Caporali “nomadi” al seguito dei braccianti: è la “Repubblica degli schiavisti”


Redattore Sociale


Da giugno ad agosto li trovi nei campi di pomodori, da agosto a ottobre ad Alcamo per le vendemmie e da novembre a febbraio nei campi di agrumi. E nei cantieri, manovali sottomessi come le prostitute dai padroni-imprenditori. Inchiesta di Terre di Mezzo.


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Caporali "nomadi" al seguito dei braccianti: è la "Repubblica degli schiavisti"

MILANO – Si muovono seguendo il flusso dei braccianti. Sono i caporali "nomadi" dello schiavismo: da giugno ad agosto li trovi nei campi di pomodoro a Pachino, Foggia o Latina, da agosto a ottobre ad Alcamo e nella valle del Belice per le vendemmie e da novembre a febbraio nella piana di Gioia Tauro per gli agrumi. Sono il volto inedito del caporalato, che emerge dall'inchiesta di Terre di Mezzo di settembre. Ma  "La Repubblica degli schiavisti", così il titolo dell'inchiesta, riserva anche altro: nei cantieri edili del nord, ci sono manovali immigrati che vivono nella stessa condizione di sottomissione delle prostitute. Il "padrone-imprenditore" sequestra loro il passaporto fino a quando non saldano il debito contratto per pagare il viaggio e superare le frontiere. Un debito che cresce ogni giorno per gli interessi, come è successo a Kamil: doveva 8 mila euro, ne ha sborsati con il suo lavoro circa 35 mila.
 
È stata la magistratura di Palmi (Reggio Calabria) a scoprire il nomadismo dei caporali. Dopo la rivolta dei braccianti di Rosarno del 7 gennaio scorso, le forze dell'ordine hanno ottenuto da molti stranieri i nomi e i numeri di cellulare dei caporali. E hanno potuto così ricostruire i loro spostamenti, confermati al giornalista di Terre di mezzo da altri braccianti incontrati a Palagonia (Siracusa). "C'è un caporale del Mali che si sposta tra Calabria e Puglia -racconta Coulibaly, maliano anche lui-. Lo conosciamo bene, più volte abbiamo lavorato per lui".  
 
Sono pochi i manovali disposti a denunciare i loro imprenditori-padroni. "Anche quando andiamo a fare le ispezioni nei cantieri non riusciamo a incontrarli -racconta a Terre di mezzo Franco De Alessandri, segretario generale della Fillea-Cgil in Lombardia-. Chi li manovra fa leva sulla loro paura e ci dipinge come un potenziale pericolo". Qualcuno però ha parlato, come Kamil che si è rivolto alla Cgil oppure tre fratelli moldavi che hanno denunciato la Italedil di Reggio Emilia, che sfruttava una novantina di lavoratori egiziani e algerini.

Fonte: Redattore Sociale

30 agosto 2010

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