’ambasciatore mauritano Ismail Ould Cheikh Ahmed, ha lanciato un appello per prolungare la tregua di 72 ore che era stata proclamata giovedì scorso, ma la situazione è deteriorata ieri con i combattimenti e i raid aerei che si sono intensificati dopo la fine del cessate il fuoco.

Le forze lealiste al presidente yemenita, Abd Rabbo Mansour Hadi, sostenute da una coalizione guidata dall’Arabia saudita, e i ribelli huthi alleati con l’ex presidente Ali Abdallah Saleh, si sono scambiati le accuse di aver violato la tregua. Il conflitto — che spesso viene ignorato dai media internazionali — ha già causato, secondo stime delle Nazioni Unite, 7000 vittime, 35.000 feriti e oltre tre milioni di sfollati. «Nei fatti, questa tregua non ha retto perché è stata violata dai ribelli huthi e dai loro alleati» ha dichiarato ieri sera il ministro degli esteri yemenita, Abdel Malek Al Mekhlafi. «Un prolungamento del cessate il fuoco è inutile — ha aggiunto — perché se noi lo accettiamo , l’altra parte non mostra interesse a rispettare la tregua» per mettere fine alla guerra. Dal canto suo, un portavoce dei ribelli huthi ha affermato che la tregua «è inutile e serve solo a nascondere i massacri perpetrati dall’Arabia Saudita e dagli Stati Uniti» nello Yemen. A pagare maggiormente per questo sanguinoso conflitto è la popolazione civile: aree vastissime del paese — 19 governatorati su 22 — si trovano ad affrontare una grave insicurezza alimentare. In alcuni governatorati fino al 70 per cento della popolazione fa fatica a nutrirsi.

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